lunedì 12 agosto 2024

PROPOSTA DI PIANO TERRITORIALE: Italia Nostra regione osserva

 

PIANO TERRITORIALE REGIONALE: ITALIA NOSTRA OSSERVA

 






L'Ente Regione Piemonte ha avviato il processo di revisione del proprio Piano Territoriale, un documento programmatico e pianificatorio che dovrebbe allinearsi al Piano Paesaggistico Regionale ad esso sovraordinato e dettare indirizzi e direttive e prescrizioni per la pianificazione di livello inferiore. La proposta di Piano è soggetta a Valutazione Ambientale Strategica e in quest'ambito essa è stata pubblicata al fine di consentire a chiunque di presentare i propri contributi critici. La nostra Associazione non poteva sottrarsi all'obbligo e all'onere di intervenire in questa materia che coinvolge direttamente i temi del proprio essere statutario. Lo abbiamo fatto anche se il tempo a disposizione è stato poco e certamente non abbiamo potuto osservare tutto quello che avremmo voluto, ma la documentazione da esaminare era imponente e certamente avrebbe dovuto coinvolgere competenze e conoscenze ben oltre la nostra portata. Abbiamo perciò scelto non tanto di fare un'analisi puntuale del complesso dei temi estesa a tutti gli ambiti territoriali contenuti nella proposta di Piano, ma di svolgere un esame per grandi temi: Relazione con il Piano Paesaggistico/ Metologia applicativa del Piano/Consumo di suolo/Turismo/Energia/Borghi/Parchi/Logistica-Commercio/Trasporti, contrapponendo la nostra visIone a quella che emerge dalla lettura della proposta che se in diversi aspetti potrebbe sembrare condivisibile anche grazie al recepimento di direttive sovranazionali e comunitarie, contiene a nostro giudizio un errore ( non si sa quanto voluto o meno) che, realisticamente svuoterà il Piano nel suo momento attuativo. Qui nel seguito pubblichiamo integralmente il documento che oggi è stato inoltrato a Regione Piemonte e chi avrà tempo e pazienza di leggerlo attentamente potrà trovare riscontro a quanto scritto in questa presentazione introduttiva. Preghiamo i Presidenti della singole Sezioni dell'Associazione di promuoverne la diffusione e la lettura. Grazie.






Consiglio Regionale del Piemonte Via Massena, n. 71 – 10128 Torino Tel. 011/500056; email piemonte-valledaosta@italianostra.org


Alla Regione Piemonte pianificazione.territorio@cert.regione.piemonte.it

valutazioni.ambientali@cert.regione.piemonte.it

Prot. 24/24

Torino, 12 agosto 2024

OGG: VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA DELLA REVISIONE DEL PTR: PIANO TERRITORIALE PIEMONTESE. 0OSSERVAZIONI E PROPOSTE DA PARTE DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA ASSOCIAZIONE ITALIA NOSTRA PIEMONTE APS.


I punti che emergono da una prima analisi sommaria, (un'analisi puntuale non ci è consentita per il tempo che richiederebbe e le competenze che dovrebbero essere coinvolte) sono:

A) Maggiore autonomia agli ambiti locali: province e comuni, ma soprattutto comuni, dando loro la possibilità di porre in discussione scelte di area vasta a vantaggio degli ambiti locali. Le procedure che conosceremo poi nelle fasi successive ci diranno quanto sarà elevato il potere di deroga.
B) Sviluppo senza limiti del settore logistico con annesse opere infrastrutturali, come ad esempio l' autostrada Vercelli Novara dove anziché realizzare una nuova arteria, con minor spesa e minor consumo di suolo sarebbe possibile intervenire sulla rete viaria esistente con mini-circonvallazioni che evitino il passaggio di auto e mezzi pesanti nei paesi. (vedasi comunque quanto nel seguito ulteriormente osservato)
C) Sviluppo spinto del settore energetico anche in alternativa alle attività agricole, con il concreto rischio di depotenziare il PPR e i suoi strumenti di vincolo paesaggistico ( sintomatica la attuale inoperatività di fatto della Commissione articolo 137 del Codice).

Per quanto riguarda gli AIT (Ambiti di integrazione territoriale) le singole schede hanno un carattere conoscitivo e descrittivo delle caratteristiche sociali, economiche e ambientali dei territori. Sarebbe opportuno che si indicasse/delineasse in linea di massima, la “vocazione” stessa dei singoli Ambiti al fine di indicare anche in modo non esaustivo, ma “più operativo” quelle che dovrebbero essere le direzioni per un miglioramento sia economico che ambientale dei vari AIT, fornendo in tal modo,
attraverso una visione di area vasta, i “nodi” sui quali operare per effettuare scelte territoriali, anche in eventuale collaborazione con altri AIT, al fine di consentire un reale sviluppo sostenibile, con le necessarie ricadute economiche, da parte dei Comuni, supportati dalle Province e dalla Città Metropolitana. Ovviamente le indicazioni per i territori andrebbero poi sempre supportate e sviluppate tramite il confronto con le reali situazioni in atto e pertanto offrendo sempre un’adeguata e corretta possibilità di aggiustamento, ma garantendo una sintonia con le scelte a carattere regionale e provinciale. Un esempio potrebbe essere dato dalla reale costituzione della “filiera del vino e da quella del riso”, anche in sinergia tra loro , con tutte le ricadute economiche e ambientali, promuovendo i rispettivi territori a diversi livelli e perseguendo linee di sviluppo organizzate nella direzione della
valorizzazione della produzione in accordo con una visione di sostenibilità ambientale.
Relazione tra livelli di pianificazione:
Un' osservazione di fondo riguarda il tema della relazione tra il PTR e gli altri piani territoriali e locali. In sintesi ci è sembrato di capire che l'attuazione e quindi il "successo" o meno del Piano Territoriale in formazione, dipenda dal grado di recepimento che esso avrà nell'ambito del sistema della autonomie territoriali ad esso sottese e che viene chiamato ad attuarlo attraverso un'applicazione delle sue direttive
e dei suoi indirizzi (le prescrizioni si rinuncia persino a dettarle e questo non è un buon segnale) che dovranno essere declinati a livello Provinciale, di Città Metropolitana e poi di Enti Comuni, singoli o associati. A questo proposito lo stesso Piano Territoriale non nasconde l' incertezza sull'esito
dipendente da una scelta di così ampia apertura di credito nei confronti delle autonomie territoriali, a fronte tuttavia di un dato storico incontrovertibile che è di segno esattamente opposto.

Il Piano Territoriale approvato nel corso del 2011, ad oggi, non è stato recepito da nessuna delle Province del Piemonte (una di esse ne è persino priva in assoluto) e la sola Città Metropolitana ha provveduto al suo recepimento. Ma non solo; il processo di recepimento dello stesso Piano Paesaggistico Regionale è ben lontano dall'essere, non diciamo completato, ma anche soltanto avviato in maniera decisiva. Questi fatti militano per un fondato scetticismo circa il buon esito del processo
programmatorio che il PTR vorrebbe innestare e pongono la domanda sul perché, alla luce deI fallimenti precedenti non si sia ritenuto introdurre norme atte "incoraggiare" il processo di attuazione del Piano o, se si preferisce a "scoraggiare" l' inerzia dei Enti Locali. Le norme transitorie non contengono nulla al proposito. Si arriva persino a pensare che proprio questo sia lo scopo perseguito.
Si potrà obiettare che si vuole privilegiare l'autonomia dei singoli territori, responsabilizzarli, non sostituirsi ad essi, fedeli ad un modello di democrazia decentrata e partecipata degli Enti Locali.
Può essere, ma tale autonomia non sempre sembra sia stata riconosciuta agli stessi Enti quando, in nome di principi di semplificazione e di rilancio produttivo, le norme urbanistiche locali sono state depotenziate, derogate anche senza necessità di recepimento locale.
E' quindi fondato il sospetto che tale modello attuativo nasconda una scelta politica consapevole del futuro ( voluto?) mancato esito di un Piano che ha necessariamente dovuto recepire principi e normative derivanti anche da ordinamenti sovranazionali e comunitari che, in uno scenario in rapida evoluzione, impongono e dettano scelte a prescindere dall'orientamento del Governo Regionale al momento in carica.
Anche nella proposta delle modifiche delle NtA al primo punto si precisa di porre come riferimento la pianificazione locale che sappiamo per esperienza ormai invalsa procede attraverso varianti non strutturali ma di tale peso e ampiezza da svuotare gli strumenti regolatori locali. Una prassi che, peraltro, si sposerebbe bene con quel carattere di flessibilità e elasticità che pare siano tra le caratteristiche " migliori" del Piano in revisione così da individuare una possibile prassi attuativa ( bisognerebbe meglio dire inattuativa) che procederebbe appunto per varianti, diversamente definibili come la risposta locale alle domande, generalmente di natura economica, che si esprimono dentro i singoli territori e lì attendono e ottengono le pronte ed efficaci risposte, con buona pace di ogni programmazione pubblica di area vasta e di medio/lungo periodo.
Gli eventuali accordi di programma si potranno affermare come strumenti di modifica ed esecuzione sostitutiva ad una democratica pianificazione e programmazione.
Il PTR dovrebbe essere anche e soprattutto per quanto riguarda l'Ente che lo promuove, cioè la Regione stessa, un volano del cambiamento che si dovrebbe tradurre pure in una nuova produzione legislativa che ne declini i temi in ordinamenti normativi ad essi coerenti, in risorse da riversare sui territori perché possano tradursi in azioni concrete ( realizzazioni materiali- capitali umani-educazioni culturali), produzioni legislative capaci di sollecitare l'inerzia delle autonomie, stimolando la loro presa di coscienza dei temi strategici, attraendole in uno sforzo sinergico coerente rispetto agli obiettivi specifici del Piano, imponendo tempi e passi, ancora una volta insistiamo, innestando meccanismi di incentivazione premiante e di disincentivazione capaci di far convergere i piani locali verso quegli obiettivi.
Al netto dei contenuti, delle strategie e degli obiettivi che il PPR si pone, a nostro giudizio, occorre quindi rettificare la scelta metodologica che non ne garantisce l'attuazione inserendo norme transitorie finalizzate allo scopo di rendere cogente il processo programmatico.

PTR e PPR:

Non del tutto estraneo al tema che abbiamo evidenziato si pone anche il rapporto tra il Piano Territoriale e il Piano Paesaggistico Regionale.
Al proposito ricordiamo che la norma statale pone quest'ultimo Piano al vertice della scala della gerarchia tra gli strumenti della pianificazione :

"3. Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette. "

Ricordiamo ancora che in sede di Norme di attuazione del PPR, L' Art. 46 prevedeva, in carico alla Regione un onere di adeguamento allo stesso per i propri strumenti di pianificazione, così da consentire che, a cascata, si attuasse il recepimento negli strumenti pianificatori ad esso sottordinati:

" La Regione provvede ad assicurare, entro il termine di dodici mesi dall’approvazione del Ppr, la
coerenza e l’armonizzazione con le disposizioni dello stesso dei propri atti di pianificazione e delle
politiche di settore, quali quelli a carattere culturale, ambientale, agricolo, sociale ed economico,   nonché delle altre politiche che possono avere un'incidenza diretta o indiretta sul paesaggio, ai sensi
dell’articolo 5 della Convenzione europea del paesaggio. "

Inutile segnalare come i tempi previsti per l'allineamento della pianificazione generale e settoriale a quella paesaggistica sono andati ben oltre quanto normato, anche questo è un fatto che deve essere attenzionato quando, ottimisticamente, si affida al sistema delle autonomie territoriali il compito di mettere a terra il PTR, quando l'insegnamento che proviene dallo stesso ente Regione è stato di tutt'altro segno.
Se dunque questo è il rischio molto concreto che si profila, ne consegue che lo stesso adeguamento del PTR al PPR che dovrebbe attuarsi con l'aggiornamento in corso, di fatto, probabilmente, non potrà avvenire, rischiando di essere soltanto un adempimento formale, rimandato sine die, cioè all'eventuale sua applicazione dparte delle autonomie territoriali, eludendo così un obbligo nel momento in cui si
afferma di osservarlo.
Il nodo metodologico che abbiamo già indicato e che in qualche modo vizia e mina l'esito del processo di pianificazione ritorna, riverbandosi su più aspetti che coinvolgono il PTR, depotenziandolo anche nei suoi contenuti per noi positivi, ma che di fatto rinvia o rimette alle volontà degli altri soggetti della pianificazione di livello inferiore.
C'è tuttavia un altro aspetto significativo e esemplificativo che vorremmo segnalare e che invece riguarda proprio l'Ente Regione laddove in sede di relazione afferma che il processo di adeguamento dei propri strumenti settoriali al PPR risulterebbe compiuto. Vogliamo riferirci, in quanto tema da noi trattato in altro contesto, al PRAE, già sottoposto a procedura di VAS.
Le difficoltà riscontrate nel concludere positivamente quella valutazione hanno indotto la Giunta Regionale a proporre una norma legislativa, poi entrata in vigore, che ne consentisse l'approvazione stralcio per settori estrattivi. In questo modo, anche in questo caso, si è compiuta un'operazione elusiva di un obbligo, consentendo di mandare in approvazione uno strumento parziale, reso monco in quegli aspetti che, ove non rettificati rispetto all'impostazione iniziale sarebbero entrati in contrasto pieno con l'apparato normativo del PPR.
Quanto poi alla parte stralciata, la sua approvazione diventerà un fatto aleatorio e ciò non è frutto della nostra lettura di quella vicenda, ma sono le dichiarazioni rese all'epoca dal Presidente Responsabile della Giunta Regionale che, interrogato dai media, ebbe a pronunciarsi avanti i rappresentanti di categoria (Asso Graniti), affermando che, sin tanto non vi sarebbe stata condivisione del Piano di settore con la rappresentanza di quella categoria, il Piano non sarebbe stato approvato, lasciando così spazio ad una gestione più "libera" delle attività estrattive che tanto incidono in tema di consumo di suolo, riduzione della copertura vegetale, immissione inquinanti, traffico, detrazioni paesaggistiche, proprio obiettivi specifici che il PTR individua ai fini del loro contrasto, non certo della loro "liberalizzazione".

Logistica/ trasporti/ commercio.

Si potrebbe continuare: trasporti e logistica assumono un ruolo molto rilevante nel panorama regionale disegnato dal PTR, ma ad esempio come si pone la realizzazione del nuovo asse viario di collegamento Novara/ Vercelli, di cui già si è detto, tanto sostenuto dal Governo Regionale, con l'esigenza di contenere l'espansione lineare degli insediamenti siano essi logistici, piuttosto che industriali o commerciali? Questo nuovo asse viario, di fatto, costituirà una nuova infrastrutturazione dei territori attraversati, una urbanizzazione lungo la quale sarà difficile immaginare non si indirizzeranno gli interessi di espansione specie del settore logistico, (settore che tanto si concentra in questo quadrante di territorio) tanto "energivoro" in tema di consumo di suolo, di incremento di traffico, e di contro, di altrettanta poca rilevanza in termini di innovazione produttiva e di qualificazione delle risorse umane ( altri obiettivi questi ultimi richiamati dal Piano).
Anche in questo caso ci sembra di individuare una contraddizione tra principi affermati e politiche concrete e di fatto attuate: vedasi la riduzione dello sviluppo lineare degli insediamenti degli impianti produttivi/logistici e commerciali e, al contrario la densificazione dell'edificato diffuso, tutti obiettivi difficilmente raggiungibili con politiche di fatto opposte. Esistono territori poco serviti da
infrastrutture e logistica che, al contrario, hanno sempre mostrato un buon tessuto economico e sociale.
Citiamo come esempio il territorio cuneese. Tra i motivi di questo successo segnaliamo la capacità di mantenere il giusto equilibrio tra i vari settori economici.
Ma le dinamiche economiche sono in continua evoluzione e le cose cambiano. Il settore della logistica cambia anche più rapidamente. E’ possibile assistere alla costruzione di capannoni (dedicati alla logistica delle multinazionali del commercio online che una volta finiti non vengono utilizzati perché la multinazionale ha deciso che le priorità sono cambiate.
Il suolo agricolo viene consumato in maniera totalmente inutile. Il PTR e il PPR dovrebbe contenere norme per prevenire queste situazioni. Non ci pare sia così, anzi la logistica dei grandi capannoni è ampiamente favorita. Si tratta di un settore a scarso contenuto di innovazione, che lascia ricadute negative pesanti sul territorio.
Si auspica l'inserimento di norme prescrittive che obblighino la prestazioni di garanzie circa l'avviare e il permanere delle attività e ne sanzionino con la rimozione a carico degli attuatori il mancato uso.
Anche in questo caso ci sembra di individuare una contraddizione tra principi affermati nel PTR e politiche concrete e di fatto attuate. 
Chiediamo: La rete ferroviaria storica regionale può o no dare una risposta concreta al problema della diversificazione della mobilità? Essa rappresenta un patrimonio materiale pregiato, con l'insieme delle sue opere d'arte e delle sue stazioni minori, la cui costruzione oggi necessiterebbe di risorse ingenti, assolutamente impossibili da acquisirsi.
Sotto questo profilo il suo abbandono costituisce una perdita di valore, non soltanto in termini di identità territoriale, ma anche economico. Quale risposta può dare e da il PTR e il Piano di settore a questo problema ?
L' utilizzo nell'ambito di una rete a servizio della mobilità turistica potrebbe essere una parziale risposta, ma non può ridursi a fenomeno folkloristico estemporaneo, necessità una strategia di maggior respiro che ipotizzi nuovi vettori, nuove capacità di trasporto, nuove fermate in linea che rendano il servizio più flessibile e ne riducano la rigidità tipica del trasporto su ferro e nuove connessioni con la mobilità su gomma di ultimo miglio, unitamente ad incentivi per l'utenza che ne possano promuovere la
fruizione diffusa, convertendo ad essa modelli culturali che da essa si sono progressivamente allontanati.
Non ci pare che il PTR affronti il tema, né che il livello locale di governo territoriale sia il più idoneo per affrontarlo e risolverlo.
Nel PTR si auspica in più punti il riequilibrio modale tra gomma e ferrovia.  Non sembra però esistere una reale volontà di intervenire a favore della ferrovia. Ad esempio, nelle tavole della conoscenza non risulta esserci nemmeno una ricognizione delle dotazioni ferroviarie della Regione che descriva in maniera esaustiva il traffico passeggeri (stazioni e loro servizi, linee attive e con quanti treni, posti disponibili, linee chiuse, linee dismesse, ecc.).
Lo stesso per il trasporto merci: manca ad esempio una ricognizione delle aree industriali o singole ditte dotate di raccordo ferroviario e lo stato in cui si trova (descrizione, tipo di utilizzo, se in uso o in disuso e in questo caso come si può ripristinare).
Si richiede che nelle norme di attuazione per realizzare eventuali nuove aree industriali ci sia l’obbligo di trovarsi in prossimità della rete ferroviaria esistente e di dotarsi di un raccordo ferroviario.
Vorremmo anche esemplificare: l'area vercellese - capoluogo e piccoli centri, è caratterizzata da un accentuato pendolarismo verso Torino e verso Milano. Negli ultimi anni il servizio ferroviario è peggiorato (riduzione dei treni, ritardi, affollamento delle carrozze). In occasione del rinnovo degli accordi con Trenitalia occorrerebbe rivedere e implementare il servizio ferroviario regionale interregionale, recuperare la direttrice Vercelli/ Casale con l’elettrificazione sia a fini pendolari che a fini turistici, collegando le due città molto importanti dal punto di vista culturale e per quanto riguarda la direttice Torino direzione nord, riaprire al servizio, riammodernata nella sua capacità e velocizzata, la linea Arona/Santhià quale esempio di connessione tra territori diversamente lontani tra loro e scarsamente serviti.
Non ci pare che il PTR affronti il tema.
Un altro settore in rapida evoluzione è quello delle piccole attività commerciali. Il settore, dopo la concorrenza della grande distribuzione subisce quella del commercio online.
I piccoli negozi chiusi e lasciati vuoti sono sempre di più, prima nei paesi ora anche nelle città più grandi. Parliamo di migliaia di metri quadri di spazi commerciali inutilizzati in continuo aumento.
Il PTR dovrebbe monitorare il fenomeno e favorire il riutilizzo. Non ci sembra che il
pluriuso dei piani terra sia la soluzione.

Turismo:

Altro esempio che vorremmo portare in attenzione è quello della nuova politica per le aree turistiche alpine dove la crisi climatica rischia concretamente di mettere in discussione il modello che ha informato molti dei decenni ormai trascorsi. Ebbene, ogni ipotesi di nuove stazioni turistiche invernali basate sul modello di turismo industriale di massa dovrebbe essere abbandonata. Ci sembra che il PTR contenga obiettivi specifici in tal senso, ma vi sono progetti, non definitivamente abbandonati,
solo accantonati, quale "Devero Avvicinare le Montagne" che rappresentano un modello superato, da contrastare, non da blandire. Ma allora chi prevarrà? un PTR affidato nella sua attuazione agli Enti Locali che hanno sposato quel progetto al punto di stringere un accordo territoriale con il proponente industriale o cos'altro? Sono domande legittime che richiedono risposte coerenti e conseguenti da parte
dell'Ente Regione, diversamente l'equivoco permane e si perpetua.

Borghi:

Un altro tema cruciale rimane quello dei borghi minori, siano essi montani, con le loro problematiche specifiche, siano essi quelli di pianura. Il calo demografico, ma non solo, li ha trascinati verso una marginalità abitativa e ha generato diffusi fenomeni di degrado edilizio.
Anche in questo caso si indicano obiettivi specifici, ma il modello applicativo prescelto per il PTR rischia ( anzi in questo caso non rischia, è una certezza) di arrivare troppo tardi.
Il degrado genera degrado, l'abbandono induce a nuovi abbandoni, la perdita di funzioni si accompagna alla perdita di altre funzioni. Alla fine i paesi e i borghi della tradizione regionale diventano fantasmi, contenitori vuoti.
Occorre sì censire nuovamente il patrimonio storico, rifare la fotografia dell'esistente perché occorre conoscere per assumere decisioni coerenti, ma il fine da perseguire deve essere la ricostruzione delle comunità degradate.
Laddove e quando si è voluto, in nome dell'emergenza, sostituirsi, con norme derogatrici di dubbia valenza costituzionale, anche ai governi locali, lo si è fatto. Non chiediamo di fare la stessa cosa, ma di assegnare ai governi locali impegni effettivi e cogenti sul tema della conservazione dei centri storici minori, della loro rivitalizzazione e del ripopolamento abitativo.
In questo la Regione deve fre la sua parte, mettere anche risorse importanti, facendo leva anche sui fondi per la coesione, incentivare in maniera selettiva e non diffusa il reinsediamento abitativo alpino, che non deve essere un obiettivo episodico, ma assumere valenza preminente, premiare il recupero conservativo del patrimonio edilizio, privato e pubblico, abbandonando la politica urbanistica delle deroghefinalizzandolo alla qualità degli interventi, migliorare attraverso investimenti sul
capitale umano, la capacità di accoglienza turistica che essi possono esprimere, diventando così attrattivi e non solo per l'utenza turistica, ma anche per una nuova residenzialità, recuperando servizi delocalizzati, privilegiando il completamento della connessione alla rete.
Temi non rinviabili, men che meno da affidarsi alla spontanea adesione degli attori istituzionali locali, ma guidati, promossi e incentivati da una regia regionale attenta e sollecita.
Non ci pare che il modello applicativo del PTR lo consenta.

Consumo di suolo/energie alternativa:

Assolutamente attuali sono i temi del consumo del suolo e delle energie alternative, (ora divenuti tra loro connessi), siano i sistemi produttivi piuttosto che quelli di stoccaggio.
Anche in questo caso il modello prescelto per l'applicazione del PTR diventa limitante in termine di velocità di attuazione, ma anche di garanzia di sua attuazione. Sebbene in tutto il documento ovvero nella Relazione illustrativa, venga citato innumerevoli volte il cosiddetto “sviluppo sostenibile” poi di fatto a livello pratico non vengono affrontate le adeguate norme per dare un riscontro effettivo e non solo teorico. È questo il caso appunto del consumo di suolo, che ormai, a livello di normativa europea presenta innumerevoli studi e proposte, mentre in questa variante al Ptr si parla ancora della possibilità di trasformazione del “3% di superficie urbanizzata per ogni quinquennio”, quando ormai è riconosciuto al suolo il carattere di risorsa non rinnovabile in quanto produttore di vari servizi ecosistemici di fondamentale importanza per la vita dell’uomo. Di conseguenza non si accenna neanche ad un’espressa legge sul consumo di suolo, ai fini di normare azioni di mitigazione e soprattutto di compensazione dovute agli interventi di trasformazione urbanistica del suolo che ne provocano l’impermeabilizzazione e quindi la distruzione dei suddetti servizi ecosistemici.
Il tema del consumo del suolo, seppur strategicamente importante, è demandato ancora una volta ad una normazione legislativa futuribile, mentre ora rimane  assegnato nella sua attuale incerta e debole definizione a soglie quinquennali di ulteriore consumo di suolo agricolo da parte della pianificazione locale (peraltro la norma contenuta delle NtA non ha neppure carattere prescrizionale), diventando
paradigma di una mancata piena coscienza da parte dei decisori pubblici della sua importanza .
Ove fosse risolutamente affrontato, mediante una vigorosa e rigorosa novazione legislativa, a ben vedere, esso sarebbe la chiave stessa di risoluzione di tanti dei problemi di natura urbanistica che le direttive e gli indirizzi hanno declinato, ma che, in assenza di una legislazione coerente e pregnante, rimarranno per lo più inattuati o attuati con una tempistica francamente inaccettabile.
Ricucitura dei territori sfrangiati da espansioni edilizie lineari, fratture delle separazioni costruito/non costruito, ricomposizione di nuclei urbani, decostruzioni di realizzazioni edilizie improprie, recupero edilizio dei centri storici, ricollocazioni di siti produttivi, recupero di aree libere degradate e in abbandono... la serie potrebbe continuare, troverebbero nella limitazione rigorosa del consumo/utilizzo di nuovo suolo, la ragione prima per essere attuati, spostando verso quei fini le risorse economiche private diversamente liberamente orientate verso occupazioni di nuovi spazi.
La limitazione, per non dire l'azzeramento del consumo di nuovo suolo agricolo sarebbe dunque, a nostro giudizio, la chiave di volta per una riconversione urbanistica capace di affrontare il tema del rammendo di un territorio, indirizzando risorse verso lo scopo.
Il rinvio del tema, assegnato da un lato alla non attuazione da parte della pianificazione locale e dall'altro segnato dalla mancanza di una normazione legislativa è, ancora una volta, il sintomo della debolezza pianificatoria che il PTR rileva.
Problema solo in apparenza diverso, ma in realtà per alcuni aspetti parallelo al primo è quella della riconversione energetica e delle nuove fonti rinnovabili. Se non governata con strumenti adeguati, la ricerca di nuove fonti di produzione e stoccaggio può diventare ( ve ne sono già diversi segnali) una nuova corsa all'occupazione di terre libere. L'agro-foto-voltaico sembra poi stia diventando la chiave di soluzione attraverso la quale territori oggi vocati anche a produzioni pregiate e inserite in un ambiente e un paesaggio di qualità, potrebbero subire una cosmesi radicale sostenuta da ragioni "ambientali", persino "ambientaliste". Sul tema la nostra Associazione non consente ambiguità, l'indicazione è quella di privilegiare in assoluto le coperture industriali quali luoghi per la produzione di energia. Ve ne sono di importanti e sotto utilizzati, pensiamo a Mirafiori o all'ex Olivetti di Scarmagno, ma ve ne sono innumerevoli. L'auspicio è dunque che la Regione non solo nel PTR, ma anche con una legislazione avanzata affronti il problema in maniera rapida e risoluta, ponendo nei casi residuali di consenso a forme di agrofotovoltaico, l'onere di prestare idonee garanzie a carico degli attuatori affinchè assicurino nel tempo il permanere delle attività agricole accanto a quelle energetiche, sanzionando con l'onere della rimozione degli impianti il mancato rispetto.

Aree protette e parchi:

Il PTR ha espressamente rinunciato ad individuare obiettivi fisici in carico all'Ente Regionale medesimo, ma vi sono politiche che spettano alla sua esclusività, non demandabili ai livelli inferiori di governo dei territori. Il tema dei Parchi Regionali è uno di quelli.
Avremmo voluto e vorremmo che l'Ente Regionale avesse indicato all'interno del proprio PTR alcuni obiettivi specifici finalizzati ad allargare gli ambiti di tutela di territori pregiati e da privilegiare.
Ne proviamo ad indicare alcuni: E' auspicabile l'istituzione del parco regionale dell’asta del fiume Sesia, (Italia Nostra anni fa aveva presentato all'allora Assessore Regionale il progetto ed una pubblicazione) inglobando il parco esistente della Alta Val Sesia, il parco di Albano vercellese e la confluenza Po- Sesia a Frassinetto Po. Così come proponiamo la formazione del Parco Regionale delle terre d'acqua delle
Grange di Lucedio che incorpori l'area risicola al centro della quale si individua il sistema di Lucedio. Sintesi di Storia risorgimentale e storia dell'economia agricola incentrata sulla figura di Cavour che trova in Lery Cavour le tracce del suo passaggio. Un contributo alla storia Italiana oltre che all'unicità di un territorio che nel panorama dell'agricoltura non solo Italiana, ma Europea non ha imitazioni e che
sarebbe un merito e un pregio di qualunque Governo Regionale prendere in considerazione e perseguire per la sua completa tutela e valorizzazione sotto ogni profilo. Lo auspichiamo fortemente.
Nel contempo a Vercelli indichiamo la riqualificare il Parco Korczak, come lungo Sesia in parte urbanizzato dalla confluenza Sesia – Cervetto al ponte stradale e successivamente dal ponte stradale al ponte ferroviario ed oltre fino alla confluenza Cervo- Sesia.
Sono solo esempi, ma significativi.

Non è certamente tutto quello che avremmo potuto e voluto osservare, ma come già premesso il tempo assegnato e le competenze che avrebbero dovuto essere coinvolte non ci consentono, al momento, un maggior approfondimento e confronto.  Auspichiamo che il Consiglio Regionale voglia aprire un tavolo di audizioni prima di passare all'esame in aula per il voto definitivo. Sarebbe un momento di reale partecipazione e di confronto democratico, rispettoso anche del principio della copianificazione che come associazione di tutela ambientale chiediamo sia attuato. 

Per il Consiglio Regionale di Italia Nostra Piemonte
la presidente Adriana Elena My