La sezione del VCO di Italia Nostra e il comitato locale Salviamo il Paesaggio Valdossola si inseriscono con una loro opinione e con una proposta sostenibile nel dibattito generale di questo periodo, vale a dire in merito alla localizzazione del nuovo ospedale unico del Verbano-Cusio-Ossola.
Chiedono all'opinione pubblica del territorio di prestare attenzione ad uno dei problemi che un'opera così imponente potrebbe presentare dal punto di vista ambientale: il consumo di suolo.
Infatti, l'ultimo rapporto ISPRA sul consumo di suolo in Italia, relativo al 2024, conferma la tendenza al rialzo rispetto all'anno precedente: si stima sul territorio nazionale una media di perdita di suolo libero o vergine di 230.000 metri quadri al giorno. Un dato più che preoccupante, compromettente per le generazioni future, che tuttavia sembra non interessare la politica: un disegno di legge per fermare il consumo di suolo è fermo in Parlamento dal 2018. L'approccio con il quale ci rivolgiamo ai media locali vuol essere positivo e costruttivo, mirato alla soluzione della contesa che presto scaturirà tra i Comuni ed i cittadini della nostra provincia.
Filippo Pirazzi Presidente Sezione Italia Nostra VCO
Sonia Vella Comitato Locale Salviamo il Paesaggio Valdossola
COMUNICATO PER LA STAMPA
Nel Verbano-Cusio-Ossola si riaccende il dibattito sulla localizzazione di un unico nuovo ospedale per l'intera area dell'ASL VCO, al posto di quelli esistenti obsoleti.
I sindaci dei maggiori centri non sembrano intenzionati a raggiungere un accordo tra loro, ma ognuno candiderà il "proprio" territorio, proponendolo quale sede migliore. Nel frattempo, il dibattito pubblico valuta quali siano i parametri più importanti da tenere in debito conto, ad esempio, la “baricentricità” geografica o quella demografica, gli accessi stradali e la vicinanza con i servizi di trasporto, la disponibilità dei terreni, la pianificazione urbanistica, ecc. …
Ci sembra di intuire quello che succederà in seguito: la Regione Piemonte esaminerà le candidature pervenute, per poi passare alla scelta definitiva.
Nessuno o pochi hanno messo l'accento sul fatto che la localizzazione del sito ospedaliero, oltre a rispondere a ottimali requisiti logistici e di sicurezza, dovrebbe anche tener conto che il consumo di suolo previsto per la nuova opera non è per nulla irrilevante. Si stima che occorra un terreno di minimo 70.000 mq, sino a oltre 90.000 mq. Si tratta di una superficie equivalente ad una dozzina di campi da calcio, di quelli omologati per le partite di campionato, che verrà compromessa dall'edificazione.
L'utilizzo del suolo per l’opera comporterà degli effetti negativi sull'ambiente, intesi in tutte le loro dimensioni: incidenza sugli ecosistemi e sulla biodiversità, riduzione della permeabilità dei suoli e delle aree coltivabili, nonché un'accresciuta pressione antropica nell'ambito dell'area ospedaliera con problemi di viabilità, di aumento degli inquinanti dell'aria e dei livelli delle emissioni sonore. Non ultimo la qualità del paesaggio potrebbe essere, a seconda della scelta di localizzazione, compromessa irreversibilmente. Danni comunque non reversibili anche ai fragili equilibri delle falde acquifere e un contributo non indifferente al riscaldamento climatico. Queste alterazioni ambientali sono innegabili, anche se l’opera è di importanza capitale per le cure sanitarie dei cittadini del VCO.
ISPRA calcola che solamente per la perdita di servizi eco-sistemici, 7-8 ettari di suolo consumato sotto nuove edificazioni, producono un danno economico e finanziario di circa 700.000,00 euro all’anno al territorio, che la provincia del VCO ha già in debito, per l’incremento di consumo di suolo del 2024.
Singolare è poi il fatto che in un territorio dove le crisi e le delocalizzazioni produttive hanno prodotto in questi ultimi decenni un campionario di archeologia industriale moderna, sottoutilizzato o peggio abbandonato, tutti propongano di occupare nuovo suolo, come se non ci fosse un limite.
A nostro avviso, un esempio emblematico della crisi industriale del VCO è stato il tentativo di dar vita nel 1993 ad un polo della ricerca e dall’innovazione industriale: il Tecnoparco del Lago Maggiore, oggi una fila di capannoni vuoti e chiusi, posti in liquidazione da anni, comunque sovrabbondanti. Fu un investimento pubblico finanziato da fondi europei, terminato nel suo fallimento.
Se ci è consentito, lo proponiamo noi quel sito, perché ci pare logisticamente adeguato, ampio quanto basta alle esigenze di un nuovo ospedale e lì il suolo è già stato compromesso tanti anni fa. Al netto di trovare una diversa sede dell'Ente Provincia o mantenere la stessa in convivenza, fatto salvo l'impegno a conservare l'impianto generale dell'opera che l'Architetto Rossi aveva ideato e, fatte salve tutte le questioni liquidatorie in corso, ci pare che questa candidatura possa essere proposta dalle associazioni di protezione ambientale, perché si tratta di una soluzione sostenibile.
Crediamo che la riacquisizione pubblica di quel complesso e la sua “rifunzio-nalizzazione” a destinazione ospedaliera, possa valer la pena di essere valutata anche dagli attori che dovranno operare la scelta definitiva.
Sarebbe un nonsenso se la costruzione di un nuovo ospedale pubblico, che nasce per la cura ed il benessere delle persone, avvenisse con la distruzione del bene pubblico suolo, capace di generare soprattutto vita, garanzie per l’avvenire e salute per le genti di questa provincia.

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