martedì 13 ottobre 2020

CONTRIBUTI CRITICI 2

Sempre dalla pagina social del Professor Zanotti, ricaviamo questo interessante approfondimento che tocca il tema della prossima entrata di Verbania nel territorio del Parco, questo sì un avvicinare le montagne . Troviamo in questo approfondimento molte sintonie con l'idea progettuale che avevamo proposto riguardo il riuso della Cascina De Antonis in una visione strettamente legata ad un turismo assolutamente compatibile con il territorio, tutto ilo rovescio del progetto Malù. Lo ospitiamo volentieri 

.....................................“Nulla vieta che Verbania possa diventare – come capoluogo della provincia e città a profonda vocazione formativa e turistica – la grande “porta meridionale” del parco nazionale e il luogo della sua rielaborazione culturale e della sua valorizzazione ambientale e paesaggistica, grazie al valore aggiunto rappresentato dalla storia “verde” della città. Ma tutto vieta che l’ingresso nel parco della val Grande, a cui hanno lavorato per quasi vent’anni diverse generazioni di amministratori, si realizzi per sfinimento e finisca nel novero – ahimè affollato – delle occasioni perse.”
A questo articolato complesso di temi ne vogliamo aggiungere un altro che ci sembra giunto a piena maturazione: l’ormai imminente ingresso di Verbania nel parco nazionale della Val Grande. La questione si dibatte da poco meno di un ventennio (qui, qui e qui tre testi che rimandano a una decina d’anni fa), ma dovrebbe – dovrebbe, a Ministero dell’Ambiente piacendo – essere ormai in dirittura d’arrivo il decreto ministeriale a ratificare l’ingresso nel parco di tre nuovi Comuni (Verbania, Ornavasso e Mergozzo) con porzioni di territorio destinate ad accrescere del 15% la superficie dell’area (da 146 a 170 kmq circa, quasi il 7,5% dell’intero territorio provinciale). Insomma, un risultato importante atteso ad horas, che potrebbe coincidere con il rinnovo degli organi istituzionali del parco dopo un quinquennio di intenso lavoro (2016-2020), che ha visto l’ente Parco conseguire importanti riconoscimenti con due marchi Unesco (programma “Man and biosphere” e programma “Geoparco”) e acquisire importanti contributi ministeriali (6,3 milioni) finanziati con le aste di compensazione CO2 e destinati a progetti di mobilità sostenibile, di efficientamento energetico, di miglioramento del patrimonio forestale e di contrasto al dissesto idrogeologico.

Verbania entrerà nel Parco con alcune porzioni di territorio che garantiranno da un lato la continuità territoriale con gli attuali confini della Val Grande e dall’altro la coerenza morfologica e ambientale con l’area protetta. In particolare saranno porzioni del Parco:
il Motto di Unchio sino al confine con Ungiasca-Miazzina;
l’abitato di Cavandone e la parte del Monterosso compresa tra la zona Plusc e le ville Giuseppina, Francesca ed Esperia, per scendere sino a Fondotoce e toccare il confine della Riserva Naturale Speciale;
l’asta fluviale del San Bernardino dal ponte di Santino alla chiesa di Renco.

La continuità fisica con gli attuali confini del parco (ponte Casletto) sarà garantita da un “corridoio” lungo il corso del San Bernardino da Nolezzo al motto di Unchio.
L’inserimento organico di queste zone dovrà necessariamente imporre un profondo ripensamento della loro condizione e della loro vocazione, per non vanificare il risultato di un ventennio di sforzi di diverse Amministrazioni.
Monterosso, porta urbana del wilderness. Se oggi il punto d’accesso meridionale alla Val Grande è facilmente riconoscibile negli abitati di Bieno-Ompio, Rovegro-Bigugno e soprattutto Cicogna, l’inserimento del Monterosso costituisce un’occasione unica per fissare sulle rive del lago l’ingresso nella più ampia area selvaggia delle Alpi, attraverso la valorizzazione dei tre importanti sentieri che già ora s’avviano accanto alle chiese di Madonna di Campagna e di S. Lucia e alla Costa Azzurra di Fondotoce e consentono di effettuare non solo brevi ma significative escursioni all’interno del reticolo di tracciati reperibili sul versante meridionale del Monterosso, ma anche di risalire con più lunghi ma agevoli percorsi di una giornata sino alle tradizionali a attrattive mete comprese tra gli 800 e i 1.300 metri (Motto di Unchio, Ompio, Vercio, Faié, Velina, Cicogna, Pogallo…) da cui poi si accede agli spazi wilderness propriamente detti. In questa prospettiva assume un rilievo eccezionale la presenza nella piana del Toce – e dunque a ridosso del punto d’accesso del sentiero che da Fondotoce-Costa Azzurra porta a Cavandone, Bieno-Rovegro e Mergozzo – dei cinque camping frequentati da decine di migliaia di turisti (in prevalenza giovani e mittel/nord europei) ai quali è tempo di proporre una strutturata, articolata e graduata offerta di natura escursionistica in grado di arricchire il ventaglio di opportunità di svago, di sport e di esplorazione del nostro territorio: dalla passeggiata pomeridiana sui sentieri del Monterosso all’escursione giornaliera sulla soglia dei 1.000 metri, sino all’impegnativa e gratificante esplorazione di due/tre giorni nel cuore del wilderness di valle. Offerta naturalmente estesa a tutta la platea turistica cittadina, che con 900.000 presenze annue vale 1/3 dell’intero flusso turistico del Vco.
Aste fluviali riqualificate, fruibili e preservate. Il torrente San Bernardino (ma anche il San Giovanni, anche se non compreso nell’ampliamento) è il naturale prolungamento della val Grande in città e per questa ragione l’inserimento di tratti dell’asta fluviala appare coerente con il disegno di ampliamento dei confini del parco. Divenendo a tutti gli effetti “aree protette”, le sponde dei torrenti vanno ripensate avendo di mira due obiettivi: da un lato mettere rapidamente punto un vero e proprio piano di recupero naturalistico – finanziato a lotti con risorse comunali, comunitarie e statali (Ministero Ambiente attraverso l’Ente Parco) e finalizzato alla pulizia e al controllo dell’alveo – nella prospettiva di rendere accessibili, percorribili e fruibili le sponde per la pratica sportiva e ricreativa; dall’altro lato mettere definitivamente in “sicurezza ambientale” sponde e alveo, impedendo interventi di snaturamento dell’habitat fluviale riconducibili alla costruzione di manufatti per lo sfruttamento idroelettrico di “salti” naturali o artificiali, come ad esempio si è tentato di fare qualche anno fa sul San Bernardino con un progetto fermato solo grazie alla tempestiva mobilitazione di centinaia di cittadini.

Insomma, nulla vieta che Verbania possa diventare – come capoluogo della provincia e città a profonda vocazione formativa e turistica – la grande “porta meridionale” del parco nazionale e il luogo della sua rielaborazione culturale e della sua valorizzazione ambientale e paesaggistica, grazie al valore aggiunto rappresentato dalla storia “verde” della città. Ma tutto vieta che l’ingresso nel parco della val Grande, a cui hanno lavorato per quasi vent’anni diverse generazioni di amministratori, si realizzi per sfinimento e finisca nel novero – ahimè affollato – delle occasioni perse.

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