lunedì 27 ottobre 2025

"GITA" AL CASTELLO.

  

Carissimi,

siamo grati agli intervenuti alla visita dei Castelli di Cannero di sabato scorso.
Anche se un po' frettolosamente, abbiamo avuto la possibilità di vedere da vicino un angolo di patrimonio storico e culturale del nostro Lago che tutti noi abbiamo sempre osservato da lontano.
Ringraziamo anche l'archeologo Enrico che ci ha parlato degli scavi condotti personalmente nel sito fortificato. Auguriamo una pronta guarigione a coloro che avrebbero voluto partecipare ma sono stati costretti a casa dall'influenza. Un saluto cordiale vada anche agli amici da voi invitati, per i quali vorrete farvi portavoce dei nostri ringraziamenti.
Annunciamo con piacere anche una nuova iscrizione alla nostra Associazione: Elena Casalino di Gravellona Toce e Ileana Faretra di Stresa.
Come nuovo Presidente della sezione del VCO, mi dispiace solamente di non aver colto l'occasione per stringere la mano a tutti gli intervenuti. Lo farò alla prossima occasione. Per questo, possiamo valutare l'opportunità di incontrarci ancora una volta tutti insieme, prima della fine dell'anno, per onorare nel migliore dei modi il 70° di fondazione di Italia Nostra.

A risentirci a presto.
Filippo Pirazzi
 Presidente ITALIA NOSTRA VCO










PARCO VAL GRANDE: IL GIUDIZIO A FAVORE

 

 

 Con la sentenza di primo grado del TAR si conclude la vicenda che ha contrapposto il Comparto Alpino per la gestione faunistica e gli Enti pubblici che si sono costituiti nel giudizio avverso l'estensione dei confini: Ente Parco Val Grande/Comune di Verbania/Comune di Ornavasso.  La sentenza ha respinto tutte le eccezioni sollevate dal Comparto Alpino, affermando la piena e legittima procedura che è stata seguita pe l’allargamento dei confini. Verbania, ma non solo, dovrebbe essere contenta del risultato. Pubblichiamo la integrale sentenza che da conto con argomentate motivazioni delle ragioni che hanno portato a respingere il ricorso. Il loro tenore è tal che ci sembra improponibile una opposizione davanti a Consiglio di Stato. La vicenda è comunque emblematica e comporta una riflessione anche da parte degli Amministratori dei Comuni del Parco, non alieni taluno da velleità di uscita dai suoi confini. La scelta originaria di appartenenza ad un parco nazionale non è una scelta di medio periodo rimessa alla decisione e volontà di una amministrazione necessariamente temporanea, è una scelta strategica che non può essere messa in discussione ad ogni quinquennio di mandato, ma una volta fatta richiede coerenza e condivisione, orientando gli obiettivi delle singole amministrazioni in funzione di quella scelta originaria. E’ la condizione, il prerequisito necessario e indispensabile perché anche gli obiettivi del Parco possano essere raggiunti, operando con sinergie positive e utilizzando al meglio gli organismi amministrativi in cui gli Enti si ritrovano. I ripensamenti, le affermazioni estemporanee, le malcelate intenzioni di taluni devono essere messi di parte. Verbania dovrebbe in primis assumere uno status guida, affermarsi come capitale del Parco, inventarsi nuovi progetti utili a rilanciare l'esistenza di un'area protetta pregiata: abbandonare gli intenti speculativi sul Monte Rosso, investire sulla riqualificazione del suo borgo interno al Parco, valutare con serietà i progetti che sul Piano Grande  la nostra Associazione da anni ha presentato.       

 

 

 

R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1039 del 2023, proposto dal Comprensorio
Alpino VCO1, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e
difeso dagli avvocati Paolo Scaparone e Federico Burlando, con domicilio digitale
come da PEC da Registri di Giustizia;
contro Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza
Energetica ed Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale
(I.S.P.R.A.), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, presso cui
sono domiciliati ex lege in Torino, via dell'Arsenale n. 21;
Regione Piemonte, non costituita in giudizio; nei confronti Comune di Ornavasso, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Eva Maschietto, Alfio Livio Girgenti, Laura Ciccone e Andrea Gallarini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
Giustizia; Comune di Verbania, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dall'avvocato Edoardo Giovanni Giuffria, con domicilio
digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ente Parco Val Grande, Comune Vogogna, Comune Mergozzo, Comune Cossogno, Comune Caprezzo, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento – del decreto del Presidente della Repubblica del 18.07.2023 che ha disposto
l'ampliamento di 2.438 ha del Parco nazionale Val Grande, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 238 dell’11.10.2023;
– della deliberazione della Giunta Regionale del Piemonte n. 2-4719 del 04.03.2022
che ha espresso l'intesa alla proposta del predetto ampliamento;
– di tutti gli atti istruttori e consultivi del relativo procedimento avviato su proposta
del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica;
– di tutti gli atti antecedenti, preparatori, preordinati, presupposti e comunque
connessi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri,
del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, dell’Istituto Superiore per
la Protezione e Ricerca Ambientale, del Comune di Ornavasso e di Comune di
Verbania;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2025 il dott. Alessandro Fardello
e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso notificato in data 11.12.2023, il Comprensorio Alpino VCO 1 (di
N. 01039/2023 REG.RIC. seguito, breviter, anche solo “Comprensorio”) ha impugnato il D.P.R. del
18.07.2023 con cui è stato disposto l’ampliamento di 2.438 ettari del Parco
Nazionale Val Grande, includendovi anche aree assoggettate alla sua gestione
faunistico-venatoria. Assieme al predetto provvedimento sono stati gravati anche
tutti i precedenti atti del relativo procedimento, tra cui, in particolare, la
deliberazione giuntale n. 2-4719 del 04.03.2022 a mezzo della quale la Regione
Piemonte ha espresso la propria intesa al predetto ampliamento.
2. Il Comprensorio ricorrente ha denunciato l’illegittimità di tale scelta sia sotto il
profilo procedurale che sotto quello sostanziale, formulando sei motivi così
rubricati e sintetizzabili:
I) “Violazione di legge in relazione agli artt. 4, 8 e 34 l. 6.12.1991 n. 394”:
l’ampliamento avrebbe dovuto essere disposto o autorizzato con uno specifico
provvedimento legislativo o, in alternativa, essere preceduto da una modifica del
programma triennale per le aree naturali protette;
II) “Violazione di legge in relazione agli artt. 2 e 3 Direttiva 2001/42/CE e 6, 7 d.
lgs. 3.4.2006 n. 152”: l’ampliamento avrebbe dovuto essere assoggettato a
valutazione strategica ambientale (VAS);
III) “Violazione di legge in relazione agli artt. 7 l. 7.8.1990 n. 241 e 7 e 8
Convenzione Aarhus”: il Comprensorio avrebbe dovuto ricevere la comunicazione
di avvio del relativo procedimento;
IV) “Violazione di legge in relazione agli artt. 1 e 2 l. 6.12.1991 n. 394. Eccesso di
potere per contrasto con lo Statuto dell’Ente Parco”: l’ampliamento contrasterebbe
con le finalità della legge e con lo stesso statuto dell’Ente Parco, perché
comporterebbe l’inclusione di ampie aree antropizzate, diminuendo il carattere
selvaggio dell’area protetta, che avrebbe costituito il motivo principale della sua
istituzione;
V) “Violazione di legge in relazione ai canoni di ragionevolezza e proporzionalità.
Eccesso di potere per contrasto con la decisione n. 1600/2002/CE (considerando n.
32) e per difetto di istruttoria. Eccesso di potere per sviamento”: non sarebbe stata
svolta un’istruttoria approfondita, affidata ad organismi tecnici indipendenti, sul
pregio ambientale e naturalistico dei territori interessati dall’ampliamento del
parco, che perderebbe così la propria originaria compattezza e natura selvaggia,
attraverso la creazione di corridoi e prolungamenti che servirebbero solo a collegare
il parco ad una zona del comune di Verbania caratterizzata da attività turistico-
recettive;
VI) “Violazione di legge in relazione all’art. 10 l. 11.2.1992 n. 157 e al canone di
ragionevolezza-proporzionalità. Eccesso di potere per contrasto con la
deliberazione della Giunta regionale 8.3.2004 n. 15-11925. Eccesso di potere per
difetto di istruttoria”: l’ampliamento del parco ridurrebbe e separerebbe il territorio
ricadente nel comprensorio alpino, creando una discontinuità che pregiudicherebbe
la gestione faunistica-venatoria e determinerebbe una proliferazione incontrollata
della fauna selvatica, con danni a colture e rischi per la sicurezza della circolazione
(aspetti, questi, non adeguatamente considerati in istruttoria).
3. Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni statali, il Comune Verbania ed
il Comune di Ornavasso. L’Ente Parco, la Regione Piemonte e le altre
amministrazioni locali intimate sono rimaste, al contrario, contumaci.
4. Mentre il Comune di Verbania ha deciso di limitare le proprie difese alla
memoria di costituzione formale (rinunciando espressamente alla memoria
difensiva successivamente depositata, di cui ha chiesto in data 10.06.2025 la
cancellazione e lo stralcio dal fascicolo di causa), le altre parti costituite hanno
invece preso posizione sul merito del ricorso avversario, deducendone
l’infondatezza e, prima ancora, l’inammissibilità. A tale ultimo riguardo, la difesa
erariale ha eccepito il difetto di interesse del Comprensorio ricorrente a contestare
l’ampliamento del parco, riguardando esso anche zone non assoggettate alla sua
gestione faunistico-venatoria. La difesa comunale ha, invece, eccepito il difetto di
competenza di questo TAR (assumendo la competenza del TAR Lazio, posto che il
parco ampliato è di interesse nazionale), il difetto di legittimazione ed interesse a
ricorrere del Comprensorio (il quale dovrebbe limitarsi a gestire l’attività
faunistico-venatoria all’interno del territorio attribuitogli dal piano faunistico-
venatorio, senza poter vantare la titolarità di un interesse qualificato e differenziato
alla sua conservazione a fini venatori), nonché la mancata tempestiva impugnazione
del parere favorevole della Conferenza unificata del 12.10.2022 e dell’intesa
espressa dalla Regione Piemonte con deliberazione giuntale n. 2-4719 del
04.03.2022 (i quali sarebbero atti presupposti indefettibili ai fini dell’emanazione
del decreto presidenziale impugnato).
5. Le parti hanno, quindi, depositato in giudizio ulteriore documentazione, memorie
difensive e memorie di replica ai sensi dell’art. 73, comma 1, c.p.a..
6. All’udienza pubblica del 09.07.2025 la causa è stata discussa e trattenuta in
decisioneDIRITTO
7. Preliminarmente devono essere esaminate le eccezioni di inammissibilità
sollevate dalle Amministrazioni resistenti.
8. L’eccezione di incompetenza territoriale di questo TAR va disattesa.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1, c.p.a., il criterio dell’efficacia spaziale dell’atto
impugnato prevale su quello della sede dell’autorità emanante, attribuendo la
competenza al tribunale periferico nella cui circoscrizione si esauriscano gli effetti
diretti dell’atto impugnato, anche nell'ipotesi in cui lo stesso sia stato adottato da un
organo centrale dell'amministrazione statale, da un ente ultraregionale ovvero da un
organo periferico dello Stato che abbia sede nell'ambito della circoscrizione di altro
tribunale territoriale (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 13/07/2021, n. 13; Cons. Stato,
Sez. VI, 11/06/2025, n. 5036; Cons. Stato, Sez. IV, 14/05/2024, n. 4321; Cons.
Stato, Sez. V, 06/04/2023, n. 3555).
Nel caso in esame, il parco Val Grande, anche a seguito del contestato
ampliamento, ricade interamente nel territorio della Regione Piemonte, cosicché è
all’interno di quest’ultima che il provvedimento impugnato esplica ed esaurisce i
N. 01039/2023 REG.RIC.
propri effetti immediati e diretti, non rilevando, in senso contrario, la
classificazione del parco quale di interesse nazionale, che, di per sé, non è idonea a
spostare la competenza in favore del TAR del Lazio, posto che gli effetti sul piano
nazionale derivanti dall’istituzione e/o ampliamento di un’area protetta di tale
rilevanza sarebbero, al più, solo indiretti e riflessi, dunque inidonei a sottrarre la
relativa controversia alla competenza del tribunale periferico adito (cfr. T.A.R.
Liguria, Sez. I, 07/10/2024, n. 642; T.A.R. Liguria, Sez. II, 22/03/2022, n. 236).
9. Del pari deve essere respinta l’eccezione di difetto di legittimazione ed interesse
del Comprensorio ad impugnare il provvedimento di ampliamento della superficie
del parco nazionale in questione.
I comprensori alpini sono ambiti di dimensioni sub-provinciali con caratteristiche
omogenee destinati alla caccia programmata, la cui gestione è affidata a comitati
dotati di personalità giuridica che rappresentano i proprietari dei fondi, le
associazioni venatorie, le associazioni di protezione ambientale ed i comuni
dell’area interessata (artt. 9, 10 e 11 della L.R. 5/2018). Essi si occupano della
conduzione dell’attività faunistico-venatoria nei predetti ambiti territoriali e sono,
pertanto, titolari di un interesse differenziato e qualificato al mantenimento sotto la
gestione comprensoriale del territorio che ricade all’interno degli stessi, il che li
legittima ad impugnare quei provvedimenti amministrativi che abbiano per effetto
la sottrazione di una parte del territorio di competenza alla propria competenza
gestoria (cfr. T.A.R. Piemonte Torino, Sez. II, 15/12/2022, n. 1130).
Né rileva in senso contrario che solo una parte delle nuove aree incluse nel parco
nazionale Val Grande rientrino nel perimetro del Comprensorio alpino ricorrente,
essendo sufficiente a radicare legittimazione ed interesse a ricorrere in capo a
quest’ultimo il fatto (incontestato e pacifico) che l’impugnato provvedimento abbia
comunque inciso anche sull’estensione del suo ambito territoriale di competenza,
sottraendo all’attività venatoria ed alla gestione comprensoriale una parte dello
stesso.
10. È infondata anche l’eccezione di irricevibilità e/o inammissibilità del ricorso
N. 01039/2023 REG.RIC.
per mancata tempestiva impugnazione del parere favorevole espresso dalla
Conferenza unificata in data 12.10.2022 e dell’intesa acquisita dalla Regione
Piemonte in data 04.03.2022.
L’art. 77, comma 2, D. Lgs. 112/1998 prevede, infatti, che l’individuazione,
l’istituzione e la disciplina generale dei parchi nazionali siano operate “sentita la
Conferenza unificata”, mentre l’art. 2, comma 7, della L. 394/1991 richiede la loro
classificazione ed istituzione siano effettuate “d’intesa con le regioni” interessate.
Se è vero, dunque, che si tratta di passaggi indefettibili e necessari del
procedimento di istituzione o modifica di un parco nazionale, restano tuttavia degli
atti preparatori e presupposti del provvedimento finale di competenza dello Stato.
La Conferenza unificata esprime, infatti, un parere obbligatorio ma non vincolante,
dunque di per sé non autonomamente lesivo. La Regione invece, attraverso l’intesa,
presta un atto di assenso obbligatorio e vincolante nel senso che il suo diniego è
idoneo a determinare un arresto procedimentale ed a precludere l’adozione del
provvedimento finale di competenza statale; al contrario, laddove si esprima in
senso favorevole prestando la propria intesa, la Regione non compie un atto già
immediatamente ed autonomamente lesivo dell’interesse oppositivo all’istituzione o
all’ampliamento di un parco nazionale, essendo comunque necessaria, perché si
concretizzi una tale lesione, l’emanazione del provvedimento finale di competenza
statale, attraverso cui lo Stato compie la propria valutazione conclusiva e definitiva
che, astrattamente, potrebbe anche portare alla decisione di non istituire o di non
ampliare il parco nazionale, nonostante la previa intesa acquisita dalla Regione.
11. Può passarsi all’esame delle censure formulate dal Comprensorio alpino
ricorrente.
12. Con il primo motivo esso contesta la procedura utilizzata e la natura del
provvedimento emanato ai fini dell’ampliamento del parco nazionale Val Grande.
A suo avviso, trattandosi di parco nazionale istituito direttamente dalla L.
394/1991, anche i suoi successivi ampliamenti avrebbe dovuto essere effettuati (per
il principio del contrarius actus) mediante un atto di rango legislativo o,
comunque, essere previamente e specificamente autorizzati da un atto di tale rango.
L’estensione della superficie del parco nazionale mediante decreto del Presidente
della Repubblica sarebbe stata possibile, ai sensi dell’art. 8 della L. 394/1991, solo
previa modifica del programma triennale per le aree naturali, posto che l’ultimo
approvato in data 21.12.1993 aveva previsto una estensione massina del parco di
12.000 ettari, ampiamente superata dall’ampliamento contestato. Peraltro, stante
l’avvenuta abrogazione del programma triennale per le aree naturali ad opera
dell’art. 76 del D. Lgs. 112/1998, la modifica dei parchi nazionali istituititi
direttamente dalla L. 394/1991 non potrebbe adesso che avvenire sulla base di uno
specifico atto legislativo, mentre il decreto presidenziale potrebbe essere utilizzato
solo per modificare l’estensione dei parchi nazionali istituiti successivamente ed in
via amministrativa sulla base dei programmi triennali per le aree naturali.
La tesi del ricorrente non persuade il Collegio.
La L. 394/1991 (recante “Legge quadro sulle aree protette”) definisce i principi
fondamentali per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, distinguendo,
in particolare, tra parchi nazionali, parchi regionali, riserve naturali nazionali o
regionali, aree protette marine.
Nel disegno originario della legge un ruolo centrale era assegnato al programma
triennale per le aree naturali protette (art. 4), che, oltre a ripartire le risorse
finanziarie disponibili ed a dettare criteri ed indirizzi comuni per la gestione di tali
aree, doveva anche “specifica[re] i territori che formano oggetto del sistema delle
aree naturali protette di interesse internazionale, nazionale e regionale quali
individuate nelle vigenti disposizioni di legge, statali e regionali, operando la
necessaria delimitazione dei confini” (dunque, con una sostanziale ricognizione
dell’esistente), nonché “indica[re] il termine per l'istituzione di nuove aree naturali
protette o per l'ampliamento e la modifica di quelle esistenti, individuando la
delimitazione di massima delle aree stesse” (svolgendo pertanto, a tale riguardo,
una funzione più propriamente programmatoria)
Si prevedeva poi che i parchi nazionali “individuati e delimitati secondo le
modalità di cui all’art. 4” fossero poi istituiti e delimitati in via definitiva “con
decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente,
sentita la regione” (art. 8, comma 1). Tal procedura, quindi, doveva senz’altro
trovare applicazione anche nell’ipotesi di ampliamenti di parchi nazionali esistenti,
potendo, come visto, il programma triennale di cui all’art. 4 includere previsioni di
questo tipo.
Al contempo, la legge quadro prevedeva sin da subito l’istituzione di alcuni nuovi
parchi nazionali, tra cui quello di Val Grande oggetto del presente giudizio. Per essi
si stabiliva che fosse il Ministro dell’Ambiente a provvedere alla loro delimitazione
provvisoria (avvenuta, per il parco Val Grande, con D.M. 02.03.1992: doc. 1 parte
ricorrente) che poi il primo programma triennale per le aree naturali protette
avrebbe verificato ed eventualmente modificato (art. 34, commi 1, 3 e 4).
Ad ogni modo, però, anche per tali nuovi parchi nazionali restava comunque
necessaria la loro delimitazione definitiva (essendo quella effettuata dal Ministro
dell’Ambiente, come verificata ed eventualmente modificata dal programma
triennale, solo provvisoria e di massima) nonché l’istituzione dei relativi enti di
gestione (vale a dire gli Enti parco di cui all’art. 9). A tal fine non poteva, pertanto,
che essere seguita la procedura ordinaria prevista dall’art. 8 della L. 394/1991 per
l’istituzione e la delimitazione definitiva dei parchi nazionali.
Coerentemente con ciò, è quindi con D.P.R. del 23.11.1993, emanato su proposta
del Ministro dell’Ambiente e dopo aver acquisito il parere favorevole della Regione
Piemonte, che si è provveduto ad istituire l’Ente parco nazionale Val Grande,
delimitandone in via definitiva i relativi confini (doc. 2 parte ricorrente).
Il parco nazionale in questione è stato, peraltro, fatto oggetto di un primo
ampliamento a mezzo del D.P.R. del 24.06.1998, seguendo la medesima procedura
di cui all’art. 8 della L. 394/1991. Tale ampliamento era stato, infatti, previsto dal
punto 2.3 del programma triennale per le aree naturali protette 1994-1996, comeaggiornato per l’anno 1996 dalla delibera del 02.12.1996 del competente comitato
(cfr., in particolare, allegati A e D di predetta delibera), espressamente richiamato
nelle premesse del predetto D.P.R. del 24.06.1998 (doc. 3 parte ricorrente).
Nel frattempo, tuttavia, l’art. 76 del D. Lgs. 112/1998 ha soppresso il programma
triennale per le aree naturali protette.
Ciò non comporta però, ad avviso del Collegio, che l’ampliamento dei parchi
nazionali già esistenti possa adesso avvenire solo sulla base di specifici atti
legislativi da emanare di volta in volta. Da una parte, infatti, quest’interpretazione
(propugnata dal Comprensorio ricorrente) confliggerebbe con le finalità di
semplificazione e decentramento delle funzioni amministrative che hanno ispirato la
soppressione del predetto programma nazionale. Dall’altra, l’art. 8 della L.
394/1991 rappresenta tutt’oggi idonea base legislativa di copertura per un
ampliamento in via amministrativa dei parchi nazionali già esistenti, possibilità già
espressamente contemplata dalla predetta legge, che tuttavia richiedeva
inizialmente che tale ampliamento fosse previamente stabilito in un atto
programmatorio (appunto, il programma triennale per le aree naturali) che però
risulta oggi soppresso e dunque non più necessario.
Peraltro, non convince nemmeno la tesi del Comprensorio ricorrente secondo cui
l’art. 8, comma 1, della L. 394/1991, nel riferirsi ai parchi nazionali “individuati e
delimitati secondo le modalità di cui all’art. 4”, escluderebbe quelli già istituiti
dall’art. 34, comma 1, della stessa legge, perché, come visto, anche questi ultimi
dovevano essere comunque inclusi nel programma triennale delle aree naturali
protette di cui all’art. 4 (e difatti vi sono stati inclusi fin dal primo programma
triennale: cfr. doc. 1 del Comune di Ornavasso), che doveva verificare ed
eventualmente modificare la delimitazione provvisoria effettuata dal Ministro
dell’Ambiente, cui sarebbe poi dovuta seguire l’istituzione dell’Ente parco e la
delimitazione definitiva della superficie del parco proprio a mezzo del decreto
presidenziale.
In ogni caso, poi, il parco nazionale della Val Grande è già stato oggetto di unprecedente ampliamento (quello del 1998) avvenuto secondo le modalità di cui al
combinato disposto degli artt. 4 e 8 della L. 394/1991, cosicché, da una parte, esso
può comunque farsi rientrare tra i parchi nazionali “individuati e delimitati secondo
le modalità di cui all’art. 4”, dall’altra, proprio il principio generale del contrarius
actus invocato da parte ricorrente depone nel senso che anche la nuova modifica
della superficie del parco debba seguire la medesima procedura utilizzata per il
primo ampliamento (nonché per l’originaria delimitazione definitiva del parco).
13. Con il secondo motivo il Comprensorio lamenta, invece, che il contestato
ampliamento del parco avrebbe dovuto essere preceduto dalla valutazione
ambientale strategica (VAS), andando sostanzialmente ad ampliare le aree
assoggettate alla disciplina del vigente Piano del parco.
Tale doglianza è infondata, in quanto non è il provvedimento di delimitazione della
superficie del parco (anche in eventuale ampliamento dello stesso) a dovere essere
assoggettato a VAS, ma l’atto pianificatorio da adottare (o da modificare) a valle
dello stesso (vale a dire il Piano del parco), come espressamente previsto dall’art.
12, comma 4, della L. 394/1991 (cfr. T.A.R. Puglia Bari, Sez. I, 10/07/2023, n.
981).
14. È destituita di fondamento anche la terza censura, con la quale il Comprensorio
si duole di non essere stato destinatario della comunicazione di avvio del
procedimento di ampliamento del parco della Val Grande, sebbene tale
ampliamento andasse ad interessare anche aree soggette alla propria gestione
faunistico-venatoria.
Il decreto presidenziale di cui all’art. 8 della L. 394/1991 rientra infatti tra quegli
atti (normativi, amministrativi generali, di panificazione o di programmazione) per
i quali l’art. 13 della L. 241/1990 esclude l’applicazione delle garanzie
partecipative previste dalla predetta legge generale, tra cui, in particolare, proprio
l’invio della comunicazione di avvio del procedimento.
L’emanazione di tali atti segue, infatti, le particolari norme che ne regolano laformazione, che nel caso di specie si rinvengono negli artt. 2 e 8 della L. 394/1991,
nonché nell’art. 77, comma 2, D. Lgs. 112/1998, dai quali si ricava che il
procedimento di istituzione o modifica di un parco nazionale richiede la
partecipazione necessaria della sola Regione interessata e della Conferenza
unificata. È, invece, solo con riferimento all’istituzione di aree naturali protette
regionali che l’art. 22 della L. 394/1991 impone anche la partecipazione delle
province, delle comunità montane e dei comuni (quindi dei soli enti rappresentativi
ed esponenziali delle comunità locali). In nessun caso, tuttavia, viene prevista la
partecipazione anche di altri soggetti (individuali o collettivi) che possano essere
interessati o incisi dall’istituzione o modificazione di un’area naturale protetta.
Peraltro, nel caso in esame, la partecipazione al procedimento di ampliamento è
stata più ampia di quanto strettamente previsto dalla legge, posto che tale
procedimento ha preso avvio proprio da una proposta dello stesso Ente Parco,
concordata con i comuni interessati all’ampliamento e con la Comunità del parco,
vale a l’organo consultivo previsto dall’art. 10 della L. 394/1991 e composto dai
legali rappresentanti della Regione, delle province e dei comuni già facenti parte
dell’area naturale protetta (cfr. docc. 11-19 di parte ricorrente).
Ad ogni modo, poi, il Comprensorio ricorrente ha comunque avuto conoscenza del
progetto di ampliamento del parco nazionale Val Grande, avendo dichiarato esso
stesso nel ricorso (pagg. 3-4) di aver espresso la propria contrarietà alle
Amministrazioni comunali e di aver impugnato in sede giudiziale le deliberazioni
favorevoli all’ampliamento adottate da alcuni comuni. Di talché non pare che esso
possa utilmente invocare una mancata informazione della pendenza del
procedimento teso all’ampliamento del parco, avendone comunque avuto
conoscenza ed avendo a più riprese manifestato il proprio dissenso a tale progetto.
15. È infondato anche il quarto motivo di ricorso, con cui il Comprensorio lamenta
che tale ampliamento, includendo anche aree antropizzate, ridurrebbe
complessivamente la superficie selvaggia ed incontaminata del parco, ponendosi in
contrasto con la finalità legislativa e statutaria di tutelare e valorizzare talecaratteristica del parco.
La previsione e l’istituzione di un’area naturale protetta, specie se si tratta di un
parco nazionale, è infatti senz’altro volta a tutelare, conservare e valorizzare
territori che hanno un rilevante valore naturalistico ed ambientale (art. 1 della L.
394/1991).
Tuttavia, ciò non significa che siano meritevoli di una tale tutela solo quei territori
che siano particolarmente selvaggi ed incontaminati, visto che i parchi nazionali
possono comprendere ecosistemi “intatti o anche parzialmente alterati da interventi
antropici” (art. 2 della L. 394/1991).
Tant’è vero che il principale strumento di governo dell’area protetta, vale a dire il
piano del parco, è chiamato a suddividerne il territorio secondo diversi gradi di
protezione (art. 12, comma 2, della L. 394/1991), cosicché accanto ad aree
destinate a “riserve integrali nelle quali l'ambiente naturale è conservato nella sua
integrità perché evidentemente caratterizzate da quella wilderness cui fa
riferimento parte ricorrente (zone A – riserve integrali), ve ne sono anche altre in
cui “è vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti,
eseguire opere di trasformazione del territorio pur essendo possibile la
manutenzione delle opere esistenti” (zone B – riserve generali orientate), oppure
altre in cui “possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo
metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali nonché di pesca e
raccolta di prodotti naturali” (zone C – aree di protezione) e financo “aree di
promozione economica e sociale facenti parte del medesimo ecosistema, più
estesamente modificate dai processi di antropizzazione, nelle quali sono consentite
attività compatibili con le finalità istitutive del parco e finalizzate al miglioramento
della vita socio-culturale delle collettività locali e al miglior godimento del parco
da parte dei visitatori” (zone D – aree di promozione economica e sociale).
Tant’è vero che già il decreto ministeriale del 1992, recante l’originaria
delimitazione del parco nazionale Val Grande (quella che anche secondo ilComprensorio ricorrente ne avrebbe recepito e tutelato la natura selvaggia),
riproponeva la stessa articolazione delle aree secondo diversi gradi di protezione,
includendovi già allora delle zone D (“aree di promozione per i centri abitati e le
cornici naturali, per alpeggi ed altre strutture”) che sarebbero poi state riproposte e
meglio dettagliate nel Piano del Parco successivamente approvato, come si evince
dall’istruttoria tecnica effettuata dall’Ente Parco a supporto della richiesta di
ampliamento, nella quale si fa riferimento alle seguenti sottocategorie individuate
dal piano: D1. Aree agricole antropizzate a valenza naturalistica; D2. Nuclei
edificati a valenza ambientale e turistica; D3. Aree dotate di Piano
Particolareggiato; D4. Nuclei di antico impianto; D5. Aree di completamento
sottoposte a strumento urbanistico esecutivo; D6. Aree urbanizzate con diffusa
trasformazione dei caratteri tradizionali della fabbricazione (cfr. pag. 6 del doc. 10
Avvocatura dello Stato).
D’altra parte, la tutela della “natura selvaggia dell’area protetta” è solo una delle
finalità previste dall’art. 3, comma 2, dell’Ente Parco, ma accanto ad essa ce ne
sono anche altre che alludono alla necessità di perseguire un’armoniosa interazione
tra le attività antropiche ed il patrimonio ambientale e naturalistico oggetto di
salvaguardia (tra cui, in particolare, “conservare e valorizzare il patrimonio
storico-culturale-artistico”, favorire, riorganizzare ed ottimizzare le attività
economiche e promuovere attività di ricerca scientifica e di educazione
ambientale”)
Ne consegue che l’inclusione all’interno del parco nazionale Val Grande di nuove
aree che siano riconducibili alla categoria D (“aree di promozione economica e
sociale”) non è, di per sé, in contrasto né con la legislazione di riferimento né con
lo Statuto o con il Piano del Parco.
Non rileva, in senso contrario, nemmeno il fatto che, includendo nel parco nuove
zone D, si determina una riduzione della percentuale delle zone A in rapporto alla
superficie totale dell’area protetta. Da una parte, infatti, si tratta di territori
aggiuntivi che non intaccano la superficie dell’area selvaggia ed incontaminata delparco, che rimane inalterata; dall’altra, l’ampliamento della superficie del parco,
seppur mediante l’inclusione di nuove zone D, comporta comunque un effetto di
estensione delle relative salvaguardie a territori che prima ne erano sprovvisti, il
che dovrebbe ragionevolmente rafforzare anche la tutela della parte centrale più
selvaggia ed incontaminata del parco.
16. Analoghe considerazioni portano a rigettare anche il quinto motivo di ricorso
con cui il Comprensorio lamenta che non sarebbe stata svolta un’istruttoria
approfondita, affidata ad organismi tecnici indipendenti, sul pregio ambientale e
naturalistico dei territori interessati dall’ampliamento del parco, che perderebbe
così la propria originaria compattezza e natura selvaggia, attraverso la creazione di
corridoi e prolungamenti che servirebbero solo a collegare il parco ad una zona del
comune di Verbania caratterizzata da attività turistico-recettive.
In via generale, deve intanto evidenziarsi che l’attività amministrativa di istituzione
e perimetrazione di un parco naturale è connotata da un’ampia discrezionalità, che
involge sia profili di discrezionalità tecnica (quanto alla verifica del pregio e valore
ambientale di determinate aree), sia profili di discrezionalità amministrativa (quanto
al bilanciamento dell’interesse primario alla tutela ambientale con eventuali altri
interessi, pubblici e privati, secondari), cosicché la relativa decisione finale risulta
sindacabile solo ove connotata da palesi illogicità o evidenti errori di fatto (cfr.
T.A.R. Liguria, Sez. II, 21/05/2024, n. 373; T.A.R. Lazio Roma, Sez. IV ter,
13/12/2023, n. 18902).
Ebbene, il ricorso non offre elementi che dimostrino vizi decisionali di una tale
portata, focalizzandosi sulla pretesa (ma indimostrata) insussistenza di una
particolare valenza ambientale dei territori interessati dall’ampliamento del parco
in quanto lontani dall’area più incontaminata del parco e prossimi o inclusivi di are
urbanizzate. Ciò tuttavia non basta, di per sé, ad escludere la complessiva valenza
ambientale di tali territori né a negare la sussistenza di una loro connessione ed
omogeneità con il sistema naturale dell’area protetta, che ben può comprendere,come visto, anche aree di promozione economica e sociale maggiormente
modificate da processi di antropizzazione, tanto da poter includere addirittura interi
comuni (come espressamente contemplato dall’art. 7 della L. 394/1991). Non
rileva, in senso contrario, nemmeno la perdita dell’originaria “compattezza” del
parco, perché la creazione di corridoi naturali per collegare le nuove aree del parco
a quelle originarie serve comunque a mantenere la complessiva unitarietà e
connessione dell’area naturale protetta. Quanto, poi, all’assunto del Comprensorio
ricorrente secondo cui il nuovo ampliamento contestato serverebbe solo a collegare
il parco ad aree del verbanese in cui sono presenti strutture turistico-ricettive, ciò
non risulterebbe comunque contrario ai principi generali dettati dalla L. 394/1991,
la quale, accanto alla finalità di conservazione del parco, promuove anche la sua
fruizione ed accessibilità da parte di visitatori, attraverso lo sviluppo
dell’agriturismo e del turismo ambientale (cfr., in particolare, art. 1 bis comma 1,
art. 12 comma 1 lett. c) e d) e comma 2 lett. d), art. 14 comma 3).
Non è condivisibile nemmeno la doglianza in ordine alla carenza dell’istruttoria che
ha portato all’approvazione dell’ampliamento del parco, la cui proposta (elaborata a
seguito di precedenti interlocuzioni tra le varie amministrazioni interessate) è stata
accompagnata da una relazione dell’Ente Parco (doc. 10 Avvocatura dello Stato)
che è stata poi sottoposta dal Ministero dell’Ambiente al vaglio tecnico dell’Istituto
superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), il cui parere (espresso
in due note del 23.07.2019 e del 05.03.2020: docc. 11 e 12 Avvocatura dello Stato)
ha portato anche ad alcune modifiche e correzioni nella definitiva perimetrazione
dell’ampliamento approvato. Non può infatti pretendersi che il Ministero fosse
obbligato a commissionare ulteriori approfondimenti e studi ad organismi tecnici
indipendenti diversi dall’ISPRA, essendo quest’ultimo l’istituto tecnico-scientifico,
comunque dotato di piena autonomia tecnico-scientifica, organizzativa,
finanziaria, gestionale, patrimoniale e contabile”, chiamato a supportare il
Ministero dell’Ambiente nell’esercizio delle proprie attribuzioni (art. 1 del D.M.
123/2010).17. Con la sesta ed ultima censura il Comprensorio lamenta, invece, la mancata
considerazione dell’impatto dell’ampliamento del parco sulla propria gestione
faunistico-venatoria, nonché sui rischi derivanti da una proliferazione incontrollata
della fauna selvatica (in particolare, per le colture e per la circolazione stradale).
Anche tale censura va disattesa.
L’istituzione o ampliamento di un’area naturale protetta è orientato dall’interesse
primario alla tutela e valorizzazione di ecosistemi che abbiano, nel loro complesso,
un particolare pregio ambientale e naturalistico; interesse rispetto al quale risulta
evidentemente recessivo e non ostativo quello contrario, di cui si fa portatore il
Comprensorio ricorrente nel presente giudizio, alla prosecuzione dell’attività
venatoria in tali territori.
Peraltro, se è vero che all’interno dei parchi naturali è, in linea generale, vietata la
caccia (art. 11, comma 3, lett. a, della L. 394/1991), nondimeno la fauna selvatica
ivi presente resta soggetta a controllo e, laddove necessario, anche a piani di
abbattimento o cattura. A tale riguardo, l’art. 19 della L. 157/1992 prevede infatti
che “Le regioni per la tutela della pubblica incolumità e della sicurezza
stradale, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone
vietate alla caccia, comprese le aree protette…Qualora i metodi di controllo
impiegati si rivelino inefficaci…possono autorizzare, sentito l'Istituto superiore per
la protezione e la ricerca ambientale, piani di controllo numerico mediante
abbattimento o cattura… attuati dai cacciatori iscritti negli ambiti territoriali di
caccia o nei comprensori alpini delle aree interessate” (commi 2 e 3).
18. In definitiva, il ricorso deve essere respinto.
19. La peculiarità e parziale novità delle questioni trattate consente, tuttavia, di
disporre l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2025 con
l'intervento dei magistrati:
Gianluca Bellucci, Presidente
Marco Costa, Referendario
Alessandro Fardello, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Alessandro Fardello Gianluca Bellucci
IL SEGRETARIO