giovedì 27 maggio 2021

COMUNICATO NAZIONALE

 

27-05-2021

Governiamo la transizione ecologica, non massacriamo il paesaggio italiano

In questi giorni il Consiglio dei Ministri è chiamato a una decisione epocale: dovrà decidere se il Paesaggio italiano che conosciamo e che il mondo ci invidia esisterà ancora o se sopravviverà qua e là tra distese di pannelli solari e pale eoliche. A questo si riduce, infatti, il dibattito in corso in questi giorni tra sostenitori tout court della transizione energetica e organi dello Stato preposti alla tutela del Paesaggio italiano, cioè le Soprintendenze.

Sotto la spinta dell’imperativo della decarbonizzazione globale, l’ambientalismo industriale della transizione ecologica sta imponendo una radicale trasformazione del Paesaggio e dei Suoli, da agricoli a industriali, riproducendo su più vasta scala quello che già è successo a intere provincie del Sud, stravolte dall’eolico selvaggio. È, infatti, la tutela paesaggistica l’unico strumento giuridico efficace per governare la transizione proposta da Roberto Cingolani, poiché solo la categoria del Paesaggio include tutti gli elementi significativi per impedire che i pannelli fotovoltaici nelle campagne e le pale eoliche sui crinali rendano invivibile l’Ambiente.

Eliminare le tutele esercitate con competenza giuridica e scientifica dalle Soprintendenze significa che in futuro, affacciandoci dalle torri di San Gimignano o di Monteriggioni, invece di vedere le dolci colline senesi, potremmo trovarci davanti a distese di pannelli solari. Non mancano d’altronde esempi emblematici: le campagne della Tuscia, scrigno di siti archeologici etruschi e di biodiversità, sono ormai compromesse irreparabilmente da vaste estensioni di pannelli fotovoltaici; affacciandosi sulla Capitanata dal Castello di Lucera, costruito da Federico II e da Carlo I d’Angiò, l’orizzonte è punteggiato di torri eoliche. Se poi, come ipotizzato, si vogliono togliere le tutele delle aree contermini ai beni culturali vincolati, la trasformazione comprometterà lo stesso patrimonio che molti insistono a chiamare il “nostro vero petrolio”, salvo poi gridare alla lesa maestà quando le Soprintendenze tentano di tutelarlo. Non ammazziamo il turismo nei Borghi, risorsa importante per le aree interne che proprio in questi ultimi anni hanno iniziato a vedere qualche piccolo beneficio dalle politiche messe in atto.

Questa miope politica di depotenziamento del ruolo degli organi periferici del MiC rischia comunque di non essere veramente efficace nel velocizzare la transizione ecologica. Infatti, i problemi che si vogliono risolvere annullando le tutele si riproporranno quando si cercherà di imporre ai territori gli impianti industriali necessari a produrre i 70 gigawatt pianificati dal Ministero della Transizione Ecologica. Già si vedono le avvisaglie della rivolta in atto: Regioni come la Puglia e l’Abruzzo hanno ultimamente sospeso ogni ulteriore impianto sul loro territorio fino alla definizione di un piano concertato delle zone idonee. Già Coldiretti Veneto è insorta contro i panelli solari sui terreni di pregio del vitivinicolo e sui suoli agricoli in genere. E non mancano clamorose bocciature di impianti da parte dei TAR, cui alcuni Sindaci si sono dovuti rivolgere per proteggere i territori dall’attacco dei grandi gruppi industriali della green economy. Fino ad arrivare al caso della bocciatura l’11 giugno 2020 del megaimpianto fotovoltaico nei Comuni di Tuscania e Montalto di Castro da parte dello stesso Consiglio dei Ministri.

Per questo Italia Nostra lancia un ultimo urgente appello al Governo: nella fretta di realizzare gli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti del PNRR concordati con l’Europa non annulliamo l’unico strumento valido di guida e governo della sua realizzazione, la categoria del Paesaggio ma, anzi, affianchiamogli finalmente un Piano delle aree idonee ad accogliere gli impianti di energia rinnovabile secondo standard di piena sostenibilità. L’Italia ha un’impronta carbonica pro-capite inferiore del 16% alla media europea, del 32% rispetto alla Germania e inferiore addirittura del 38% rispetto all’Olanda: non esiste quindi alcun bisogno di sacrificare il nostro Paesaggio.

Le proposte al Governo
avviare i procedimenti autorizzativi solo per i progetti redatti con cura e non ingolfare inutilmente i lavori delle Commissioni con fascicoli incompleti o sbagliati, da bocciare rapidamente;
rivedere il sistema degli incentivi, concentrandoli sull’installazione dei pannelli solari sui capannoni industriali, sugli edifici nelle periferie delle città e sui parcheggi;
prevedere limitazioni allo sviluppo incontrollato del agri-voltaico
favorire l’utilizzo dei fondi previsti per le comunità energetiche di auto-consumo da Fonti di Energie Rinnovabili adeguando il carente quadro legislativo;
incentivare la ricerca di soluzioni tecnologiche nuove e meno impattanti;
pianificare le aree idonee per gli impianti;
puntare ancora più efficacemente sull’efficientamento e il risparmio energetico.

Italia Nostra

giovedì 20 maggio 2021

FONDO TOCE: UNA SENTENZA CHE NON MERITIAMO


 Piemonte - Lago Maggiore - Feriolo e Fondotoce (VB). Vista aerea Foto stock  - Alamy

 

E' stata pubblicata la sentenza che ha deciso sul ricorso presentato da Italia Nostra contro l'autorizzato progetto dell'impianto ludico/sportivo in corso di ultimazione sul piano grande di Fondo Toce. La sentenza ha respinto il ricorso. Come tutte le decisioni dei giudici, esse si osservano e si commentano. Quanto all'osservanza, specie da parte dei soggetti che ne escono immuni, non c'è dubbio che  la decisione darà nuovo impulso non solo ai lavori in corso, ma anche alle mire espansionistiche della società Malù e metterà nuovamente sotto pressione la sopravvivenza del Piano Grande che aihnoi, diventerà sempre più piccolo. Quanto ai commenti: essi immaginiamo saranno di assoluto entusiasmo da parte dell'accopiata Malù/Comune e immaginiamo pure che La Stampa non tarderà ad amplificare il coro dell'entusiasmo. Quanto a noi invece, oltre a non partecipare alla festa, critichiamo questa sentenza che, sempre a nostro giudizio, ha travisato gli elementi di fatto per arrivare a sostenere che le nostre eccezzioni erano infondate. Che altro dire infatti quando si leggono i passi che, contraddicendo anche il senso logico delle sue stesse affermazioni, sostengono che l'ambito oggetto delle prescrizioni del PPR sarebbe quello che si ricava proiettando i tre confini rappresentati: dalla statale, dal campo golf e dal campeggio Continental e poi, però, da questo stesso ambito si esclude l'area oggetto del progetto per sostenere che le prescrizioni lì non si applicano. Provate voi a prendere maps e proiettate quei confini. Arriverete a conclusioni completamente diverse da quelle a cui è pervenuto il giudice, ma vi perverrete utilizzando il criterio che la sentenza vi ha fornito. Basta questo esempio per affermare che le cose non sono andate per il verso giusto e le ragioni dei vincitori forse non ci sono proprio tutte e i festeggiamenti, se mai li avessero in animo di fare, sarebbero solo di pessimo gusto e il segno che  vince chi è più forte, non sempre chi ha ragione. Segue il testo integrale.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 428 del 2020, proposto da Italia Nostra
Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dall'avvocato Carla Zucco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Novara, via S. Francesco
D’Assisi 18/E;
contro
Comune di Verbania, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dall'avvocato Alessandra Simone, con domicilio digitale
come da PEC da Registri di Giustizia;
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Biella
Novara Verbano-Cusio-Ossola, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale Torino, domiciliataria ex lege in
Torino, via Arsenale, 21;
Regione Piemonte, non costituita in giudizio;
nei confronti
N. 00428/2020 REG.RIC.
Malù S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dagli avvocati Massimo Conti, Giuseppe Greppi, Giorgio Razeto, con domicilio
digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio
dell’avv. Antonio Fiore in Torino, corso De Gasperi n. 21;
per l'annullamento
- dell'atto unico rilasciato dal Dirigente dello Sportello unico delle attività
produttive e commercio del Verbano datato 27 gennaio 2020 e contrassegnato al n.
04/2020, pratica n.2019/75, con il quale è stata autorizzato il Sig. Manoni
Tranquillo, nella sua qualità di rappresentante legale della società Malù S.r.l. con
sede in Verbania via Quarantadue Martiri n. 157, partita IVA 00854220035, ad
effettuare gli interventi edilizi previsti nel Permesso a Costruire n. 10/2020,
rilasciato in data 27 gennaio 2020 dallo Sportello Unico per l'edilizia del Comune
di Verbania;
- del Permesso a Costruire n. 10/2020, rilasciato in data 27 gennaio 2020 dallo
Sportello Unico per l'edilizia del Comune di Verbania;
- di tutti gli atti e provvedimenti antecedenti e specificamente:
l'autorizzazione in ambito di vincolo paesaggistico rilasciata dalla Regione
Piemonte, Direzione Ambiente Governo e Tutela del Territorio, Settore Paesaggio,
classificata 11.100/552/2019/A16.000;
il parere obbligatorio e vincolante in ordine al vincolo paesaggistico rilasciato dal
Ministero per i Beni e le Attività culturali, Soprintendenza Archeologica, Belle arti
e Paesaggio per le Province di Biella, Novara, VCO e Vercelli datato 10/06/2019
prot. 7001;
la deliberazione n. 95/2018 del Consiglio Comunale di Verbania con la quale è
stata approvata convezione con la Società Malù per l'utilizzo urbanistico di area
destinata a servizi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Verbania, della Malù S.r.l. e
N. 00428/2020 REG.RIC.
della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Biella
Novara Verbano-Cusio-Ossola;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2021 il dott. Marcello Faviere
e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25, comma 2, del d.l. n. 137/2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Lo sportello unico delle attività produttive- SUAP di Verbania rilasciava al Sig.
Manoni Tranquillo, nella sua qualità di legale rappresentante della Società Malù srl,
il provvedimento n. 04/2020 del 27.01.2020 con cui lo autorizza all’effettuazione di
intervento di: “realizzazione di pista per bmx e aree verdi in località Verbania
Fondotoce via 42 Martiri n. 156 NCT foglio 22 mappale n. 139”, sulla base del
permesso a costruire n. 10/2020 del 27.01.2020 del SUE del Comune di Verbania e
degli altri pareri ed autorizzazioni rilasciati dalle competenti autorità (inclusi il
“parere obbligatorio e vincolante in ordine al Vincolo paesaggistico, ai sensi del
D.Igs n. 42/04 e ss.mm.ii, rilasciato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e
del Turismo, Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio, per le Province
di Biella, Novara, V.C.O. e Vercelli, favorevole con condizioni, pervenuto in data
11/06/2019 con prot. n. 27671/2019, comprensivo del parere inerente la tutela
archeologica”; la “autorizzazione per il vincolo paesaggistico, ai sensi del D.Lgs.
42/2004 e ss.mm.ii. rilasciata dalla Regione Piemonte Ambiente Governo e tutela
del Territorio, pervenuta in data 10/05/2019 con prot. n. 22088/2019, con
condizioni”; e la “deliberazione del Consiglio Comune della città di Verbania n.
95/2018”).
Le opere autorizzate consistono nella realizzazione di un nuovo impianto ludico
sportivo costituito da una pista ad anello dello sviluppo lineare di mt. 350, per una
larghezza variabile dagli 8 ai 10 metri, con curve paraboliche in elevazione sino a
mt. 5 di altezza sul piano campagna. È prevista anche la realizzazione di un
N. 00428/2020 REG.RIC.
parcheggio auto (ampiezza di circa 5.000 mq), due edifici di servizio e una pista
per l’esercizio della scuola bici.
L’intervento interessa un’area oggetto di vincolo paesaggistico ex art. 136, comma
1, lett. c) e d) del D.Lgs. n. 42/204 (disposto in via puntuale dal D. M. 21/06/1977,
recante “Dichiarazione di notevole interesse pubblico di una zona nei comuni di
Mergozzo, S. Bernardino Verbano e Verbania”) ed è inoltre identificata all’interno
del Piano Paesaggistico Regionale (PPR) vigente (approvato con deliberazione del
Consiglio Regionale 3 ottobre 2017, n. 233-35836) nell’Ambito di paesaggio 12
(costiera nord Lago Maggiore), unità di paesaggio 4 dove viene classificato alla
scheda A166 del Catalogo dei beni paesaggistici e dalla Tavola P43.
2. Ritenendo l’opera assentita illegittima, l’associazione Italia Nostra Onlus ha
impugnato i presupposti provvedimenti con ricorso notificato il 10.06.2020 e
ritualmente depositato avanti questo Tribunale lamentando, in una serie di censure,
violazione di legge ed eccesso di potere, instando altresì per il rilascio di misure
cautelari (risolte con ordinanza n. 383/2020 con cui questo Tribunale ha concesso
una sollecita definizione del merito ai sensi dell’art. 55 cpa).
Con memoria depositata il 02.07.2020 si è costituito il Ministero dei Beni e delle
Attività Culturali – Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le
Province di Biella e Novara e Verbano-Cusio-Ossola. Il 23.07.2020 si è costituita
la Malù srl, che ha eccepito altresì la tardività del ricorso, seguita, il giorno
successivo, dal Comune di Verbania. Hanno fatto seguito memoria di replica della
ricorrente (24.07.2020), deposito documentale da parte del Comune (29.03.2021),
memoria della ricorrente (il 06.04.2021), della Malù srl e del Comune (il
08.04.2021) e nuovamente della ricorrente (il 18.04.2021) nonché le memorie di
replica della controinteressata (il 19.04.2021) e dell’amministrazione resistente (il
20.04.2021).
All’udienza pubblica del 11.05.2021, ai sensi dell’art. 25 del D.L. n. 137/2020, la
causa è stata trattenuta in decisione.
3. Il ricorso è infondato.
N. 00428/2020 REG.RIC.
4. Il Collegio ritiene di poter prescindere dalla eccezione di irricevibilità sollevata
dalla Società controinteressata, in considerazione delle risultanze nel merito della
controversia.
5. Con un primo ordine di censure la ricorrente lamenta violazione dell’art. 143,
comma 9 del D.Lgs. n. 42/2004 e delle disposizioni normative, a carattere
prescrizionale, contenute nel Piano Paesaggistico Regionale (PPR) approvato con
Deliberazione del Consiglio Regionale 3 ottobre 2017, n. 233-35836.
In particolare si lamenta la violazione delle prescrizioni del PPR contenute
nell’allegato Catalogo - prima parte dei beni paesaggistici del Piemonte (scheda A
166, riferita all’ambito di paesaggio 12, entro il quale il provvedimento impugnato
esercita la sua efficacia) che così recitano: “Al fine di salvaguardare le aree libere,
agricole e prative, poste tra il campeggio esistente lungo la sponda del lago di
Mergozzo e la strada Verbania-Gravellona Toce e il campo da golf, identificate
come insediamenti rurali m.i. 10 sulla tav. P4, è consentita la sola realizzazione di
eventuali ampliamenti delle limitrofe strutture turistiche e sportive purché poste in
adiacenza agli edifici esistenti. Per evitare la formazione di edificazioni a nastro
lungo il tratto della SS 34 e per garantire la continuità paesaggistica, deve essere
conservato il varco libero identificato nella tav. P4. Eventuali interventi sul
patrimonio edilizio rurale esistente o di nuova realizzazione funzionali alle attività
agricole non devono alterare gli elementi scenico-percettivi che compongono il
paesaggio agrario circostante”.
Da un lato la ricorrente censura il mancato rispetto dei limiti di estensione dei
vincoli del PPR (per l’ambito di paesaggio 12 e unità di paesaggio 12.04) e,
dall’altro, il fatto che le strutture previste in costruzione non costituiscano
ampliamenti di strutture esistenti (segnatamente del camping e del campo da golf)
ma nuove strutture a servizio di un pubblico più vasto.
Le censure non colgono nel segno.
Il Collegio evidenzia preliminarmente che le valutazioni in ambito paesaggistico,
N. 00428/2020 REG.RIC.
incluse quelle di compatibilità degli interventi edilizi con il Piani Paesaggistici
Regionali, siano manifestazione di discrezionalità tecnica che limita il sindacato del
giudice amministrativo ai soli profili di manifesta illogicità, palese contraddittorietà
ed irragionevolezza ed evidenti errori nella valutazione dei presupposti di fatto. “La
valutazione d'impatto paesaggistico di un intervento edilizio, effettuata dalla
Soprintendenza, rientra nell'ambito della discrezionalità tecnica e, se motivata, può
formare oggetto di sindacato del Giudice Amministrativo solo sotto i profili di
illogicità, irragionevolezza o errore nei presupposti” (T.A.R. Campania Napoli
Sez. VII Sent., 06/09/2017, n. 42869). “I rilasci di nulla osta soprintendentizi su
progetti (come su istanze di accertamento di compatibilità paesaggistica) che
riguardano aree soggette a vincolo paesaggistico, o storico artistico, o
archeologico, scaturiscono da giudizi che costituiscono espressione di
discrezionalità tecnica suscettibile, come tale, di sindacato in sede giurisdizionale
soltanto per difetto di motivazione, illogicità manifesta ovvero conclamato errore
di fatto” (T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I Sent., 18/07/2017, n. 1915).
“L'apprezzamento dell'organismo territoriale del Ministero dei beni e delle attività
culturali e del turismo, in quanto avente contenuto tecnico discrezionale, è
assoggettato esclusivamente a un sindacato giurisdizionale esterno, svolto nei
limiti della verifica della corretta percezione da parte dell'organo pubblico dei
presupposti di fatto del provvedere, della completezza dell'istruttoria, della
ragionevolezza della scelta compiuta in relazione alla fattispecie concreta, della
adeguata esternazione delle ragioni della decisione” (Cons. Stato Sez. VI Sent.,
02/07/2015, n. 3294).
Si osserva inoltre, sempre in via preliminare, che non sono condivisibili le censure
mosse dall’amministrazione comunale alla ricostruzione offerta dalla ricorrente
circa il rapporto gerarchico esistente tra PPR e PRGC.
Sebbene il PRG non possa essere individuato come strumento di mera esecuzione
del PPR, è bene ricordare che l’art. 143 del Codice dei Beni Culturali e del
paesaggio prevede, al comma 9 che “A far data dall'adozione del piano
N. 00428/2020 REG.RIC.
paesaggistico non sono consentiti, sugli immobili e nelle aree di cui all'articolo
134, interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel piano stesso. A
far data dalla approvazione del piano le relative previsioni e prescrizioni sono
immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed
urbanistici”. Di recente anche la Corte Costituzionale ha avuto modo di evidenziare
tale cogenza affermando che “È costituzionalmente illegittimo l'art. 36 della legge
regionale Puglia n. 52 del 2019, limitatamente alle parole: "salvo che il comune
interessato non esprima la volontà di non avvalersene con delibera del consiglio
comunale" poiché in tal punto contrasta con il principio di immediata cogenza e
prevalenza delle disposizioni del piano paesaggistico sulle disposizioni dello
strumento urbanistico comunale, di cui al citato art. 143, comma 9, D.Lgs. n. 42
del 2004, risultando, pertanto, invasivo della competenza statale in materia di
tutela dell'ambiente e del paesaggio di cui all'art. 117, comma 2, lett. s), Cost.”
(Corte cost., 21/04/2021, n. 74)
Ciò premesso si ritiene convincente, invece, la tesi dell’amministrazione comunale
che sostiene la compatibilità paesaggistica dell’intervento, come dimostrato dal
rilascio dei positivi pareri sul profilo paesaggistico da parte della Regione e dalla
Soprintendenza (sopra citati), oltre che di tutti gli altri atti di assenso citati nel
provvedimento.
I giudizi espressi in tali pareri dimostrano che il permesso a costruire è stato
rilasciato tenendo in considerazione gli aspetti di tutela paesaggistica, sia con
riferimento alla tutela di cui all’art. 136 comma 1 lett c) e d) del D lgs 42/2004
(attuata con DM 21/06/1977 “Dichiarazione di notevole interesse pubblico di una
zona nei comuni di Mergozzo S. Bernardino Verbano e Verbania”, di cui alla
Scheda A166 del Catalogo dei beni paesaggistici del Piemonte) che con riferimento
alla tutela ai sensi dell’art 142, comma 1, lett. c) D lgs 42/2004 (ai sensi dell’art. 14
delle Norme di attuazione del PPR), con riferimento alla tutela dei corsi d’acqua
(nello specifico il canale di Mergozzo, che scorre nel bacino paesaggistico in
N. 00428/2020 REG.RIC.
argomento).
Le medesime considerazioni sono svolte con riferimento al PPR. La zona
interessata dall’intervento, infatti, è inserita nella Tav. P4 e negli elenchi di cui
all’art. 4 delle NdA.
Dagli atti di causa emerge che le componenti paesaggistiche caratterizzanti l’area
risultano essere il riconoscimento come “zona fluviale allargata” (art. 14 delle
Norme di Attuazione - NdA del Ppr); la presenza di “Aree rurali di specifico
interesse paesaggistico - SV4 - Lago di Mergozzo, canneti e piana di deposito
verso il lago Maggiore” (art. 32 NdA del Ppr); l’individuazione di “morfologie
insediative m.i.10: aree rurali di pianura o di collina” (art. 40 NdA del Ppr).
Il Comune evidenzia, nelle proprie memorie, che la pista oggetto di intervento è
collocata al margine delle aree libere oggetto di salvaguardia, è in posizione
defilata, a ridosso di alberature (che non compromette), non compromette le visuali
verso il Lago Maggiore né quelle verso le aree agricole, non interessa la sponda
fluviale e può essere considerato un ampliamento del limitrofo campeggio esistente.
Tali posizioni trovano conferma nelle valutazioni svolte dalla Regione Piemonte la
quale, già in sede di riscontro ad una richiesta di riesame da parte dell’odierna
ricorrente, evidenziava altresì che “per l’ambito di cui al DM 21 giugno 1977 sopra
citato, la Scheda A166 del Ppr prevede una serie di prescrizioni operative e
complementari, riguardanti, in particolare, la salvaguardia delle aree libere poste
tra il campeggio esistente lungo la sponda del lago di Mergozzo, la strada
Verbania Gravellona Toce e il campo da golf, salvaguardia strettamente correlata
al mantenimento delle visuali che sono percepibili da detto asse stradale verso il
lago di Mergozzo. Tale aspetto è sottolineato dallo stesso Ppr che individua il
tratto di strada corrispondente all’area libera come “varco” finalizzato alla
conservazione della continuità paesaggistica tra la strada e il lago di Mergozzo. In
merito alle prescrizioni relative alle fasce di pertinenza fluviale il Ppr (art. 14 delle
NdA) prevede, in caso di intervento, la ricomposizione del sistema della
vegetazione ripariale attraverso opere di mitigazione e compensazione. La verifica
N. 00428/2020 REG.RIC.
contestuale delle diverse condizioni disciplinate dalla normativa del Ppr in
relazione alla dichiarazione di notevole interesse pubblico e alla presenza della
fascia fluviale, e l’esame del progetto - in riferimento al tipo di intervento previsto
che non comporta la compromissione delle visuali verso il Lago di Mergozzo,
trattandosi di intervento sostanzialmente di sistemazione del terreno per la
realizzazione della pista collocato a margine delle aree libere da salvaguardare
che non risultano interessate dall’intervento, posto in posizione defilata, addossata
ad area boscata, e che non interessa la sponda fluviale - hanno condotto il Settore
scrivente all’espressione favorevole condizionata al rispetto di specifiche
indicazioni progettuali tali da garantire la compatibilità paesaggistica
dell’intervento” (cfr nota 11.100/GESPAE/552/2019A/A1600A, dalla Regione alla
odierna ricorrente, cfr. doc. 05A di parte resistente).
La Soprintendenza e la Regione Piemonte hanno verificato (come risulta
rispettivamente dalle note 11.100/552/2019A/A16.000 - cfr. doc. 4 di parte
ricorrente – e prot. 7001 del 10.06.2019 – cfr. doc. 5 di parte ricorrente) che
l’intervento proposto fosse conforme con le prescrizioni contenute nel PPR e che
risultasse compatibile con le finalità di tutela delle componenti fisico-naturalistiche
dell’ambito (parzialmente tutelato ai sensi degli artt. 136 e 142 c. 1 lett. c) del
D.Lgs 42/2004 e s.m.i.), con la salvaguardia dei valori paesaggistici riconosciuti
nel provvedimento di dichiarazione d’interesse pubblico imposto con D.M. 21
giugno 1977 e, infine, che fosse conforme con le specifiche prescrizioni d’uso
riportate nella scheda A166 del Catalogo dei beni paesaggistici del Piemonte,
(prima parte).
Nel rilasciare l’autorizzazione paesaggistica (ai sensi dell’art. 146 del D.Lgs. n.
42/2004) la Regione (e conseguentemente la Soprintendenza, nel proprio parere
vincolante, che richiama il lavoro effettuato dalla Regione) ha formulato alcune
condizioni per l’efficacia del provvedimento, così descritte: “le modifiche
all’attuale conformazione del terreno del lotto in progetto, dovranno essere limitate
N. 00428/2020 REG.RIC.
alle esigenze strettamente necessarie alla realizzazione delle opere previste, così
come per la strada esistente lungo il lato ovest dell’area di riferimento, che dovrà
essere conservata nella sua integrità e naturalità, qualora interessata da eventuali
interventi temporanei; per gli edifici a servizio delle attività sportive siano fatte
salve tutte le indicazioni tipologiche e di materiali riportate nelle tavole progettuali
e nella relazione paesaggistica ivi prodotte e comunque abbiano caratteristiche
(materiali, colori) simili a quelle presenti nell’adiacente campeggio esistente; per
quanto riguarda la colorazione sia della pista principale per biciclette che quella
del “pump track”, sia previsto un colore uniformato su tutte le superfici delle
strutture con tonalità di colore delle terre naturali; sia potenziata la fascia arborea
in progetto posta lungo il perimetro del parcheggio antistante la pista di mountainbike-
cross da realizzare, utilizzando essenze autoctone e di pronto effetto, al fine di
migliorare la qualità ambientale complessiva dell’opera con l’ambito paesaggistico
di riferimento; inoltre si preveda un ulteriore incremento della zona a verde
mediante la creazione di aree con arredo vegetazionale disposto a macchia, con
piantumazioni arboree, arbustive e cespugliose la cui collocazione abbia funzione
di limitare la geometrica linearità della superficie ad uso parcheggio, avendo cura
di potenziare sensibilmente la proiezione visiva percepibile dalla direzione ovestsud-
ovest; nella parte di area in progetto con destinazione d’uso a prato verde, sia
salvaguardata la presenza di elementi minori di vegetazione prevedendo l’impianto
di ulteriori alberi posti a piccoli gruppi, a macchia o a boscaglia ed arbusteto, in
quanto dal punto di vista paesaggistico-ambientale, gli stessi contribuiscono a
mantenere la stabilità agroecosistemica del paesaggio rurale di riferimento”.
Se questo è il quadro di riferimento istruttorio sotteso al permesso a costruire,
emerge che i profili di presunta difformità dal PPR censurati dalla ricorrente sono
stati invece positivamente valutati dalle amministrazioni procedenti.
Più nel dettaglio, nel parere rilasciato dalla Regione si legge che “accertato che
l’intervento proposto, ricadente all’interno dell’area tutelata con provvedimento di
dichiarazione d’interesse pubblico imposto con D.M. 21 giugno 1977 avente per
N. 00428/2020 REG.RIC.
oggetto: “Dichiarazione di notevole interesse pubblico di una zona nei Comuni di
Mergozzo, S. Bernardino Verbano e Verbania”, appare compatibile con la
salvaguardia dei valori paesaggistici riconosciuti nel provvedimento e risulta
conforme con le specifiche prescrizioni d’uso riportate nella scheda A(166) del
Catalogo dei beni paesaggistici del Piemonte, Prima parte; in particolare
l’inserimento paesaggistico dell’intervento tutela i valori paesaggistici del bene, la
morfologia naturale dei luoghi e i caratteri scenico-percettivi dell’area,
salvaguradando le aree libere, agricole e prative, poste tra il campeggio esistente
lungo la sponda del lago di Mergozzo e la strada Verbania-Gravellona Toce e il
campo da golf” e che “tenuto conto che le opere proposte possono considerarsi un
ampliamento al limitrofo campeggio esistente, in area posta lateralmente rispetto
alla visuale che salvaguarda le aree agricole e/o prative tra il campeggio esistente
lungo la sponda del lago di Mergozzo, la strada Verbania-Gravellona Toce ed il
campo da golf esistente, che la medesima struttura non pregiudica la limitrofa zona
boscata esistente, conservando la continuità delle visuali identificate dal varco
libero presente lungo la viabilità della S.S. n 34, così come individuato dal Ppr
nella Tav P4 delle “Componenti paesaggistiche”.
La Regione ritiene che le opere sarebbero collocate in “in area posta lateralmente
rispetto alla visuale che salvaguarda le aree agricole e/o prative tra il campeggio
esistente lungo la sponda del lago di Mergozzo, la strada Verbania-Gravellona
Toce ed il campo da golf esistente”.
L’ente regionale, pertanto, nell’attestare la conformità del progetto rispetto alla
scheda A166 esclude che le relative opere ricadano nell’area di cui parla la
ricorrente, vale a dire direttamente tra “le aree libere, agricole e prative, poste tra
il campeggio esistente lungo la sponda del lago di Mergozzo e la strada Verbania-
Gravellona Toce e il campo da golf” (identificate come insediamenti rurali m.i. 10
sulla tav. P4, e nelle quali sarebbe consentita “la sola realizzazione di eventuali
ampliamenti delle limitrofe strutture turistiche e sportive purché poste in adiacenza
N. 00428/2020 REG.RIC.
agli edifici esistenti”).
Del resto se i tre confini (campo da golf, SS34 e campeggio) possono individuare
un’area specifica è ragionevole ipotizzare che questa corrisponda alla proiezione
degli stessi sull’area da tutelare. Così operando la superficie oggetto di intervento
resta esclusa dalla previsione specifica della scheda A166 del PPR indicata dalla
ricorrente. Tanto è vero che il parere regionale precisa che l’intervento salvaguarda
le aree libere, agricole e prative, poste tra il campeggio esistente lungo la sponda
del lago di Mergozzo e la strada Verbania-Gravellona Toce e il campo da golf e
che le opere insistono su una zona posta lateralmente rispetto alla visuale che
salvaguarda le citate aree, indicando chiaramente un rapporto di alterità tra la prima
e le seconde.
Ciò rende altresì coerente l’intero impianto motivazionale del parere regionale che,
dopo aver escluso il ricorrere delle limitazioni indicate dalla ricorrente, precisa che
l’intervento appare compatibile con la salvaguardia dei valori paesaggistici
riconosciuti nel provvedimento e risulta conforme con le specifiche prescrizioni
d’uso riportate nella scheda A166 del Catalogo dei beni paesaggistici del Piemonte.
Tale tesi è condivisibilmente sostenuta, in particolare, nelle memorie della Società
controinteressata.
La ricorrente ritiene, invece, che tale ricostruzione sarebbe errata poiché il PPR
(nella scheda A166 citata) includerebbe nelle previsioni appena commentate anche
l’area interessata dalle opere (includendo pertanto quella che si estende non solo tra
il campeggio, la strada Verbania-Gravellona Toce e il campo da golf ma anche
quella delimitata, quale ulteriore limite oggettivo, dal canale naturale opposto al
campo da golf, nella tratta di esso compresa tra l’abitato di Fondotoce, dall’altezza
della intersezione con la strada statale, sino alla sua prossimità con il perimetro del
campeggio già citato).
Militerebbero in tal senso la continuità paesaggistico tipologica delle due aree, il
fatto che il PPR non indichi un quarto confine (quale sarebbe potuto essere la strada
di penetrazione tra la SS 34 e il Campeggio, che taglia in due l’area in questione)
N. 00428/2020 REG.RIC.
ed il fatto che la Tavola P43 del PPR individuerebbe anche l’area interessata dal
progetto sotto la campitura “Sistemi rurali lungo fiume con radi insediamenti
tradizionali e, in particolare, nelle confluenze fluviali”.
Orbene tali argomentazioni non colgono nel segno.
Il fatto che vi sia tra le aree una “continuità” morfologica e che il PPR non indichi
anche un quarto confine non prova nulla.
La campitura indicata dalla ricorrente individua anch’essa solo una porzione
dell’area, mentre quella che accomuna l’intera zona, e che è espressamente
richiamata dalle note prescrittive della scheda A166, si riferisce alle “aree rurali di
pianura e collina (art. 40) M.I.10”. Anche questa non tipizza solo lo spazio di
intervento unitamente a quella che si trova tra i tre confini citati (campeggio,
campo da golf e SS 34), bensì un’area molto più vasta e non può servire pertanto a
definire il confine indicato dalla ricorrente (tale argomentazione, in sostanza, prova
troppo).
Parte ricorrente non offre argomentazioni valide a supportare una lettura diversa e
più aderente ai contenuti del PPR di quella offerta dalle amministrazioni procedenti
(ed in particolare dalla Regione nel parere citato). Per tali ordini di ragioni non vi
sono motivi per sostenere che le prescrizioni limitative relative alla “sola
realizzazione di eventuali ampliamenti delle limitrofe strutture turistiche e sportive
purché poste in adiacenza agli edifici esistenti” trovino applicazione nell’intervento
in questione e che pertanto le valutazioni della Regione Piemonte e della
Soprintendenza (e di conseguenza il provvedimento comunale) impugnate siano
irragionevoli, illogiche o travisate nella valutazione dei presupposti di fatto e di
diritto.
Per tale motivo il primo motivo di ricorso non è fondato.
5. Con un secondo ordine di censure la ricorrente lamenta eccesso di potere per la
violazione delle parti non prescrittive del PPR. Nel dettaglio censura:
- la mancata osservanza degli obblighi in materia di valutazione congiunta e non
N. 00428/2020 REG.RIC.
parcellizzazione di progetti connessi, sostenendo che il progetto assentito si
presenta come funzionale e non disconnesso da un ben più ampio progetto di
realizzazione di strutture turistico ricettive (già oggetto di una conferenza di servizi
preliminare svoltasi il 26.07.2017 presso il SUAP di Verbania e che avrebbe
assoggettato l’iniziativa a verifica preliminare di VIA di competenza provinciale) e
non sarebbe stato assoggettato alle valutazioni di impatto ambientale per
quest’ultimo prescritte;
- il mancato rispetto delle linee strategiche dello stesso PPR regionale che porrebbe
il progetto in contraddizione con più alti obiettivi previsti nel Piano, vale a dire: la
possibilità dell’ampliamento della riserva speciale (auspicato all’interno degli
indirizzi e orientamenti strategici fissati per l’ambito di paesaggio 12); la
valorizzazione del rapporto lago-montagna; la sottoposizione a maggior tutela
dell’area del lago di Mergozzo; la riduzione del traffico lungo la strada litoranea; la
tutela e l’incentivazione delle attività agricole attraverso la conservazione del suolo;
la valorizzazione e la leggibilità del paesaggio agrario e dei contesti rurali ex art. 32
delle NTA del PPR; gli indirizzi legati alla presenza della riserva speciale di cui
all’art. 17 delle NTA.
Il Collegio osserva che le censure mosse dalla ricorrente e rubricate come “eccesso
di potere” siano vagamente riconducibili a figure sintomatiche come la
contraddittorietà, il travisamento dei fatti, l’illogicità. La strutturazione delle
censure, inoltre, è solo latamente riconducibile ad un vero e proprio motivo
specifico di ricorso ai sensi dell’art. 40 c.p.a.
Si rileva pertanto che la genericità del contenuto di tali censure, l’assenza di un
principio di prova, la formula dubitativa in cui la maggior parte di esse sono
formulate non consentono alcun tipo di sindacato di legittimità. Le valutazioni
richieste, per l’ampiezza dei parametri di riferimento e la tipologia di interessi da
comparare attengono più al merito amministrativo che ad un sindacato
giurisdizionale di legittimità.
In giurisprudenza si è consolidato un orientamento, condiviso da questo Collegio,
N. 00428/2020 REG.RIC.
secondo il quale “la normativa dell'art. 40 del D.Lgs. n. 104/2010 che prescrive
che i motivi specifici, su cui il ricorso si fonda, devono essere formulati
distintamente nell'ambito del medesimo è finalizzata ad ammettere alla delibazione
del giudice amministrativo esclusivamente ricorsi dal contenuto chiaro e di
agevole lettura e di porre argine a qualsivoglia prassi, per cui i ricorsi, oltre ad
essere prolissi e poco sintetici, non contengano una esatta articolazione, tal da
permettere l'ingresso dei vietati c.d. motivi intrusi, motivi dubitativi o motivi
indiretti” (T.A.R. Puglia Bari Sez. II, 21/09/2020, n. 1193). “Nel ricorso presentato
al giudice amministrativo i motivi di gravame, pur se non rubricati in modo
puntuale né espressi con formulazione giuridica assolutamente rigorosa, devono
essere però esposti con specificità sufficiente a fornire almeno un principio di
prova utile alla identificazione delle tesi sostenute a supporto della domanda
finale, oltre che per rispondere ad esigenze di certezza e garanzia, così come
prescritto dal vigente art. 40 del D.Lgs n. 104/2010 e dell'esperienza
giurisdizionale pregresse, nel quale si richiede l'esposizione "dei motivi specifici su
cui si fonda il ricorso"; conseguentemente è inammissibile il ricorso privo di
esposizione dei "motivi specifici" su cui il ricorso medesimo trova giustificazione e
fondamento” (T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, 10/04/2020, n. 564). “Nel processo
amministrativo, ai sensi dell'art. 40, comma 2, D.Lgs. n. 104/2010 (CPA) sono
inammissibili le censure che non siano espresse attraverso motivi specifici di
impugnazione” (T.A.R. Toscana Firenze Sez. III Sent., 03/02/2016, n. 193).
Per tali ragioni le questioni le censure in argomento sono inammissibili.
6. Con un terzo ordine di censure si lamenta la violazione del PRG del Comune di
Verbania, con particolare riferimento alla allegata scheda di indirizzo n. 90 e
all’allegato “ATZ” (che individuerebbe le aree del “sistema a verde”). La ricorrente
nella memoria del 18.04.2021 evidenzia ulteriori profili di incompatibilità
urbanistica (con riferimento alle classi di rischio di cui alla tavola PG7 del PRG)
novativi rispetto a quanto contenuto nel ricorso e che pertanto non possono essere
N. 00428/2020 REG.RIC.
scrutinati.
Sotto il primo profilo la scheda 90 si riferirebbe (in contrasto con la Carta degli Usi
del Suolo PR3 dello stesso Piano) solo all’art. 27 delle NTA (che disciplina aree a
carattere turistico ricettivo non alberghiero, tra cui rientra il limitrofo campeggio,
sempre di proprietà della Società controinteressata) e non all’art. 16 (aree a servizi
pubblici) che invece l’amministrazione (a partire dalla convenzione di cui alla
delibera C.C. di Verbania n. 95/2019) ha posto a base dell’intervento assentito.
L’ambito pertanto potrebbe risultare privo di linee guida (in forza della lamentata
contraddizione interna al PRG). La ricorrente propone una diversa lettura,
coordinata e sistematica, ipotizzando che la scheda metterebbe in correlazione
l’utilizzazione dell’ambito destinato alla ricettività turistica non alberghiera,
regolata dall’articolo 27, con quello a servizi regolata invece dall’articolo 16,
facendo carico all’utilizzatore del primo degli interventi compensativi, a valenza
ambientale, anche per gli interventi da effettuare nel secondo. L’amministrazione
avrebbe pertanto disatteso tale funzione compensativa estesa.
Sotto il secondo profilo la ricorrente evidenzia che l’allegato ATZ al PRGC
(indicato come quello disciplinante “sistema a verde”), individuerebbe l’intera area
oggetto del permesso di costruire che si collocherebbe all’interno del “sistema del
verde”. In particolare, la legenda dell’allegato assegnerebbe all’area la destinazione
a “Parco fluviale”. Questo dimostrerebbe una volta in più la interpretazione sopra
fornita per la quale il mancato riferimento all’art. 16, per l’area in questione, di cui
alla scheda 90 militerebbe per la necessità di interventi compensativi (tanto più che
lo stesso art. 16 delle NTA richiama esplicitamente le schede di indirizzo) del tutto
disattesi.
Anche questa serie di censure non colgono nel segno,
In primo luogo emerge, dalla lettura del PRGC, che nell’allegato PRB-Schede di
indirizzo, la scheda n. 90 (che in base a quanto riportato dalla Carta degli usi del
suolo PR3-foglio 9 insiste sull’area oggetto dell’intervento) si riferisce alle aree
disciplinate dall’art. 27 e non menziona l’art. 16.
N. 00428/2020 REG.RIC.
È pur vero però che la stessa Carta di cui alla scheda PR3 esplicita chiaramente che
la destinazione dell’area è quella di cui all’art. 16 (desumibile dalla chiara
campitura utilizzata per le aree per servizi ed attrezzature pubbliche e di uso
pubblico con l’indicazione, attraverso la lett. “C”, che si tratti di una area per spazi
pubblici a parco, per il gioco e lo sport).
La scheda 90 citata prevede una serie di vincoli e parametri urbanistici. Indica
inoltre la realizzazione di alcune opere di compensazione eventualmente
monetizzabili attraverso la convenzione comunale (segnatamente: a) formazione di
“masse vegetali”, con successiva evoluzione di tipo naturale, dove indicato dalla
scheda grafica, aventi lo scopo di ampliare le aree di carattere naturalistico della
piana; tali aree devono essere trattate con modalità tali da favorire lo sviluppo
naturale della vegetazione e della fauna; b) realizzazione di filari alberati, realizzati
con essenze tipiche del paesaggio delle aree di pianura, da localizzare lungo la
strada di accesso al campeggio e al perimetro del campeggio, con lo scopo di
realizzare una “quinta vegetale” idonea ad attenuare l’impatto visivo dall’esterno di
attrezzature del campeggio e delle attività florovivaistiche).
L’art. 16 delle NTA prevede che “le norme di attuazione e/o le schede di indirizzo
prescrivono la messa a disposizione di specifiche aree per usi pubblici in aggiunta
a quanto determinato …” e che “nelle aree destinate a parco per il gioco e lo sport
potranno essere mantenute le colture e le attività agricole esistenti, quando ciò
risulti compatibile con il progetto di utilizzazione dell'area, a condizione che ciò
non ne impedisca comunque la percorribilità pedonale e ciclabile e che risulti
definito mediante convenzione approvata dal Consiglio Comunale” e richiama le
schede di destinazione, tra cui evidentemente anche la n. 90 (in una logica di
interpretazione sistematica del Piano è il caso di notare che laddove il PRG ha
inteso far prevalere il valore precettivo delle schede di destinazione sulla parte
normativa lo ha espressamente previsto, come nel caso dell’art. 21 delle NTA).
Controparte e controinteressata sostengono condivisibilmente nelle proprie
N. 00428/2020 REG.RIC.
memorie la necessità di una lettura integrata e coordinata degli artt. 16 e 27 e della
scheda di destinazione n. 90, non essendovi alcun argomento per ipotizzare un
rapporto gerarchico o di genere a specie tra le due diverse tipologie di norme, come
sostanzialmente sostenuto dalla ricorrente. L’alternativa sarebbe quella di
riconoscere una contraddizione interna al PRG.
Il Collegio evidenzia pertanto che - in forza di una interpretazione sistematica delle
varie disposizioni in commento (ma la stesso ragionamento varrebbe laddove
ammettessimo di essere in presenza di una contraddizione interna al Piano) - anche
se la scheda 90 si riferisce testualmente all’art. 27 del PRG (quindi alle strutture
ricettive non alberghiere, in parte comprese nel confine di tale scheda, cfr. doc. 10
di parte ricorrente) graficamente indica anche una parte dell’area di cui si discute (e
che pacificamente è disciplinata dall’art. 16 citato).
Tale apparente contraddizione, ai fini del presente giudizio, non rende le previsioni
contenute nella scheda 90 (proprio nella parte in cui imporrebbe la realizzazione
delle opere compensative citate) precettive al punto da modificare l’utilizzabilità
dell’area in deroga a quanto previsto dall’art. 16 del PRG, con la conseguenza di
rendere illegittimo il permesso a costruire rilasciato.
Tale conclusione è desumibile da plurimi elementi interpretativi di ordine
sistematico: la chiara destinazione dell’area a servizi pubblici ai sensi dell’art. 16
(peraltro mai contestata dalla ricorrente); il tenore letterale di tale articolo e la
tipologia di rimando “debole” in esso contenuto alle schede di destinazione; la
possibilità di monetizzare gli obblighi compensativi (che pertanto non sono
imprescindibili); il coinvolgimento solo parziale dell’area nell’eventuale
realizzazione di opere compensative. Anche il riferimento contenuto nel ricorso
all’allegato ATZ al PRG (non rinvenibile agli atti ma che probabilmente fa
riferimento all’Allegato Tecnico AT7 al PRG, denominato “sistema del verde”) non
coglie nel segno. A differenza di quanto sostenuto dalla ricorrente infatti l’area
oggetto dell’intervento non viene inserita tra le zone soggette a “parco fluviale” ma
tra quelle a “verde urbano e attrezzature sportive”, a confermare una volta di più la
N. 00428/2020 REG.RIC.
prevalenza della destinazione di cui all’art. 16 su ogni altro riferimento contenuto
nelle schede di destinazione del PRG.
Dalla scheda 90 allegata al PRG pertanto non si può desumere alcun vincolo
relativo alle opere compensative gravante sull’area oggetto di intervento che renda
illegittimo il titolo abilitativo rilasciato.
Per tali ordini di ragioni anche il terzo ordine di censure non è condivisibile e
risulta infondato.
7. Il ricorso nel suo complesso è infondato e pertanto dev’essere respinto.
8. In considerazione dei fatti di causa e della tipologia di questioni giuridiche
affrontate sussistono i presupposti per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2021 tenutasi
mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto previsto
dall’art. 25, comma 2, del d.l. n. 137/2020, con l'intervento dei magistrati:
Carlo Testori, Presidente
Marcello Faviere, Referendario, Estensore
Valentina Caccamo, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Marcello Faviere Carlo Testori





mercoledì 19 maggio 2021

ISOLE DEL LAGO: AFFONDA IL PONTE

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 Crolla un altro ponte in Italia | laRegione

Sembra che questa volta non sia necessario aspettare un qualche evento estremo per metter fine a quella che avrebbe potuto diventare un’altra opera effimera. Il ponte (temporaneo) lanciato, tra le due piccole isole, dalla intraprendenza di uno dei più influenti esponenti locali della imprenditoria turistica, rischia di affondare prima ancora di essere realizzato. La verifica che il governo municipale ha voluto fare con l’ascolto diretto di una parte, almeno, di quelli che sarebbero i primi a “beneficiarne”, non sembra abbia lasciato dubbio alcuno e il pollice verso sia stato il risultato dell’incontro svolto con i residenti di una delle due isole destinate, secondo il progetto, alla fusione in una. Sino a quel momento, il governo locale era stato, sulla questione, molto prudente, non sposando nessuna delle due tesi; né quindi manifestando entusiasmo, né scetticismo, segno anche di una non unanime visione al suo interno. Ora però, dopo la bocciatura popolare, pare difficile non pretendere che una qualche presa di posizione ufficiale venga espressa e, auguratamente, si ponga fine a questa vicenda che, sin qui, ha manifestato tutta la sua povertà culturale. Bene dunque hanno fatto i residenti a motivare il loro no, che, dalla lettura della cronaca, non sembra solo espressa da ragioni “sentimentali”, ma anche da altre più strutturate e pregnanti e che hanno indicato proprio la inconsistenza di marketing di quel progetto: dannoso più che virtuoso; proprio il contrario di quello che sin qui qualcuno ha voluto far credere e continuerà a far credere. Si ponga dunque fine alla baracconata messa in campo e il capo del governo locale chiuda la vicenda in maniera autorevole e definitiva. Poi apriamo altre discussioni: non ultima la candidatura di quei luoghi a sito dell’Unesco.

lunedì 17 maggio 2021

VEGLIO: IL BORGO RISCOPERTO

 

L'antico borgo di Veglio, in Comune di Montecrestese, rivive non solo nelle iniziative pioniere di un gruppo di giovani intraprendenti e volenterosi, ma anche nell'attenzione ai valori di testimonianza di un'architettura e di una cultura che il passato aveva modellato secondo forme e modi che il repentino imposto abbandono, hanno lasciato integri nella loro testimonianza. Accanto ai tentativi di rinascita del borgo e del suo contado, necessita quindi attivare un'attenzione a che il processo di rivitalizzazione abbia a procedere secondo passi regolati in maniera accorta e sapiente. Da qui, da questi intenti muove la Sezione di Italia Nostra che oggi ha presentato un proprio dossier alla Regione Piemonte perchè possa avviarsi il processo che pervenga al riconoscimento di Veglio e del suo territorio contermine, quale bene tutelato e vincolato, non dunque perché rimanga un museo dell'abbandono, ma un esempio già attuale e si auspica futuro, di una rinascita guidata che ne restituisca vitalità e bellezza.
Qui nel seguito riproduciamo la proposta presentata insieme alla relazione espositiva. Ci scusiamo per eventuali refusi nel testo da attribuirsi alla trasposizione sul post.


18/05/2021

Prot. 15/21
Spett.le Commissione Regionale art. 137 D. lgs 42/2004
c/o REGIONE PIEMONTE
Direzione Ambiente, Governo e Tutela del territorio
Settore Territorio e paesaggio
C.so Bolzano, 44
10121 TORINO
valorizzazione.paesaggio@regione.piemonte.it
e p. c.
Assessore all’Ambiente, Urbanistica,
Programmazione territoriale e paesaggistica,
REGIONE PIEMONTE
C.so Bolzano, 44
10121 TORINO
vicepresidenza@regione.piemonte.it
Segretariato Regionale del Ministero dei
Beni e delle Attività Culturali e del Turismo per il Piemonte
Piazza San Giovanni, 2
10122 TORINO
sr-pie@beniculturali.it
Spett. Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo
Soprintendenza Archeologica, belle arti e paesaggio per le Province di Biella,
Novara, Verbano Cusio Ossola e Vercelli
C.so Felice Cavallotti 27
28100 NOVARA
sabap-no@beniculturali.it

OGGETTO: Proposta di avvio della procedura per la "Dichiarazione di notevole interesse pubblico, ex art. 136 e seguenti del DLgs. 22/1/2004 n. 42 e s.m. e i. Comune di Montecrestese – Provincia del Verbano/Cusio/Ossola. Nucleo edificato di Veglio-“Castello”torre di segnalazione-Nucleo minore di “Scarpia.”


La sottoscritta “Italia Nostra” – Sezione per il VCO, facente parte della Associazione Nazionale Italia Nostra Onlus, riconosciuta per legge quale associazione di protezione ambientale e portatrice di interessi diffusi;
Visti gli artt. 136, 137, 138, 139, 140 del D. Lgs. n.42/2004 e s. m. e i;
Visto il memorandum relativo alla documentazione di riferimento per la
presentazione delle richieste di “Dichiarazione di notevole interesse pubblico”;

Presenta

a Codesta Spett.le Commissione Regionale, e per conoscenza all’Assessore Regionale competente e agli altri enti in indirizzo, la proposta di:

"Dichiarazione di notevole interesse pubblico"

degli ambiti indicati in oggetto e descritti nell’ allegata relazione informativa.
Auspicando che possa attivarsi la procedura prevista, si pone a disposizione per ogni
ulteriore forma di collaborazione e porge distinti saluti, chiedendo sin da ora di essere
tenuta informata circa l’avvio della eventuale procedimento e il suo seguito.
Pregasi accusare ricevuta della presente, grazie
Italia Nostra
Sezione Verbano/Cusio/Ossola
Il Presidente




RELAZIONE ESPOSITIVA
1. Introduzione
Veglio è una piccola frazione del comune di Montecrestese: l’etimologia del nome deriva
da “ad vigilia”, andando a sottolineare la natura strategica come luogo di osservazione e
controllo. Abitato ancora da una settantina di persone al momento del suo improvviso
abbandono, è rimasto fino a pochi anni fa un luogo di riferimento simbolico dell’abbandono
dei borghi minori in Ossola; da un decennio sta sperimentando una rinnovata stagione di vita
2. Il contesto storico
Secolo XI le origini presunte del borgo Non esistono studi e materiale storico in grado
di attestare con certezza le origini del luogo, ne sono state fatte campagne archeologiche
in zona che abbiano permesso il rinvenimento di reperti. Quanto si descriverà di seguito
dipende esclusivamente dall’osservazione degli oggetti costruiti esistenti, delle tecniche
murarie e da alcuni dettagli che li caratterizzano.
Nella porzione nord del Castello, cosi come nel borgo stesso, è possibile individuare trame
murarie ascrivibili a periodo antecedente l’anno 1000. Il Bertamini, storico che si è occupato
territorio ossolano e quindi anche del Comune di Montecrestesse, cita la presenza
di un oratorio di matrice Romanica demolito in epoca cinquecentesca per poter essere ampliato.
La torre ovest del Castello detto dei “Picchi” riporta ladatazione 1556 in corrispondenza
dell’ultimo intervento di ampliamento tecnicamente rilevabile. Precedentemente a
questo, si rivelano almeno quattro macro-interventi costruttivi, andando a confermare la
stima della data di fondazione del manufatto in epoca antecedente al 1000. Allo stesso
modo, numerosi fabbricati inseriti nel tessuto del villaggio, essendo quest’ultimo un libro
aperto che consente agevolmente la lettura delle tessiture murarie, sono stimabili di matrice
coeva


Secoli XVI-XVII grandi ampliamenti.

Durante questo periodo sono stati realizzati la maggior parte dei manufatti, datati o meno,
che costituiscono oggi la borgata. È di facile prova tale verifica, non solo per la presenza
di date, ma anche per l’impiego di determinati elementi decorativi e soluzioni tecnologiche
proprie di questo periodo. In diversi casi questi manufatti si innestano chiaramente su impianti
più antichi, ma non mancano esempi di nuove fondazioni
Secolo XIX
In analogia con quanto riscontrabile diffusamente nell’Arco alpino e nel territorio limitro a.
Abitato e campagna durante la fienagione fo, in questo periodo è ipotizzabile il momento
3 di maggiore densità abitativa del borgo, tesi confermabile dall’osservazione del tessuto
costruito: si nota in abbondanza la presenza di volumi addizionali agli impianti tardomedievali
e cinquecenteschi. Tali volumi sono andati a riempire i vuoti, le corti e a ridurre gli spazi fra i
fabbricati, pur rispettando sapientemente regole e proporzioni di giustapposizione, tali
da mantenere un buon accesso al sole e protezione dei fabbricati dai venti. Si può notare
come la maggior parte delle superfetazioni riguardi stalle ed edifici di lavoro. Al finire
dell’ottocento risalgono tre interventi di radicale ristrutturazione, finanziati con danaro
proveniente oltreoceano, ovvero dai numerosi emigrati partiti per l’America in cerca di maggior
fortuna; questi fabbricati, conservati in ottimo stato, costituiscono un interessante
dato etnoantropologico nonché tecnologico, in quanto si individuano soluzioni in evoluzione
rispetto alla tradizione costruttiva vernacola, ma sempre in stretto legame con essa.
Il grado di conoscenza tecnica relativa all’impiego della pietra e del legno nelle costruzioni,
raggiungeva localmente forse l’apice in questo periodo. Si hanno infine anche informazioni
circa la quantità dei nuclei famigliari presenti e dell’impiego di questi in ambito rurale, così
come dei primi fenomeni migratori che facevano preludere a quanto sarebbe successo in
seguito

Secolo XX

Ai primi del novecento risale un solo fabbricato di nuovo impianto, una piccola stalla, e
alcuni interventi limitati di ampliamento. Si assiste a una significativa migrazione di abitanti
verso le Americhe: la presenza delle due guerre fa il resto. Veglio, come molti altri
Borghi, si conferma come luogo non più appetibile e proporzionato alle aspettative
di una vita contemporanea. Chi ha interesse nel mantenersi attivo in ambito agricolo, si
sposta comunque nella bassa valle costruendo nuovi insediamenti, altri semplicemente si
spostano in frazioni dello stesso comune servite da strada carrabile.

Nonostante quanto accennato, data la posizione climaticamente felice del paese, la
fertile campagna di pertinenza e la presenza dell’insediamento consolidato, nel primo dopoguerra
Veglio contava oltre un centinaio di abitanti.
b. Catasto Rabbini _ Abitato di Veglio, sviluppo al 1864 Veglio di Montecrestese 4
Il boom economico in corso, i rinnovati stili di vita, la necessità di realizzare una “costosa”
strada carrozzabile hanno posto le basi per u n determinato progetto di abbandono, che si
è concretizzato nello sgombero forzato dellaBorgata nel 1960.
Nonostante non fosse stato riscontrato un reale pericolo di dissesto idrogeologico, il comune
di Montecrestese, mosso dalla proposta di alcuni abitanti della frazione, ha promosso
l’iter per dichiarare inagibile e pericolosa la zona, con motivazioni al limite del risibile e
contrarie all’opinione di esperti chiamati ad esprimersi al riguardo. Questa scelta è stata una
manna per alcuni, che anno visto il versamento di un contributo comunale per realizzare nuovecase altrove e condanna per altri, che si sono visti sfollare dalle forze dell’ordine. Memoria di
tali accadimenti è viva e presente nel tessuto locale.
A fronte di ciò, la maggior parte della popolazione ha potuto spostarsi dove era più “facile”
vivere (o per lo meno andare a lavorare in fabbrica) e il comune ha risparmiato i soldi per la
costruzione della strada.
Una apparente condanna questa, che tuttavia è stata la motivazione per cui questo luogo,
benché in sostanziale stato di rudere, sia attualmente intatto. In particolare l’assenza di
interventi non solo ha evitato che accadessero mutilazioni del tessuto costruito, ma ha
permesso soprattutto di conservare leggibile e intatto tutto il complesso sistema agricolo
che circonda e significa il paese. Non sono sorti infatti nuovi edifici a ridosso del Borgo, triste
elemento che caratterizza tutti i centri storici vicini drammaticamente in abbandono al loro
interno, ma scempiati e resi poco apprezzabili da interventi stridenti sia in essi, che in diretta
prossimità.
Poco dopo l’abbandono ufficiale del paese nascerà un consorzio, il cui scopo sarà di costruire
una pista agrosilvopastorale con il fine di raggiungere l’abitato. La borgata di Veglio verrà
servita da pista solo sul finire degli anni ’70.
Secolo XXI

È dunque da “rudere” che Veglio fa il suo ingresso nell’XXI secolo, rudere tuttavia ancora
attraversato dalla presenza di individui nati in questo luogo e da fruitori occasionali, che
hanno costantemente portato avanti piccole azioni di mantenimento, anche se parziale, del
territorio.
È in questo contesto che il vincolo comunale verrà confutato e rimosso su iniziativa del consorzio
locale, e che vedranno la luce alcuni interventi di recupero portati avanti in maniera
individuale.
Allo stesso tempo verrà aperta una cava in vicinanza al paese, che oltre ai disagi tipici
delle attività di estrazione, avrà anche il merito di costruire un tronco di pista a monte del
paese, agevolando la possibilità di recupero sia del Borgo che della campagna.
Alcuni degli interventi di manutenzione svolti sono stati realizzati con estrema attenzione,
altri sono tendenzialmente negativi, ma di facile recupero data la piccola entità.
Un serio problema attuale è la completa mancanza di strumenti urbanistici (non ancora aggiornato il PRGC dopo la rimozione del vincolo idrogeologico e risulta zona agricola),che espone il borgo a potenziali rischi di grande entità dato il non riconoscimento di centro storico e la possibilità per chiunque di intervenire senza una logica coerente al valore del luogo.
3. Il contesto morfologico
Elementi costitutivi del paesaggio Citando l’opera di Eugenio Turri che utilizzava
il termine “iconema” per definire un macroelemento costitutivo del paesaggio, si può riassumere
l’assetto morfologico di Veglio in un sistema di tre anfiteatri naturali contenuti fra
due promontori. Il primo promontorio, rivolto verso Sud, presenta in sommità una serie di
fabbricati rurali mentre alla base si trova l’Oratorio di San Marco. Il secondo promontorio è
rivolto a Nord e si protende maggiormente nella valle: esso ospita il castello, che approfitta
della vista particolarmente profonda, sia verso sud che verso nord. Fra queste due emergenze
trovano collocazione tre nicchie naturali, tre anfiteatri: il più piccolo e raccolto, di circa
un ettaro di dimensione, ospita il borgo di Veglio a cui si antepone un pianoro; il secondo si
colloca al di sotto di esso ed è storicamente dedicato a piante da frutto e campi; il terzo, il
più grande, si estende sopra il paese ed era invece riservato per lo più alla coltivazione dei
vigneti.
Vie di accesso
Si possono individuare tre principali vie di accesso. La prima, rivolta verso il centro dell’attuale comune di Montecrestese, unisce in poco meno di un chilometro il paese alle frazioni di Chezzo
e Lomese. La seconda si snoda dal paese al castello per risalire la valle Antigorio verso gli alti passi;
quest’ultima risulta in parte danneggiata, al di fuori del territorio di Veglio, dalle attività estrattive,
giacimenti esausti non bonificati ed in completo stato di abbandono.
La terza, e più affascinante, si tende fra Veglio e la vicina Pontemaglio: essa è in gran parte
costituita da una scalinata incastonata in emergenze rocciose, chi la percorre gode di un ampio panorama. L’apice delle scalinate in pietra termina con una cappella votiva. A monte del paese si presenta la via d’accesso agli alpeggi, unico passaggio in un versante particolarmente aspro, perciò via largamente utilizzata in passato per l’inalpamento di molti capi anche provenienti da altre località.
Si individuano sul territorio altri sentieri minori, caduti in disuso e difficilmente percorribili se
non da chi conosca attentamente la zona.
4. Il contesto tecnologico
Materiali costitutivi del tessuto costruito È possibile rinvenire in Veglio abbondanza di
“trovanti”, sia di Beola che di Serizzo, due tipologie di pietra largamente diffuse sul territorio
e particolarmente impiegate nelle costruzioni. Una certa fortuna ha caratterizzato le opportunità
di approvvigionamento di materiale lapideo di buona qualità per chi si è trovato a dover
costruire. Ciò si riflette in maniera significativa sulla qualità, talvolta decisamente inattesa, dei
manufatti; questo aspetto si riscontra qui in particolare in relazione ai paramenti murari.
A livello di essenze lignee, oltre all’impiego di castagno, si riscontra un’ampia presenza di
larice proveniente dai soprastanti alpeggi. L’u so di rovere è scarso, se non in edifici tardo
ottocenteschi. Il legname tenero quale l’abete,è principalmente impiegato per mobili o pavimentazioni
di edifici sette-ottocenteschi. La calce era cotta nelle vicinanze, infatti a circa
300 metri dal paese vi sono i resti della fornace più prossima.
Più tecniche a confronto
La particolare condizione in cui si è trovato il paese negli ultimi cinquant’anni di vita, il diffuso
stato di abbandono e la mancanza di interventi, ha reso il costruito del borgo un libro aperto,
catalogo inerente le tecniche costruttive in elevazione in pietra, sia ad umido che a secco.
È molto significativo leggere le trame delle murature presenti, in quanto rappresentano
epoche costruttive, storiche e tecnologiche anche molto differenti. Il catalogo è ampio, riportando
un continuum evolutivo quasi ininterrotto, dall’alto medioevo a i primi anni del ‘900.
5. Il contesto agricolo/colturale Metodologia di infrastrutturazione della campagna di pertinenza

La Campagna su cui storicamente gravita il Borgo di Veglio è di circa 30 ettari, interamente
occupati da sistemi di terrazzamenti in pietra a secco. L’abbondanza di materiale lapideo
ha consentito la realizzazione di manufatti di buona fattura. Il sistema si compone di svariati
elementi: ai terrazzamenti per coltivi, si affiancano canali di regimentazione delle acque,
percorsi, muraglioni di confine, colonnati per pergole vitate.
Coltivazioni storicamente diffuse Il territorio in questione è storicamente caratterizzato
da una agricoltura di sussistenza, necessariamente policolturale. Tuttavia si
possono individuare alcune coltivazioni prevalenti e largamente diffuse in passato, quali
la castagna da frutto, la patata, il mais, il fagiolo, la segale, il grano saraceno, la vigna, piante
da frutto di varia natura ad alto fusto (in particolare meli di cui ancora esistono esempi
secolari) e orticoltura intensiva. Testimonianza della presenza di attività cerealicola sono i ruderi
di cinque mulini collocati in prossimità del Castello.
Sezione verticale del paesaggio agricolo Il sistema agricolo del Borgo è da leggere
attraverso una sezione verticale che attraversa tutta la montagna: si fa riferimento alla
presenza di maggenghi e pascoli di media ed alta quota, capaci di ampliare notevolmente
gli ettari agricoli di pertinenza al Paese; solo attraverso lo sfruttamento di tali risorse era
possibile garantire i foraggi necessari al bestiame;
Da queste zone preveniva il principale approvvigionamento di legname da opera e vi
trovavano collocazione attività di produzione di carbone da legna e pece.
Fertilità e presenza di acqua

La campagna prospicente il borgo di Veglio è particolarmente fertile, ricca di acqua e di terra
organica. Queste caratteristiche, che hanno costituito un elemento fondamentale per le popolazioni del passato ed hanno concorso a motivare la formazione del Borgo, sono da considerarsi
alla base di un possibile recupero agricolo della zona, che si offre agevolmente a più
impeghi di natura agricola.

6. Beni di interesse architettonico e artistico
Il castello chiamato “Torre dei Picchi” Manufatto architettonico già citato in precedenza,
costituito da un avamposto militare collocato su di un promontorio, ideale punto
di osservazione, realizzato in un susseguirsi di epoche. Rimandando al testo precedente per
le informazioni circa la datazione della struttura, si aggiunge che esiste un rilievo dei ruderi
del castello realizzato dall’architetto Carlo Nigra risalente agli anni ’30 del novecento: in
questo rilievo la torre più antica presentava il fronte est ancora intatto. L’immoile, erroneamente
non presente sulle mappe catastali (indicato come terreno), risulta comunque di proprietà
del Comune di Montecrestese. L’Oratorio di San Marco Eretto previa demolizione di una struttura romanica diversamente orientata, l’oratorio di San Marco è dotato di porzione absidale fondata
in epoca cinquecentesca ed orientata a ponente. La struttura è stata realizzata in tre
macro fasi costruttive chiaramente leggibili: la porzione absidale, il primo tronco di navata
e la conclusione della navata, completa della facciata, recante il millesimo 1668. L’oratorio
è stato in uso fino allo svuotamento del paese. La spogliazione degli arredi risale agli anni 70,
da successive scelte operate dalla parrocchia ed infine dai furti. Divenuto deposito collettivo
fra gli anni ’90 e 2000 è stato re-adibito a funzione pristina nel 2015, anno in cui è stata
posata una nuova pala d’altare in sostituzione di quella perduta.
L’oratorio di San Marco presenta una facciata un tempo arricchita con 4 opere ad affresco
ed un apparato decorativo minimo. Il pessimo stato di conservazione rende apprezzabile
solo in parte i due affreschi centrali. Il lunotto superiore, contenuto all’interno del timpano, è
l’elemento che meglio si è mantenuto. Alla spogliazione degli arredi, all’interno è sopravvissuto
in parte l’altare maggiore: benché sia andato in pezzi il paliotto in scagliola nelle operazioni
di furto, la parte superiore, essendo completamente realizzata in muratura e stucco non
ha destato interesse e si è integralmente conservata, ad eccezione dell’asportazione della
pala. La nuova tela proviene da Basilea, opera dell’artista svizzero Buchwalder reinterpreta l’architettura e il contenuto della pala antica in chiave contemporanea, saldandosi alle cromie
dell’aula dell’oratorio. Al centro spicca la figura riconoscibile della Madonna con Bambino, ai
cui lati si trovano San Marco evangeliste e San Carlo Borromeo. I modelli dei volti e dei simboli
presenti è mutuato rispetto a ciò che si può trovare dall’osservazione degli affreschi diffusi
nel borgo, le cromie reinterpretano i colori attualmente presente nella chiesa, tendendo a
fondere la tela con il suo intorno.
Architettura religiosa diffusa

Il comprensorio del borgo conta cinque cappelle minori collocate su pubblica via pedonale,
tutte in buone condizioni di conservazione a livello strutturale. Realizzate in epoche differenti,
la più antica è attribuibile all’XVII secolo, mentre la più recente risale alla metà del XIX. Oltre
alle cappelle sopra citate, su alcuni fronti di fabbricato sono presenti affreschi votivi degni
di nota, come in particolare una madonna con bambino reggente il globo databile alla fine del
XVI secolo. Anche in questo caso si nota come l’affresco è realizzato su precedenti opere. Si
contano inoltre elementi decorativi di interesse anche all’interno di alcuni fabbricata: un camino
seicentesco decorato ad affresco e l’apparato decorativo settecentesco presente in relazione
ad alcuni varchi appartenenti al fabbricato Nella porzione centrale del borgo si individuano
i ruderi di un poderoso edificio fortificato, chiaramente individuabile come casa-forte.
Spicca il timpano dotato di piccionaia ed alcune finiture marmoree che arricchiscono
delle porte di accesso. Dall’analisi del fronte ovest si nota come alcune finestre a sesto
acuto, siano state aperte all’interno della trama muraria pristina. Dall’osservazione dei dettagli
delle aperture presenti, è possibili ipotizzare la fondazione della struttura ad epoca romanica.
Simili dettagli si individuano anche in altri manufatti presenti nel paese.
Adiacente al rudere della casa forte, si sviluppa l’organismo costruito, in parte anch’esso diroccato,
più complesso e articolato del borgo: un impianto a corte, poggiante verso nord sui ruderi
della casa forte, viene attraversato da un pubblico sentiero. I fronti della corte, per quanto
ne resta, sono dotati di affreschi dai temi sacri: oltre ad una crocifissione, spicca una madonna
in trono seicentesca, chiaramente dipinta su di un affresco più antico. Di notevole interesse è
un comignolo completamente rivestito di decorazioni a graffito, anch’esso datato alla metà
del XVII secolo.
Il fronte rivolto a valle, esterno alla corte, offre un loggiato un tempo dedicato alla conservazione
del foraggio. Risultato di innumerevole fasi costruttive, il complesso dimostra una eccezionale
capacità tecnica/costruttiva È significativo ricordare che si individuano, in
relazione praticamente ad ogni fabbricato, elementi litici di pregio, talvolta costituiti da finiture
di porte e finestre, talvolta che interessanti porzioni interne quali camini, vasche per l’acqua,
mensole, colonne. Si nota anche la presenza di una mensola con testa antropomorfa, murata
a piano primo, fronte ovest, dell’edifico che ospita l’unico forno comune ancora presente in
paese (gli altri due sono crollati).
7. Elementi di fragilità
Mancanza di strumenti urbanistici
Rimosso il vincolo di inagibilità nei primi anni 2000 senza però riadeguare lo strumento
urbanistico, il borgo risulta essere in zona agricola, costituito da edifici rurali sparsi. Lo
strumento urbanistico in questo caso non costituisce alcuna tutela e potrebbe concedere la
realizzazione di interventi del tutto estranei ad un contesto così unico e fragile.
Aree di Cava limitrofe
In seguito alla rimozione del vincolo è stata aperta una cava in vicinanza al paese e diverse
altre si individuano al di la della vallata prospicente il borgo. Si tratta di cave di Sarizzo. In
questo momento la coltivazione del giacimento più prossimo è ferma per contingenza di
mercato. La sua presenza è in parte compatibile con la tutela del borgo e del suo intorno, ma
meriterebbe una rinnovata attenzione in caso di riattivazione delle concessioni, tenendo cioè
in considerazione la presenza di un contesto di tale natura, sino ad ora ignorato.
Furti di materiale litico
Dopo la realizzazione della pista di accesso che porta al paese, si sono verificati innumerevoli
furti ed asportazioni di materiale; non solo mobili e suppellettili vari, ma anche veri e propri
elementi di fabbricati. Cornicioni di porte e finestre, camini, pavimentazioni, lastre di copertura,
vasche, bocche di forno e altro, sono stati smontati e portati a valle o ricollocati; l’opera
non è stata portata avanti dai legittimi proprietari, ma da approfittatori decisamente accorti.
Da quanto il borgo si è ripopolato sono finalmente cessati questi furti.
Presenza elettrodotti
Due elettrodotti passano a valle del Paese, a relativa distanza da esso, ma limitrofe al
Castello dal quale la visuale appare “affettata” dalla presenza dei cavi. Una delle linee sta
probabilmente per essere dismessa, quella maggiormente vicina al castello, ma il fatto
stesso che quest’ultimo non sia presente nelle planimetrie catastali, non costituisce un buon
presupposto per una futura pianificazione degli interventi.
Pericolo di Crollo di alcune costruzioni causa incuria
L’abbandono del paese ha comportato la cessazione delle attività manutentive in relazione
a campagna e fabbricati. Alcuni di essi sono stati fortunatamente mantenuti da parte delle
famiglie di origine, benché la maggior parte sia stati abbandonati completi del contenuto
stesso relativo alla funzione di abitazione.Circa il 30% dei fabbricati che compongono
il borgo è crollato ed il 20% in stato di pericolo interessando anche zone di percorrenza,
rischiando quindi di dover essere sottoposti a messa in sicurezza, che nella maggior parte
dei casi tende alla demolizione.
Abbandono della campagna coltivata
L’abbandono e la mancanza di manutenzione ha interessato, ancor più del paese, la campagna
di pertinenza. Circa 30 Ha di superficie, compongono il territorio di pertinenza che
ha alimentato Veglio nei secoli ed a cui vanno sommate le estensioni di alta montagna. La
conservazione di pratiche di pastorizia a scala locale ha permesso che ovini e caprini, ancora
largamente presenti sul finire degli anni ’90 fra il tessuto famigliare del comune di Montecrestese,
abbiano per lo meno mantenuto percorribili i sottoboschi ed in parte brucato le poche radure risultanti dall’abbandono della campagna terrazzata. Negli ultimi 20 anni l’abbandono è stato quasi totale, ma recentemente una giovane coppia proveniente da oltreconfine, si è insediata sul territorio e sta
organizzando l’apertura di un’azienda agricola dimensionata sul territorio.
8. Motivazioni alla tutela
Il valore del contesto L’unicità venutasi a creare è data da una contingenza
di diversi fattori. Anche se ricco di elementi di pregio, il Borgo di Veglio potrebbe
essere paragonato a molti altri nuclei presenti nelle valli dell’Ossola, ma il fatto che sia rimasto
intatto nella sua impostazione anteguerra lo rende significativo, in quanto documento
facilmente leggibile. Sono chiaramente sotto gli occhi di tutti i centri storici meritevoli di tutela,
ma devastati da scempi e assediati da degenerazioni urbanistiche; nell’abitato di Veglio,
questo gravissimo aspetto che condiziona e contamina diffusamente l’Italia del benessere,
non è presente.
Infine vi è un valore da riconoscere anche dal punto di vista antropologico: un anno zero
è quello che riguarda la vita di una rinnovata compagine sociale in quel luogo.
La fragilità e il bisogno di aiuto. Come accennato in precedenza la frazione è
esposta ad alcuni rischi che potrebbero dissolvere l’unicità venutasi a creare, non tanto
per interessi immobiliari o economici in senso stretto, bensì per disattenzione; con le più
oneste intenzioni, un qualsiasi agricoltore potrebbe fare un piano aziendale che preveda la
realizzazione di un sistema sproporzionato di ricoveri animali e mezzi a ridosso del paese.
Gli strumenti urbanistici potrebbero consentirlo.
Allo stesso modo un’improvvida ristrutturazione non incontrerebbe nessun ostacolo,
ne alcun intervento andrebbe in commissione Paesaggistica.
Ricadute sul territorio e azione popolare
Da alcuni anni grazie alla presenza di 4/6 residenti ufficiali, unitamente a soggetti sostenitori
che gravitano intorno al paese, si assiste ad una reintroduzione della Frazione all’interno
della quotidianità del tessuto sociale del comune e della zona limitrofa. Molte energie
sono venute anche dall’estero e, come accennato in precedenza, data una fortunata campagna
di pertinenza sta per nascere un’azienda agricola che genererà importanti ricadute per
il Borgo. L’attività dell’azienda è di fatto avviata con metodologie di prototipazione da un paio
di anni: si è assistito ad una costante crescita di interesse e di coinvolgimento a più livelli di
popolazione. Chi per l’arte, chi per l’interesse storico, chi per l’audacia del progetto di rimessa
in produzione della campagna terrazzata, si manifesta in chi incontra questo luogo una
reazione generalmente entusiastica.
9. Conclusioni
Veglio di Montecrestese si è conservata rimanendo per un lungo periodo in dimenticatoio.
Si può chiaramente affermare che i tempi sono molto cambiati rispetto al secondo dopoguerra,
al periodo in cui nascevano le istanze che hanno portato all’abbandono di questo
luogo. Cinquanta anni fa, lo svuotamento per correre verso il progresso delle fabbriche, aveva
fatto di questo luogo un simbolo eclatante dello svuotamento dei centri minori della Valle
Ossola. Oggi la ripresa di coscienza circa il valore di questo luogo, casualmente salvatosi da
quanto successo in molti altri centri storici, lo rende simbolo di un potenziale futuro. Un futuro
possibile, tutto da pensare, ma estremamente concreto e tangibile.



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venerdì 14 maggio 2021

VERBANIA: IL FATTORE M


 malù | Verbania Milleventi



Potremmo chiamarlo il fattore M, quello che sembra condizionare ogni soluzione possibile allo spazio residuo di terre libere che il Piano Grande racchiude. Declinandolo interamente il fattore M è Tranquillo Manoni, alias la sua società Malù srl che in quella terra sembra fare e disfare ciò che vuole. Non è un caso che quando è stata chiesta l’adesione alla Associazione Cai rispetto alla proposta di riutilizzo come portale del Parco Val Grande della cascina, l’iniziale pre-adesione, espressa da pur autorevoli rappresentanti di quella Associazione, si sia poi spenta quando ha dovuto raccogliere il consenso delle sezioni Verbanesi; non è un caso che non si sia mai risusciti a coinvolgere in quel progetto la Delegazione Fai di Verbania; non è un caso che chiunque frequenti la club house del campo golf di Fondotoce, non possa non ascoltare le entusiastiche espressioni di consenso dei soci nei confronti del fattore M e della sua politica turistico/espansiva; non è un caso che, in una recente dichiarazione, l’Assessore Margaroli, a proposito, del fattore M, si sia espresso dicendo che mai si metterà di traverso rispetto a proposte di investimento e non è un caso che l’organo assembleare di governo della città di Verbania fatichi solo a pronunciare quel nome e farne oggetto di una discussione aperta e trasparente. Se questa è la condizione di sottomissione culturale e politica che dobbiamo registrare , è difficile immaginare che da lì possa nascere una svolta capace di offrire una soluzione che non sia quella condizionata dal marchio M, imperante e dominante. Sarebbe persino imbarazzante per chi formalmente eletto a capo del governo cittadino, giustificare una tale situazione che sembra condannare gli eletti a comparse e i non eletti ad attori, ma la cosa non sembra turbare, tanto deve apparire, nel panorama generale, assolutamente normale, semmai apparirebbe molto strano, addirittura stravagante, il rovescio. Che poi questa non sia la sensazione di chi scrive, ma un qualche cosa percepito anche ad altri e più alti livelli, lo testimonia un recente colloquio avuto con soggetti di alcune istituzioni che hanno espresso lo stesso preoccupato sentimento, ossia il fatto che in questa Provincia vi sia troppa affinità e collateralismo di fatto, tra chi governa e chi “produce”, ossia tra chi deve pianificare e chi deve investire, con i risultati che, soltanto si sbirciasse dentro e dietro le carte, non è difficile immaginare. Rimangono altre vie; una l’abbiamo tentata e l’undici di questo mese è stata decisa. Non sappiamo ancora il suo esito, ci vorranno ancora dei giorni. Se sarà a noi positiva, e noi ce lo auguriamo, uno dei meriti sarà quello di aver aperto le carte e fatto vedere a tutti come le cose funzionano, o meglio non funzionano. Dobbiamo solo sperare e , specialmente, crederci.

domenica 2 maggio 2021

FONDOTOCE: LA VOCE DELLA STAMPA



Un titolo, a tutta evidenza, della Stampa, esalta la performance del Consiglio Comunale di Verbania che avrebbe dato il suo ok alla variante Manoni ed altre, così che presto si potrà vedere la nuova club house sorgere al posto di tre tunnel di plastica, tardivamente condonati e vedere pure l'agognato ampliamento del Campeggio Continental dove, è risaputo, gli ospiti stanno un po' stretti ed hanno bisogno di nuovi spazi. Leggendo poi l'articolo si scopre che le cose non stanno proprio ancora così, mentre la verità è che la vicenda non è ancora finita e il percorso di approvazione di queste varianti, specie la Manoni, sarà ancora ad ostacoli. Naturalmente l'articolo e men che meno il suo titolo chiarisce e informa che l'oggetto del voto non era l'approvazione della variante, ma il respingimento delle osservazioni di Italia Nostra, osservazioni che da alcuni banchi delle minoranze sono state giudicate: " Non di non poco conto" e ancora: " Interpretazioni che potrebbero mettere in discussione la nuova classificazione dell'area in quanto l'errore in PRGC non c'é" o ancora e per finire: " Voci dissonanti rispetto alla volontà del governo della città, ma vicine a quello che dovrebbe essere il suo elettorato di riferimento". Di tutto ciò, naturalmente, nella Stampa non c'è traccia e, onestamente, siamo un po' stufi di segnalare queste continue cronache che dir partigiane è il meno che possiamo. La verità dunque è che inizia una nuova tappa del processo di formazione e forse approvazione della variante perchè il Consiglio ha sì, questa volta, votato il rapporto ambientale che tra breve e per i successivi 60 giorni sarà messo a disposizione del pubblico e degli altri soggetti ed enti che debbono partecipare al procedimenti di valutazione ambientale strategica e solo dopo, ritornare in Consiglio Comune per l'approvazione definitiva o per la presa d'atto della bocciatura. Di mezzo, e lo diciamo da un pezzo, ci sarà l'11 di maggio, ossia la data in cui i giudici del Tar decideranno sulla legittimità della pista bmx e in caso dovessimo spuntarla, sarà difficile non cogliere gli effetti generali che la sentenza provocherebbe sulla pianificazione del Piano Grande, sin qui, tentata dal Governo cittadino di Verbania.