venerdì 16 ottobre 2020

VOGOGNA : LA MONTAGNA INFINITA





Con questo post ritorniamo sull'argomento della disastrosa discarica di Vogogna, lo facciamo con questa nuova lettera indirizzata al Sindaco di quel Comune, anche alla luce del recente evento alluvionale. Per questa ragione la lettera viene inoltrata anche all'autorità di Bacino del fiume Po e non solo. La discarica ha infatti modificato l'assetto geomorfologico dell'area così come rappresentato nel corso degli studi di formazione del Piano Regolatore e ha prodotto una situazione né prevista, né voluta ( dagli studi). E' un elemento nuovo che quindi portiano all'attenzione, proprio nel momento in cui tanti o troppi alzano la voce per chiedere il dragaggio del corso del Toce. Non risulta che uno che sia uno si sia invece preoccupato quando questa discarica è stata depositata, privando il fiume di un'area di naturale espansione in caso di piena. 


ITALIA NOSTRA 
Sezione del VCO 
Prot. 14/20 
16/10/2020 

Spett. Comune di Vogogna 
Preg. mo Sindaco 
Sede Municipale 
VOGOGNA 

e p.c. 


Spett. Regione Piemonte 
Direzione ambiente energia e territorio 
Settore Territorio e Paesaggio 
C.so Bolzano 44 
TORINO 


Spett. Regione Piemonte 
Direzione opere pubbliche/difesa del suolo/protezione civile 
Settore Difesa del suolo 
C.so Stati Uniti 21 
TORINO 

Spett. Segreteria dell’ Autorità Distrettuale di bacino del fiume Po 
Via Garibaldi 75 
PARMA 
protocollo@postacert.adbpo.it 

Spett. Soprintendenza ai beni archeologici, Belle arti e paesaggio 
Per le Province di Novara/VCO/ Biella /Vercelli 
Cso Cavallotti 27 
NOVARA 


Spett. Provincia del VCO 
Settore Opere Pubbliche/Difesa del Suolo/Protezione civile 
V.le Industria 25 
VERBANIA 


Spett. Noe 
Nucleo operativo ambientale per il Piemonte 
Via Pio VII 9 
TORINO 


OGG: Depositi materiali di cava in sponda dx Toce. 
Aggiornamento. 



Questa Associazione è intervenuta più volte sulla questione in oggetto, da ultima con nota del 23/11/2019, da Lei riscontrata. 
Dobbiamo osservare che a distanza di oltre tre anni dal rilascio della autorizzazione quinquennale di deposito e trascorsi ormai oltre due anni dalla emissione della ordinanza per la rimozione dei materiali depositati in virtù della precedente autorizzazione scaduta, nessun intervento appare essere stato eseguito con il fine di rimuovere l’ingente mole di materiale stoccato. 
L’inerzia del soggetto obbligato assume ancor maggior preoccupazione ove si debbano ritenere fondate le voci circa la intervenuta non solvibilità della azienda, sino a prefigurare una possibile prossima richiesta di apertura di una procedura fallimentare. 
Nella nostra ultima avevamo indicato l’opportunità, se non la necessità, che stante il grave precedente della mancata rimozione del primo deposito, il Comune da Lei condotto, si facesse parte diligente nel rivisitare, prudenzialmente, il rilasciato consenso ancora in atto, integrandolo con quegli elementi che, se non garantire in assoluto il rispetto dei termini finali dell’autorizzato deposito, potessero almeno attenuare i possibili negativi effetti di una mancata inosservanza finale. 
Purtroppo gli elementi di cui ho fatto cenno militano verso un esito della vicenda niente affatto diverso da quanto già sperimentato. 
Il recente evento alluvionale che ha interessato l’asta del Toce, ci suggerisce anche nuove considerazioni riguardo i negativi effetti che la presenza di tale imponente deposito possa determinare sul regime idraulico del fiume stesso. 
La consultazione delle carte geologiche e idrogeologiche del Comune di Vogogna, indica infatti l’area di sedime del deposito quale ambito di possibile espansione fluviale in caso di piena, tanto da individuarla come urbanisticamente non utilizzabile, cosa che invece è, a nostro avviso, illegittimamente avvenuta. 
Il deposito ha quindi modificato il quadro geomorfologico di riferimento, rendendo non più attuale la situazione individuata nei documenti di accompagnamento del Piano regolatore e che, per gli effetti che potrebbe provocare, specie riguardo le possibili conseguenze a valle del deposito ( vedi traversa di sbarramento e ponte stradale ) meriterebbe un’ attenta analisi e rivisitazione, in primis, da parte del Suo stesso Comune, ma non solo. 
Se questo è dunque il quadro che abbiamo delineato, cui si aggiunge il devastante impatto paesaggistico che il deposito su terreni agricoli, già utilizzati a seminativi, determina, non riusciamo a comprendere quale possa essere la strategia che il Comune intenda porre in campo per risolvere la questione. 
A fronte di un’ordinanza inottemperata e di fatto ineseguibile anche d’ufficio a motivo degli ingenti costi di rimozione del materiale stoccato e della mancata individuazione di un alternativo sito di accoglienza; di una situazione aziendale divenuta molto precaria; di una prospettiva non dissimile circa l’esito anche per il secondo deposito; del quadro di possibile rischio idraulico determinato dagli incauti depositi, riteniamo che l’Amministrazione dal Lei guidata non possa più rimanere inerte, ma adoperarsi attivamente per la soluzione di un problema che da paesaggistico e urbanistico potrebbe assumere anche una rilevanza ambientale. 
Gli Enti e i soggetti cui la presente è inoltrata per conoscenza, sono invitati, per le loro competenze, a verificare la situazione che l’ Associazione scrivente da anni denuncia senza apparente esito. 


E’ gradito un riscontro. 



Distintamente si saluta 

Il Presidente di Italia Nostra 

Sezione della Provincia del VCO

martedì 13 ottobre 2020

CONTRIBUTI CRITICI 2

Sempre dalla pagina social del Professor Zanotti, ricaviamo questo interessante approfondimento che tocca il tema della prossima entrata di Verbania nel territorio del Parco, questo sì un avvicinare le montagne . Troviamo in questo approfondimento molte sintonie con l'idea progettuale che avevamo proposto riguardo il riuso della Cascina De Antonis in una visione strettamente legata ad un turismo assolutamente compatibile con il territorio, tutto ilo rovescio del progetto Malù. Lo ospitiamo volentieri 

.....................................“Nulla vieta che Verbania possa diventare – come capoluogo della provincia e città a profonda vocazione formativa e turistica – la grande “porta meridionale” del parco nazionale e il luogo della sua rielaborazione culturale e della sua valorizzazione ambientale e paesaggistica, grazie al valore aggiunto rappresentato dalla storia “verde” della città. Ma tutto vieta che l’ingresso nel parco della val Grande, a cui hanno lavorato per quasi vent’anni diverse generazioni di amministratori, si realizzi per sfinimento e finisca nel novero – ahimè affollato – delle occasioni perse.”
A questo articolato complesso di temi ne vogliamo aggiungere un altro che ci sembra giunto a piena maturazione: l’ormai imminente ingresso di Verbania nel parco nazionale della Val Grande. La questione si dibatte da poco meno di un ventennio (qui, qui e qui tre testi che rimandano a una decina d’anni fa), ma dovrebbe – dovrebbe, a Ministero dell’Ambiente piacendo – essere ormai in dirittura d’arrivo il decreto ministeriale a ratificare l’ingresso nel parco di tre nuovi Comuni (Verbania, Ornavasso e Mergozzo) con porzioni di territorio destinate ad accrescere del 15% la superficie dell’area (da 146 a 170 kmq circa, quasi il 7,5% dell’intero territorio provinciale). Insomma, un risultato importante atteso ad horas, che potrebbe coincidere con il rinnovo degli organi istituzionali del parco dopo un quinquennio di intenso lavoro (2016-2020), che ha visto l’ente Parco conseguire importanti riconoscimenti con due marchi Unesco (programma “Man and biosphere” e programma “Geoparco”) e acquisire importanti contributi ministeriali (6,3 milioni) finanziati con le aste di compensazione CO2 e destinati a progetti di mobilità sostenibile, di efficientamento energetico, di miglioramento del patrimonio forestale e di contrasto al dissesto idrogeologico.

Verbania entrerà nel Parco con alcune porzioni di territorio che garantiranno da un lato la continuità territoriale con gli attuali confini della Val Grande e dall’altro la coerenza morfologica e ambientale con l’area protetta. In particolare saranno porzioni del Parco:
il Motto di Unchio sino al confine con Ungiasca-Miazzina;
l’abitato di Cavandone e la parte del Monterosso compresa tra la zona Plusc e le ville Giuseppina, Francesca ed Esperia, per scendere sino a Fondotoce e toccare il confine della Riserva Naturale Speciale;
l’asta fluviale del San Bernardino dal ponte di Santino alla chiesa di Renco.

La continuità fisica con gli attuali confini del parco (ponte Casletto) sarà garantita da un “corridoio” lungo il corso del San Bernardino da Nolezzo al motto di Unchio.
L’inserimento organico di queste zone dovrà necessariamente imporre un profondo ripensamento della loro condizione e della loro vocazione, per non vanificare il risultato di un ventennio di sforzi di diverse Amministrazioni.
Monterosso, porta urbana del wilderness. Se oggi il punto d’accesso meridionale alla Val Grande è facilmente riconoscibile negli abitati di Bieno-Ompio, Rovegro-Bigugno e soprattutto Cicogna, l’inserimento del Monterosso costituisce un’occasione unica per fissare sulle rive del lago l’ingresso nella più ampia area selvaggia delle Alpi, attraverso la valorizzazione dei tre importanti sentieri che già ora s’avviano accanto alle chiese di Madonna di Campagna e di S. Lucia e alla Costa Azzurra di Fondotoce e consentono di effettuare non solo brevi ma significative escursioni all’interno del reticolo di tracciati reperibili sul versante meridionale del Monterosso, ma anche di risalire con più lunghi ma agevoli percorsi di una giornata sino alle tradizionali a attrattive mete comprese tra gli 800 e i 1.300 metri (Motto di Unchio, Ompio, Vercio, Faié, Velina, Cicogna, Pogallo…) da cui poi si accede agli spazi wilderness propriamente detti. In questa prospettiva assume un rilievo eccezionale la presenza nella piana del Toce – e dunque a ridosso del punto d’accesso del sentiero che da Fondotoce-Costa Azzurra porta a Cavandone, Bieno-Rovegro e Mergozzo – dei cinque camping frequentati da decine di migliaia di turisti (in prevalenza giovani e mittel/nord europei) ai quali è tempo di proporre una strutturata, articolata e graduata offerta di natura escursionistica in grado di arricchire il ventaglio di opportunità di svago, di sport e di esplorazione del nostro territorio: dalla passeggiata pomeridiana sui sentieri del Monterosso all’escursione giornaliera sulla soglia dei 1.000 metri, sino all’impegnativa e gratificante esplorazione di due/tre giorni nel cuore del wilderness di valle. Offerta naturalmente estesa a tutta la platea turistica cittadina, che con 900.000 presenze annue vale 1/3 dell’intero flusso turistico del Vco.
Aste fluviali riqualificate, fruibili e preservate. Il torrente San Bernardino (ma anche il San Giovanni, anche se non compreso nell’ampliamento) è il naturale prolungamento della val Grande in città e per questa ragione l’inserimento di tratti dell’asta fluviala appare coerente con il disegno di ampliamento dei confini del parco. Divenendo a tutti gli effetti “aree protette”, le sponde dei torrenti vanno ripensate avendo di mira due obiettivi: da un lato mettere rapidamente punto un vero e proprio piano di recupero naturalistico – finanziato a lotti con risorse comunali, comunitarie e statali (Ministero Ambiente attraverso l’Ente Parco) e finalizzato alla pulizia e al controllo dell’alveo – nella prospettiva di rendere accessibili, percorribili e fruibili le sponde per la pratica sportiva e ricreativa; dall’altro lato mettere definitivamente in “sicurezza ambientale” sponde e alveo, impedendo interventi di snaturamento dell’habitat fluviale riconducibili alla costruzione di manufatti per lo sfruttamento idroelettrico di “salti” naturali o artificiali, come ad esempio si è tentato di fare qualche anno fa sul San Bernardino con un progetto fermato solo grazie alla tempestiva mobilitazione di centinaia di cittadini.

Insomma, nulla vieta che Verbania possa diventare – come capoluogo della provincia e città a profonda vocazione formativa e turistica – la grande “porta meridionale” del parco nazionale e il luogo della sua rielaborazione culturale e della sua valorizzazione ambientale e paesaggistica, grazie al valore aggiunto rappresentato dalla storia “verde” della città. Ma tutto vieta che l’ingresso nel parco della val Grande, a cui hanno lavorato per quasi vent’anni diverse generazioni di amministratori, si realizzi per sfinimento e finisca nel novero – ahimè affollato – delle occasioni perse.

sabato 10 ottobre 2020

CONTRIBUTI CRITICI


Mentre l'attuale governo della città di Verbania non sembra propenso ad aprire con le associazioni ambientaliste una riflessione sulla Pianificazione del Piano Grande di Fondotoce, dalla sua pagina social, il Professor Zanotti, già stimato Sindaco di Verbania, offre un approfodimento sulla questione, partendo proprio dagli spunti che l'azione di Italia Nostra e delle altre Associazioni ha offerto. Una riflessione che, per tanti aspetti, vede una comune valutazione delle valenze paesaggistiche ed economiche del Piano Grande, uno dei nodi irrisolti della pianficazione della città e che a colpi di varianti e variantine, rischia di essere comsegnato, mani basse, alla esclusiva volontà della società Malù. Siamo dunque lieti di offrire al Professor Zanotti questo nostro spazio di visibilità e di lettura delle sue riflessioni.

LA PIANA DI FONDOTOCE TRA CAMPING, GOLF E CENTRO SPORTIVO di Claudio Zanotti
Pubblicato il 23 settembre 2020 da Redazione
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Si offre in questa sede una prima riflessione su uno dei grandi nodi urbanistici e ambientali della città, ben consapevoli che altre e altrettanto delicate questioni incombono: ad esempio, il rapporto tra i costi della trasformazione irreversibile del territorio e i vantaggi delle sue ricadute economiche e occupazionali, la valutazione delle condizioni di attrattività della nostra città tra preservazione e modificazione degli ambienti di pregio naturalistico e paesaggistico, il valore e le ricadute del turismo en plein air sull’economia del territorio e l’opportunità di creare un robusto segmento di “campeggio urbano”, la necessità ormai improrogabile di affrontare la trasformazione della città in una logica d’insieme che finalmente restituisca dignità e ruolo alla politica

Dopo una lunghissima fase carsica, grazie a Italia Nostra finalmente riemerge e si offre alla valutazione dell’opinione pubblica, delle forze politiche e delle realtà associative la proposta di trasformazione della Piana di Fondotoce elaborata dalla società Malù, il soggetto imprenditoriale (gestione di camping) che detiene la porzione di gran lunga più estesa della proprietà (e delle concessioni) dei terreni situati tra il canale, il canneto, la foce e il tratto terminale sinistro del Toce, la ferrovia e la costa meridionale del lago di Mergozzo.

UN PO’ DI STORIA. La fase carsica dura da almeno una decina d’anni e ha alimentato illazioni, supposizioni, aspettative e preoccupazioni in aree diverse dell’opinione pubblica cittadina, lungo la linea di frattura tra sostenitori dell’integrità degli ambienti naturali residui della piana e sostenitori di una trasformazione del territorio con la realizzazione di impianti e strutture turistiche, sportive e di svago acquatico. A questa seconda ipotesi guardava la proposta di utilizzo dei suoli da parte della società, all’indomani dell’acquisto della vasta proprietà agricola dell’ex fattoria De Antonis. Allora l’Amministrazione Comunale da un lato rammentò alla proprietà la necessità di un rigoroso rispetto del regime vincolistico ambientale (presenza della Riserva Naturale Speciale del Fondo Toce) e di quello idrogeologico del PAI (correva il 2007 ed era ancora ben viva la memoria della grande piena del lago dell’ottobre 2000), dall’altro pose tre condizioni vincolanti per ogni eventuale intervento di trasformazione sulla piana: 1) nessun aumento dei volumi edificati (la sola ex fattoria somma già circa 40.000 mc) ; 2) mantenimento di una tipologia edilizia legata all’attività agricola, evocata, pur con le evidenti dissonanze rispetto alla tradizione agraria e contadina, dall’ex fattoria; 3) preservazione dell’integrità dei suoli, evitando ogni intervento di copertura e di cementificazione o asfaltatura e conseguente impermeabilizzazione. A dodici anni di distanza, queste prescrizioni sembrano ancora attuali e ragionevoli.

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UNA TRASFORMAZIONE PROFONDA. La proposta di intervento avanzata dalla proprietà determina una trasformazione profonda ed estesa dell’intera area. Chi volesse prenderne visione integralmente, lo può fare leggendo qui. In sintesi, i contenuti sono i seguenti:
ampliamento del camping Continental (per intenderci, quello sul lago di Mergozzo) su due distinte aree – una a est verso la provinciale per Mergozzo, l’altra a ovest in direzione della linea ferroviaria – per 32.000 mq complessivi, allo scopo di estendere la superficie ricettiva “a casette”, con la dichiarata previsione di realizzare parcheggi a raso, impianti sportivi e attrezzature sportive a cielo libero;
ampliamento del campo da golf, con la previsione di: 1) portare il campo da 9 a 18 buche, superando la strada statale 34 con un sottopasso e utilizzando il terreno già agricolo dell’ex fattoria; 2) realizzare una nuova e più ampia struttura di servizio (club house, ristorazione, foresteria con 50 camere), spostandone la localizzazione periferica prevista dal Piano Regolatore (zona vicina alla stazione/ferrovia) al centro della piana, al confine tra il campeggio (ampliato) e l’area del golf, con una tipologia edilizia “a cascina” e impianto “a corte”;


Piana del Toce: camping Continental, campo da golf, terreni ex azienda agricola
realizzazione di un centro sportivo intorno all’ormai degradato complesso edificato della cascina ex De Antonis, costruendo una “serie di impianti sportivi” e per il tempo libero (non si dice quali impianti) con i relativi servizi (bagni, spogliatoi, magazzino, ristorazione, palestra, benessere e – si suppone – parcheggi), abbattendo gli edifici esistenti e ricostruendoli “con forme, posizioni, tipologie, materiali idonei alla conservazione della memoria visiva”, conservando i silos, recuperando le abitazioni esistenti e creando una rotonda sulla statale 34 per smistare il traffico verso il centro sportivo, il Continental e l’area comunale del Parco della Memoria;


ex fattoria De Antonis
realizzazione di nuovo residence su un’area boscata di 10.250 mq di fronte all’ingresso del camping Continental, a monte della strada provinciale per Mergozzo; la nuova struttura si configura in sostanza come un complesso di appartamenti per vacanze con capienza di 100 posti letto e con servizi interni, si suppone del tutto analogo al vicino residence Isolino.


Area boscata a monte della provinciale destinata a residence


Residence Isolino a Fondotoce

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Pur costretti dalla mancanza di documentazione tecnica e cartografica a ragionare sulle poche paginette rese disponibili da Italia Nostra, emerge con chiarezza che le proposte della società Malù non sembrano coerenti con le condizioni poste a suo tempo dall’Amministrazione Comunale (no aumento di volumi, preservazione dei suoli, rispetto delle tipologie edilizie):
il “combinato disposto” dell’ampliamento del camping e di quello del golf prefigura di fatto la realizzazione di una nuova, imponente struttura edilizia al centro della piana a nord della statale, nel punto di saldatura tra camping e golf, intorno alla quale si disporranno i nuovi elementi previsti dall’ampliamento del camping (strutture sportive scoperte, parcheggio, “casette” per campeggiatori;
il centro sportivo nell’area dell’ex fattoria è avvolto nelle nebbie dell’indeterminatezza, dal momento che nulla si dice degli impianti che si intenderebbero realizzare, e di conseguenza è impossibile valutare l’impatto della loro realizzazione in termini volumetrici e di trasformazione/consumo di suolo, che comunque – in base alla succinta descrizione che ne abbiamo dato più sopra – non sarebbe certo di poco momento;
risulta sì esterna alla superficie della piana la previsione del nuovo residence extralberghiero sulle prime pendici dell’altura a monte della strada per Mergozzo, ma è evidente che la sua collocazione a fronte dell’ingresso al Continental ne fa una struttura sistematicamente dipendente dal camping per ogni tipo di servizio ai villeggianti.

Si chiude qui questa prima riflessione/ricognizione su uno dei grandi nodi urbanistici e ambientali della città, ben consapevoli che altre e altrettanto delicate questioni incombono: ad esempio, il rapporto tra i costi della trasformazione irreversibile del territorio e i vantaggi delle sue ricadute economiche e occupazionali, la valutazione delle condizioni di attrattività della nostra città tra preservazione e modificazione degli ambienti di pregio naturalistico e paesaggistico, il valore e le ricadute del turismo en plein air sull’economia del territorio e l’opportunità di creare un robusto segmento di “campeggio urbano”, la necessità ormai improrogabile di affrontare la trasformazione della città (il Piano Grande, l’area Acetati, piazza F.lli Bandiera, la grande viabilità di smistamento e di attraversamento, l’esaurimento della “spinta propulsiva” del Piano Regolatore….) in una logica d’insieme che finalmente restituisca dignità e ruolo alla politica.

lunedì 5 ottobre 2020

IL PARCO SENZA GOVERNO

 

Parco Nazionale della Val Grande - Comune di Vogogna 

Sono ormai molti mesi da quando il Consiglio Direttivo del Parco Nazionale Val Grande è decaduto per decorso dei termini della sua durata e così la Giunta che è il suo organo esecutivo. Le ultime delibere assunte portano la data del gennaio scorso, già in periodo di prorogatio, poi più nulla. L'organo, composto da otto componenti, deve essere ricostruito da parte del Ministero dell'Ambiente. Uno degli otto componenti spetta ad un soggetto, scelto sempre dal Ministero, ma su designazione delle Associazioni di tutela ambientale. Quali siano i motivi di questa lunga vacatio non sono noti. L'ultima risposta che, qualche tempo fa, interrogato al proposito, il Ministero ha fornito è che la procedura di rinnovo non era stata ancora avviata. Un po' poco; forse l'emergenza virus è proseguita nei Ministeri dello Stato Italiano anche dove altrove non lo era più, ma è un fatto che di rinnovo non c'é ancora alcuna traccia. Questa Sezione ha ora interessato la propria sede nazionale perché invii una sollecitazione presso il Ministero a che venga avviata la ricostituzione dell'organo. Proprio nell'anno che veniva annunciato come quello dell'approvazione definitiva dell'ampliamento del Parco Nazionale, lasciare un Ente privo del suo principale organo di gestione, non sembra una scelta felice. In fondo il Parco Nazionale, a suo tempo fortemente voluto dagli Enti del territorio, ha un costo per la collettività, ma questo costo deve avere un ritorno ben superiore in termini di benefici per i territori che sono al suo interno e la sua gestione non può essere abbandonata o lasciata al caso. Vedremo se la nostra attenzione e sollecitazione riuscirà nell'intento.  

domenica 4 ottobre 2020

RIFLESSIONE

 DAGLI AMBIENTALISTI UNA PROPOSTA STRATEGICA PER IL FUTURO DEL PIANO GRANDE  DI FONDOTOCE | Verbania Milleventi



Il Piano Grande ancora una volta diventa il banco di prova tra le dichiarazioni di principio e le pratiche di fatto. Un Sindaco, quello della città di Verbania, ostinatamente dichiara, a mezzo del proprio assessore delegato nella materia, di non voler aprire alcun confronto con i promotori di una proposta di riuso della Cascina, giudicata “allettante” dal Presidente del Parco Nazionale Val Grande e “suggestiva” dallo stesso assessore che rifiuta il confronto. La suggestione evidentemente non basta se, nello stesso momento, il medesimo assessore, non solo rifiuta il confronto, ma diventa il relatore delle prime varianti urbanistiche di cui la prima asseconda subito alcune richieste della Malù e la seconda ha il solo scopo di aprire la porta a successive varianti finalizzate a dare una positiva risposta al mai sazio spirito imprenditoriale dell’indomito Signor Manoni. Le dichiarazioni del Sindaco, raccolte dall’organo di “Stampa” che mai come ora si batte a favore della Malù, non lasciano spazio a interpretazioni diverse o altre. Tramonta perciò la speranza di vedere un’amministrazione progressista tradurre in azioni concrete e coerenti le dichiarazioni di adesione a principi green o che altro ? Probabilmente sì, se questa amministrazione ritiene che l’assegnazione di una stellina in più ai blasonati campeggi della Malù, sia il prezzo, utile e necessario, per consegnare pezzo a pezzo, l’intera piana libera residua del Piano Grande, al disegno del Signor Tranquillo che lo sogna trasformato in una grande area di gioco, sport, turismo residenziale extra alberghiero e non solo; una possibile gardaland del Lago Maggiore, nella sostanza una grande macchina per fare soldi per lui. Dunque nulla di più progressista. Assolutamente in linea e coerente con le idee più avanzate del progressismo mondiale. Da quanto detto, la bandiera nera assegnata a Verbania da Legambiente, che tanta offesa avrebbe portato all’interno del governo della città, è addirittura inadeguata. Se va avanti così si potrebbe pensare ad un Nobel. Sì, perché per ogni stellina in più assegnata agli insediamenti della Malù, dovrebbe corrispondere la perdita di altrettante stelline appuntate sulla qualità dell’ambiente e del paesaggio della capitale del Verbano. Evidentemente i suoi governanti non la pensano così; paiono quasi abbagliati dalle capacità dell’imprenditoria libera o meglio liberata dai vincoli, di raggiungere gli obiettivi che si prefigge, mentre sono intimoriti dalle difficoltà che la pubblica amministrazione, nel caso quella “ Sabauda” , dimostra nel raggiungerne anche uno soltanto. C’è del vero, in questo timore, ma non può essere la giustificazione per arrendersi a mani basse, come invece sta avvenendo. Poi si dirà che non si mangia e non si vive di ambiente e di paesaggio, quindi dagli agli ambientalisti e ai loro simpatizzanti. Che lo dicano al bar passi, ma se questo diventa il ragionamento normale della classe dirigente pubblica, c’è da preoccuparsi. Invece non esiste affermazione più vera che la nostra ricchezza turistica nasce proprio dalla qualità originaria del nostro ambiente e del nostro paesaggio. Paradossalmente anche il Signor Manoni ne ha tratto il massimo beneficio economico e qualcuno glielo dovrebbe ricordare quando bussa, ascoltato, alle porte dei governi locali o meno locali, non avendo piazzato i suoi campeggi ai margini del deserto e avendo ora, quanto meno, il dovere morale di conservare integri quei beni che hanno fatto la sua fortuna. Chiunque dotato di buon senso dovrebbe partire da qui per programmare un futuro che comunque non sarà destinato ad essere per sé, ma per le generazioni del futuro. Di rottamazioni ne abbiamo sin troppe, basta che sappiamo guardarci attorno: dai borghi abbandonati, alle are industrio/artigianali dismesse, alla disertificazione commerciale dei centri medi e piccoli, alla edilizia residenziale speculativa degli anni 60 inutilizzata. Non basta; bisogna continuare a sbagliare.