mercoledì 27 dicembre 2017

BUON 2018









Un anno chiaro/scuro è quello che si chiude, un'anno chiaro/scuro è quello che si apre. Sarà una sintesi un po' semplice per raccontare lo stato dell'ambiente in questa Provincia del nord/ovest, ma non chiedetemi di più perché molto di più non c'é. 
Passando il testimone dall'anno che si chiude a quello che si apre rimangono sospese tante cose. La lista la sapete; l'impianto Interconnector, il S. Domenico/ Devero, il sito minerario, lo stato dei prelievi dai rii per l'energia, il colle in sassi di Vogogna; vi sono anche altre cose, ma da ultimo segnalo una notizia, o meglio aggiorno una notizia. Si muove pare, anzi è certo, la storia che ormai è avviata e che prevede di cambiare il volto di un luogo del paesaggio che storicamente caratterizza, in maniera significativa, la nostra percezione consolida: l'area della piana di Fondo Toce. Un simbolo di archeologia agricola che forse, ma anche senza il forse, meriterebbe di essere restituito alla sua funzione originaria , rischia ormai di saltare. La procedura, avvalendosi di un percorso semplificato, avanza e sta per giungere alla sua fase di pubblicazione. Sin'ora tutto è rimasto ben coperto; gli Enti interessati si sono espressi, ma non sappiamo come; ora sappiano che è in dirittura di arrivo questo progetto definitivo che parrebbe contemplare anche una variante urbanistica e che trasformerebbe l'ambito,connotandolo come una "riqualificazione per l'insediamento di un'attività ricettiva e impianti per attività sportive e tempo libero." Di più e d'altro non si conosce; certamente il sito cambierà volto o almeno queste sono le intenzioni; l'ultima parola spetterà poi al Consiglio Comunale di Verbania; nel mezzo, ma ci staranno solo pochi giorni, il tempo per formulare le osservazioni da parte del pubblico. Vedremo dunque; qualcuno si chiederà che ci sono già le regole che disciplinano quell'ambito, che quindi si può stare tranquilli. Si è vero ci sono le regole; quelle del PAI per esempio; lo zona è esondanbile, non dovrebbe essere edificabile, almeno per nuove edificazioni; c'é il PPR che pure disciplina, è vero; no, la riserva di Fondo Toce non c'é, perché il confine è posto un centinaio di metri più a valle. Eppure se andiamo a leggere le regole vediamo che sono scritte sfumate, in chiaro/scuro, quello dell'inizio del post di oggi e quando sono scritte così vale il detto che le regole si applicano ai nemici e si interpretano per gli amici. Non voglio pensare male, non sbaglierei; eppure la domanda che cosa ci stiano a fare e cosa veramente pensino, o meglio da che parte stiano i nostri governanti di turno vorrei farla. Questi non devono fare finta; dovrebbero essere più trasparenti, non nel senso che non si vedano, ma che abbiano il coraggio di dire come la pensano. Se per quelli di sinistra diventa importante promuovere i desiderata imprenditoriali, comunque essi siano, lo dicano senza tanti giri di parole. E' un segno dei tempi nuovi, non vedo dove vi sia lo scandalo. Se non sono in grado di sostenere e reggere una progetto diverso e per me più avanzato, è un loro limite, non è un limite di chi poi li critica, purtroppo pochi. Quanto agli altri , quelli che una volta si chiamavano conservatori o altro, non devono neppure muovere un dito, altri hanno raggiunto il loro scopo e, insieme, possono pensare di organizzare migrazioni di massa dai territori verso altre regioni; paradosso nel tempo delle polemiche sugli emigranti. Quindi...: se l'Interconnector avrebbe portato due posti di lavoro aggiuntivi e manco dunque c'era la solita motivazione occupazionale qual'era l'interesse dei Governanti, locali e regionali di turno, a sbattersi per promuovere il mega progetto? Ragioni strategiche nazionali si dirà; si ma gli interessi locali non dovrebbero essere tutelati dai governanti che se non proprio locali sono comunque stati localmente eletti ? 
Dovrebbe, ma non pare lo sia, tanto che l'Onorevole di Vogogna ha persino pensato di mettere le mani avanti nel caso, sfortunato, che l'interconnector dovesse essere insabbiato, ponendo accanto ad uno dei posti prescelti, una bella montagna, questa volta di sassi, facendo una prova di quello che avrebbe potuto succedere. Più sfortunato il Vice di Chiamparino che, vi assicuriamo, ci ha messo molto di suo nel tentativo di far cambiare, fuori tempo massimo purtroppo, le regole del PPR sulla collina della Castagnola. Gli è andata male, avendo trovato sulla sua strada una Soprintendete abbastanza tosta. Se avesse saputo che poi sarebbero arrivati i Russi a cui pare vada bene così, avrebbe potuto rimediarci la figura. 
Sulle terre alte il gioco è ancora aperto; il solito Onorevole di Vogogna ha fatto gli onori di casa, favorendo l'incontro con l'imprenditore Malagoni e il fu premier Renzi al quale non è parso vero che ci fosse qualcuno disposto a metterci soldi in quel progetto, tanto da suggerire il ricorso a finanziamenti pubblici. Non si sa mai; se poi dovesse andare male, almeno quelli che vanno alla malora sono quei soldi lì.
Tornando al piano, quello di Fondo Toce, la nebbia si infittisce e vedremo mai se si chiarirà; non sono ottimista. 
In tutto questo che ho scritto e che riconosco non essere molto serio, ciò che stupisce è la scomparsa della politica, cioè del pensiero che sappia autonomamente determinarsi rispetto a scelte strategiche di progetto del territorio che sarebbe chiamata a governare. Vi è in atto un' inversione; i governanti avrebbero dismesso l'arte di governare e si limiterebbero a recepire richieste di altri, non importa quali, andrebbe bene tutto. 
Se così è; va bene trasformare una Provincia la cui ultima e unica speranza è il turismo, in un laboratorio per ogni sorta di sperimento, tenere le miniere in vista sul golfo candidato, senza speranza, Unesco; metterci tralicci, cavi di alta tensione e stazioni di conversioni per ammodernare di infrastrutture elettriche le praterie alpine e i crinali di alta quota; alzare colline artificiali sui campi ad alta produttività agricolo; cercare di cambiare i tratti consolidati del paesaggio lungo le coste dei laghi, retaggio di un turismo d'altri tempi, in uno più attuale e globalizzato; riproporre la conquista industriale delle Alpi con innovativi sistemi di trasporto ogni tempo; banalizzare una riserva naturale, confondendola in un parco divertimenti. 

Buon 2018.

ITALIA NOSTRA, SEZIONE DEL VCO, E’ LIETA DI INVIARE A TUTTI I MIGLIORI AUGURI IN OCCASIONE DELLE FESTIVITA’ DI FINE 2017 E INIZIO 2018


lunedì 11 dicembre 2017

L'ETERNA MINIERA




Siamo in condizione di pubblicare le osservazioni integrali che abbiamo depositato in sede di valutazione di impatto ambientale in corso presso la Regione Piemonte e in relazione al prossimo rinnovo della concessione mineraria sul monte Camoscio nel Comune di Baveno. Sono osservazioni che mirano ad ottenere un miglioramento sostanziale del progetto che l'Azienda interessata ha predisposto e che, sotto vari profili, ci è sembrato doveroso contestare offrendo peraltro alternative che , sotto il nostro punto di vista, paiono logiche e razionali. Quanto all'esito del processo di valutazione non siamo in grado di fare previsioni. Quel che è certo è che se il progetto non venisse corretto e migliorato, lo scenario per i prossimi 20 anni, e non solo, sarà una replica di ciò che per decenni abbiamo dovuto sopportare, una pessima cartolina che il golfo, ingenuamente candidato a sito Unesco, continuerà ad offrire ai suoi stupiti turisti. Comunque ci abbiamo provato e, sin qui, ci speriamo. 
















sabato 9 dicembre 2017

PROGRAMMA 2018


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L'Associazione ha le sue regole comuni a tutte le Sezioni. Una di queste è quella di predisporre il bilancio di previsione per l'anno successivo e il programma delle attività che intende svolgere, sempre nell'anno che viene. Quanto al primo, esso è poca cosa, parliamo di centinaia di euro; quindi l'Associazione va avanti con quel poco che ha e con tanta attività volontaria. Quanto al secondo, forse è più interessante e lo postiamo qui sotto perché chi ha interesse lo conosca e giudichi.





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mercoledì 6 dicembre 2017

LA MINIERA ETERNA


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Leggiamo sulla pagina web della Regione Piemonte che è in corso la valutazione di impatto ambientale VIA riferita d un nuovo progetto di coltivazione mineraria sul monte Camoscio. Si tratta per vero della richiesta di rinnovo, per altri venti anni, della concessione ventennale in corso di scadenza nel febbraio prossimo e già quindi attiva sul versante rivolto verso il lago Maggiore di quello sventurato monte le cui sofferenze non sembrano mai finire. Già perché secondo il vecchio progetto di coltivazione quelle sofferenze avrebbero dovuto terminare alla scadenza della concessione  in corso, ma così non sarà. Avremo tempo per illustravi, anche nel dettaglio, le questioni che gravano intorno a questa vicenda, ma la ormai prossima scadenza del 19 dicembre per presentare osservazioni , ci obbliga a concentrarci su esse. Le pubblicheremo non appena saranno pronte e dalla loro lettura molte cose risulteranno più evidenti e trasparenti. Per ora vi diciamo che digitando: ambiente/valutazione_ambientali /via.htm potete avere accesso all'ufficio dove il progetto è depositato. Da lì, facendo la ricerca parametrica e inserendo il codice pratica: 2017- 4/val si aprirà l'elenco di tutti i files di progetto e se qualcuno ha tempo, voglia e interesse, buona fortuna. 







lunedì 4 dicembre 2017

RASSEGNA AMBIENTALE

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Sul fronte dell'ambiente sono diverse le questioni aperte nell'ambito locale/Provinciale. Se il PPR, da poco approvato, un po' ci ha soddisfatto, purtroppo molto rimane ancor da fare sul piano poi dell'attuazione concreta di quello strumento, ossia della sua declinazione negli ambiti locali e la cosa non sarà né facile, né indolore. Ci vorrà anche diverso tempo, certamente ben superiore ai 24 mesi ottimisticamente indicati dalla norma, ma ci vorrà anche una forte tenuta da parte delle Soprintendenze rispetto ai tentativi che non mancheranno di annacquare il Piano nel momento della sua applicazione all'interno della strumentazione urbanistica dei singoli comuni. Posso solo dire che se ne vedranno di tutti i colori, dove il riferimento al colore inteso in senso di tendenza dei governi locali, sta a significare che la linea scriminante oggi non si sa più dove cada. Da parte nostra abbiamo aperto diversi fronti, o da soli o associati con altre compagini del variegato mondo ambientalista. La rassegna non è breve, né credo sia definitiva. 

Tanto per rimanere in casa ricordiamo l'impegno che ci stiamo mettendo per riuscire a che una norma certa metta in sicurezza l'area vincolata delle Ville Marina e Basile di Stresa. Non è affatto facile ottenere una qualche risposta da parte del Comune, ma proprio per questo occorre insistere. 

Che dire poi della Palazzola, qui ci siamo spesi con un convegno, una mostra e tante pressioni nei confronti delle Istituzioni che qualche cosa dovrebbero fare. C'è un impegno dell'Assessore Regionale alla Cultura, ma non ci ha saputo dire né quando, né come; la solleciteremo ancora. Abbiamo posto la questione dei vincoli che non sempre sembra si rispettino, indicando il caso del rio Machere. Qui la risposta definitiva dovrebbe arrivare entro fine anno, vedremo. 

Per allontanarci un poco, ma non molto, c'é il caso di Baveno dove nel febbraio 2018 va in rinnovo la concessione ventennale della cava Seula . Anche lì abbiamo posto quello che per noi è un problema di non conformità dei progetti di recupero ambientale rispetto a quanto di fatto è successo. Proprio oggi abbiamo avuto garanzie in tal senso, purtroppo la buona volontà e le intenzioni del Sindaco sembrano, per ora smentite, dalla lettura degli atti relativi al progetto che abbiamo iniziato a visionare. Interverremo a breve in sede di conferenza di valutazione ambientale depositando le nostre osservazioni. Un altro ventennio di coltivazione non crediamo debba continuare secondo le modalità del passato. 

Stessa attenzione dovrà essere prestata sul fronte del comune di Mergozzo, anche lì "penalizzato" da attività fortemente impattanti. 

Il caso della collina artificiale di Vogogna è stato aperto nei giorni scorsi. Oggi abbiamo avuto una prima assicurazione da parte della Provincia di essersi attivata sul piano degli accertamenti da noi richiesti. Vedremo nei prossimi tempi l'evoluzione di questa cosa che, lo dico solo per cronaca, vede interessata la stessa azienda della miniera di Baveno. 

A Verbania sembra essere rientrato il rischio ex Eden. L'approvazione del PPR da un lato che ha fissato precise prescrizioni già attive e l'intervenuta cessione, sembra, della proprietà ad un qualche investitore di origine Russa, pare indirizzare la vicenda verso il recupero di un ambito da decenni abbandonato e fatiscente. 

Ma se questo rischio sembra scongiurato, ecco che un nuovo fronte sembra aprirsi, quello che vede gli interessi accendersi sulla piana di Fondotoce ed in particolare sull'ambito occupato dalla cascina, simbolo di archeologia rurale, posta tra i due assi viabilistici da Verbania verso Gravellona da un lato e Baveno dall'altro. A proposito ci sono avvisi di imminenti avvi di procedimenti. Vedremo che cosa succederà; certo è che se su questo sito forti sono gli interessi, ho l'impressione che altrettanto forti saranno le reazioni e il Sindaco di Verbania dovrà attentamente soppesare gli interessi contrapposti. 

C'é poi il fronte dei prelievi idroelettrici. Questo blog ha pubblicato il lunghissimo elenco delle domande che solo in questi ultimi anni hanno letteralmente inondato l'Ufficio della Provincia che le istruisce. Credo che tutti o quasi siano andati in porto. La materia è sfuggita di mano; noi invochiamo una moratoria e che, prima di riaprila, si rimetta mano in maniera seria e decente a tutta la questione. 

Non se ne parla più, ma non perché la questione sia uscita dalla scena, in realtà se andiamo a leggere il sito del Ministero dell'Ambiente possiamo ancora trovarla. Parlo del progetto Interconnector Italia/Svizzera, progetto intorno al quale, nella scorsa primavera, abbiamo speso molto del nostro tempo per costruire osservazioni che poi reggessero alla prova. Sin'ora ci potrebbe essere andata bene, nel senso che il ritardo con cui la procedura si muove potrebbe essere anche il segno di una oggettiva difficoltà a superare gli scogli che le tante osservazioni pervenute da più parti e da tanti soggetti hanno posto. Vedremo anche qui cosa nei prossimi mesi succederà. 


Ma l'anno credo si chiuda con il caso Devero/Ciamporino. Lì due probabilmente inconciliabili visioni del turismo e dello sviluppo delle zone alpine si confrontano ; lo sviluppo turistico/industriale, quello di massa per intenderci e un altro, più lento, più coerente con le culture e gli ambienti nei quali deve muoversi. C'é una forte pressione, anche sostenuta dai media locali, a favore del progetto industriale cui, senza riserve si sono schierati i 4 Sindaci dei comuni interessati. La Regione, da parte sua sembra per ora trincerarsi dietro un vorrei ma non posso. Chiamparino ha detto: " la risolva Reschigna" e lui ci prova con quella formula che al momento non accontenta nessuno, ma che neppure penalizza qualcuno.

giovedì 30 novembre 2017

VOGOGNA-IL VASO DI PANDORA





La storia della discarica infinita depositata su terreni in parte artigianali, ma in parte agricoli del Comune di Vogogna si arricchisce di un altro capitolo. Finito, per ora, il giro delle consultazioni che abbiamo intrapreso con i soggetti pubblici in qualche modo interessati al caso, crediamo di essere riusciti ad inquadrare un po' meglio il problema e, man mano che lo abbiamo inquadrato abbiamo trovato nuovi e inediti scenari che non sembrano confermare le assicuranti dichiarazioni che il Sindaco, Onorevole Borghi, si era affrettato a rilasciare alla cronista della Stampa che lo aveva interrogato in merito alla nascita e crescita di questa incredibile collina artificiale, edificata sul suo territorio. Non è stata una ricerca facile, ma con un po' di pazienza crediamo di aver ricostruito il vero quadro normativo e autorizzativo che quella collina avrebbe dovuto avere. Ora la parola deve passare a tutta la lunga serie di soggetti con con la nota di oggi abbiamo coinvolto, consapevoli che più ne coinvolgiamo più è difficile per tutti sottrarsi ai propri doveri, ancorché il Comune sia governato da un Onorevole, cosa che potrebbe, a torto, intimorire qualcuno. Vedremo dunque quale risultato riusciremo a produrre e se la collina continuerà a crescere o incomincerà a decrescere. Buona lettura.

Ci scusiamo per il formato, ma al momento non è disponibile uno più grande.



lunedì 27 novembre 2017

UN COMITATO PRO DEVERO

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La storia della conquista turistico/industriale delle Alpi, si arricchisce di un nuovo capitolo. Questa volta è un settore delle Alpi Lepontine in valle Ossola, quasi a ridosso del confine Svizzero, che in questi giorni è fatto oggetto della proposta di un progetto per la realizzazione di una nuova stazione turistica che attraverso l’ampliamento e la estensione di quella esistente nella zona dell’Alpe Ciamporino, colleghi con nuovi impianti le aree che si estendono dalla Valle Divedro alla Piana dell’Alpe Devero. E’ un progetto ambizioso, sicuramente un investimento previsto in molti milioni di euro che, con la costruzione di nuovi impianti funiviari, prevede di connettere in un unico grande comprensorio sciistico ambiti ora raggiungibili soltanto attraverso percorsi escursionistici di alta quota. 
Il progetto non si limita a prevedere l’utilizzo invernale dei nuovi impianti, ma li configura pure per la fruizione estiva, assicurandosi così, nelle intenzioni degli investitori, la redditività degli investimenti previsti. 
La questione è aperta proprio in questi giorni e assume una particolare valenza in quanto gli ambiti che potrebbero essere interessati, non solo solo in buona parte incontaminati, ma si situano negli immediati confini di due aree protette di indubbio fascino e richiamo: quella del Parco Regionale dell’Alpe Veglia e quella dell’Alpe Devero. 
Il dibattito coinvolge la Regione Piemonte, i Comuni, sono ben ben quattro quelli interessati dal progetto, l’Ente di gestione delle aree protette, le Organizzazioni ambientaliste, naturalmente la società che ha presentato il progetto. 
Gli interessi in campo, anche contrapposti tra loro, sono dunque molti. Gli scenari che le parti prefigurano, le filosofie che sostengono sono indubbiamente diverse e non sembra facile una loro conciliazione, peraltro sino ad ora non pare che neppure sia stata tentata. 
In questo quadro si inserisce la notizia della costituzione di un comitato per la difesa dei valori ambientali e culturali di quella porzione alpina. Questa sera c'è stata la presentazione nell'aula dell'Unione dei Comuni della Valle Ossola, con la diffusione del comunicato stampa che qui sotto postiamo.





venerdì 24 novembre 2017

STRESA: UNA STORIA INFINITA


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Continua, è il caso di dirlo, il braccio di ferro tra la proprietà e gli Organi di tutela sull'area vincolata di Villa Basile e Villa Marina. Nonostante la Soprintendenza abbia, secondo le voci raccolte, fornito delle indicazioni circa i limiti entro i quali dovrebbe potersi realizzare una nuova costruzione, tali limiti non paiono aver soddisfatto per nulla la proprietà che avrebbe riproposto, ma il condizionale è d'obbligo, il tutto o niente. Evidentemente il niente significa, nelle intenzioni proprietarie anche lasciare in abbandono i beni vincolati e ciò nonostante reiterate richieste formulate da parte della Soprintendenza perché venga presentato un progetto di conservazione delle due ville. A proposito ricordiamo che la conservazione dei beni vincolati sotto il profilo monumentale è un obbligo sancito da legge, non una libera scelta della proprietà. Comunque , non avendo sino ad ora più avuto notizie di quest'ultimo aspetto della questione tanto vale riproporlo. Invece in questo non edificante scenario, il soggetto assente o comunque non protagonista sembra il Comune, cui spetterebbe l'obbligo, anche questo di legge, di adeguare il piano regolatore alle prescrizioni di vincolo, ma sino ad oggi ha fatto il contrario e non da segni di ravvedimento operoso. Ultima questione il parcheggio di fatto per auto che occupa tutta l'area di ciò che era il parco delle ville. Sembra che di questo non si sia mai accorto nessuno, ma è giusto chiedersi, trattandosi di una modifica di fatto dell'uso del suolo chi mai lo abbia autorizzato. Da tutto ciò ecco la nuova lettera che l'Associazione ha inviato al Comune e alla Soprintendenza cui non mancheremo di farvi conoscere le risposte che speriamo di avere.




martedì 21 novembre 2017

L'ONOREVOLE RISPONDE



Risponde, ma non convince, o meglio c'è ancora qualcosa da scoprire. Un po' come le storie che vanno in rete con mille o più puntate, occorre avere un poco di pazienza e unire insieme i pezzi, sempre un po' dispersi e avere infine il quadro più chiaro possibile. Per ora sappiamo, lo dice l'Onorevole, che il monte formato dai detriti è, in parte, in suolo agricolo. Pur anche ora sappiamo che Valutazioni di impatto ambientale non ne sono state fatte e ciò a dispetto delle quantità oggi depositate, comunque è giacente una nostra richiesta presso l'Ufficio VIA della Provincia. L'Onorevole sostiene che tutto sia comunque in regola perché di regole il suo Comune non ne ha messe e questa è una giustificazione suggestiva forse, ma surreale certamente. Rimane il problema della temporaneità del deposito, cosa che, seguendo sempre il ragionamento dell'Onorevole, eliminerebbe ogni problema. La temporaneità è iniziata nel 2013 e continuata nel 2017, stando alle date degli atti emessi dal Comune di Vogogna, non sappiamo ancora quale dovrebbe essere il termine ultimo di questa temporaneità e se se ne prevede comunque  il rinnovo o viene escluso esplicitamente. Oggi postiamo la lettera che abbiamo ricevuto così che la trasparenza sia massima; da parte nostra abbiamo già inviato una richiesta di accesso agli atti per leggere i contenuti delle autorizzazioni rilasciate. Vi terremo informati.





   

venerdì 17 novembre 2017

COSTA RISPONDE





Avevamo posto la domanda, per quel che a noi interessa riguardo ai temi ambientali, dove mai fosse finito il Piano Territoriale Provinciale, uno strumento previsto dalla legge urbanistica e sul quale si erano cimentate quasi tutte le amministrazioni che hanno governato l'Ente dalla sua nascita ad oggi. Sapevamo che ciascuna si era "divertita" a disfare quello che la precedente aveva costruito, ma sapevamo anche che, alla fine, almeno una era riuscita ad adottare un Piano. Adottarlo appunto, non approvarlo; per arrivare a questo definitivo passo ci sarebbe voluto il placet della Regione. Eppure era l'anno 2009 e da quella data l'ultimo dei Piani rimaneggiati dall'Ente Provincia era finito sul tavolo della Regione, producendo i suoi effetti di salvaguardia. Da quella data in poi però ogni notizia pubblica è scomparsa, sino a sapere che anche le salvaguardie, passati tre anni, erano cessate. Per quel tanto o poco che possa servire a ben governare un territorio, noi ci siamo posti la domanda cosa mai fosse successo, trascorsi ormai ben 21, da quando iniziarono a parlarne. Nel frattempo ci risulta che tutte le altre Provincie della Regione un loro Piano se lo sono fatto approvare, mentre a leggere ora la risposta che l'attuale Presidente Costa ci da, non solo il Piano non è stato approvato, ma ben lungi appare la conclusione di quell'infinito rito cui sembra sia stato sottoposto. Bontà Sua, il Presidente non ci da indicazioni riguardo al futuro che, quindi, non pare sia dietro l'angolo. Se questo è il quadro, chiudiamo parentesi; una Provincia, prima con la pretesa di ottenere un'autonomia speciale, oggi più propensa a cambiare Regione, dimostra che forse l'autonomia, sia essa Piemontese o Lombarda, non sarà quella che cambierà le cose se, dopo 21 anni, è ancora ferma come fosse il primo giorno. Comunque, se avete voglia e un po' di pazienza, leggete qui sotto. 





giovedì 16 novembre 2017

DEVERO / S.DOMENICO / CIAMPORINO

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Il progetto Devero/ Ciamporino/ S. Domenico ritorna in evidenza sulla" Stampa" locale che riempie un intero, o quasi, foglio locale di ieri e come un necrologio mette a centro pagina la nostra posizione. Schiacciati così rischiamo di essere triturati, non solo mediaticamente. Grande spazio dunque ai legittimi governatori locali, in primis l'ormai destinato all'immortalità politica Presidente /Sindaco Stefano Costa che si guadagna crediti di fronte al proprio elettorato originario e non solo; meno premiato, almeno in questo momento, l'Ente Regione che avrebbe, il condizionale è ancora d'obbligo ma per poco, espresso una valutazione, marginalmente, critica sul progetto, ma che potrebbe metterne in forse l'intera realizzazione. Vorrei tranquillizzare qui quelli eventualmente preoccupati; nel caso una qualche soluzione, tecnica o giuridica la troveranno certamente e il progetto intero troverà, presto o tardi, ma penso più presto che tardi, la sua piena legittimazione da parte di tutti i soggetti del governo locale cui, alla fine, spetta il quasi insindacabile giudizio. Quindi... quindi, se queste sono le premesse, se lo spirito critico diventa uno scarto della storia; se la capacità di governo si riduce alla capacità di accogliere acriticamente le proposte, o meglio le decisioni fatte da altri; se tutte le procedure diventano soltanto una formalità architettonica dove far scorrere le carte prima di una firma finale; se più si sale nella gerarchia dei governi dei territori e meno poteri reali si contano in nome dei principi teorizzati e difesi di essere padroni a casa propria; se tutto un sistema che ha impiegato 21 anni della nostra vita per manco essere capace di dotarsi di un Piano Territoriale Provinciale dove, magari, una decisione come quella di cui discutiamo avrebbe dovuto/potuto trovare una ponderata risposta; se tutto si traduce in risorse, investimenti, capitali, ritorni economici, occasioni, opportunità; se questo è, credo che poco o nullo spazio rimanga alla discussione, all'esame approfondito di un progetto che avrà anche un qualche aspetto positivo, ma che quel tutto o niente che trapela dalla pagina della Stampa, ha il sapore di un prendere o lasciare e non discutere. I nostri governanti credo siano maestri insuperabili di quest'arte, dove manco devono metterci la fatica di pensare, ma solo quella di metterci una firma; al resto pensano gli altri.

venerdì 10 novembre 2017

LA GRANDE SETE

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L'elenco è lungo, direi lunghissimo e forse, o certamente, è destinato ad allungarsi,  la lista è anche  incompleta in quanto mancano le pratiche più vecchie, quelle ante 2010; comunque basta e avanza per farsi un po' un'idea di quale sia la corsa che in questi anni si è innestata per avere le concessioni che trasformano l'acqua in oro o meglio in denaro. E' un po' una macchinetta che fa soldi; da un lato entra l'acqua, dall'altro escono le monete. Per carità tutto è lecito e va bene, ma pure sembra lecito porre la domanda a chi giova, o meglio a chi non giova. Non giova certo all'ambiente quando lunghe tratte di corsi d'acqua vengono in gran parte prosciugate per alimentare la miriade di centrali idroelettriche che sono state disseminate un po' ovunque, basta ci sia dell'acqua da prelevare; non giova neppure alle casse pubbliche perché a fronte dei considerevoli incassi assicurati dalla vendita delle produzioni di energia, poco o anche nulla sono i canoni annuali dovuti; non giova a noi utenti che in bolletta ci vediamo gravati dagli oneri che vengono, o venivano, utilizzati per incentivare con denaro pubblico queste attività in quanto energie rinnovabili. Insomma, a leggere la lista che vi postiamo, sembra di vivere non tanto in un paese moderno quanto in un far west ai tempi della corsa all'oro, dove la parte pubblica risulta impegnatissima a regolare questo grande flusso di carta, o di falies, che arriva sul suo tavolo, o sul suo video, priva però di una disciplina che dia veramente ordine a questa corsa. Non credo che sarebbe facile trovare in questo lungo elenco qualcuno che non sia riuscito a portarsi a casa la sua bella concessione, forse uno o due al massimo. Se 35 MW era il limite che era stato fissato per concedere nuovi prelievi, com'è possibile che, improvvisamente, diventi 350 MW ? Evidentemente non tutto funziona a dovere, il sistema è sfuggito al controllo o meglio lo si è lasciato fuggire. Insomma la sete è tanta e chi, più o meno localmente, ci governa ha pensato di dare a tutti da bere, ma il risultato è che rimarremo all'asciutto. Una qualche soluzione urge e va trovata. 


Pratica n. 600L.R. 40/1998 e s.m.i. - FASE DI VALUTAZIONE DI VIA PER LA REALIZZAZIONE DI UN IMPIANTO IDROELETTRICO CON DERIVAZIONE D'ACQUA DA RIO ORASSO NEI COMUNI DI CAVAGLIO SPOCCIA E CURSOLO ORASSO (VB). PROPONENTE : GARBANI FABIO.
Pratica n. 597L.R. 40/1998 e s.m.i. - FASE DI VALUTAZIONE DI VIA PER LA REALIZZAZIONE DI UN IMPIANTO IDROELETTRICO CON DERIVAZIONE D'ACQUA DAL TORRENTE MELEZZO OCCIDENTALE, IN COMUNE DI DRUOGNO (VB). PROPONENTE : EDIFICA S.R.L..
Pratica n. 596L.R. 40/1998 e s.m.i. - FASE DI VALUTAZIONE DI VIA PER LA REALIZZAZIONE DI UN IMPIANTO IDROELETTRICO CON CAPTAZIONE D'ACQUA DI ACQUE SORGIVE LOC. PINEZZO, IN COMUNE DI CREVOLADOSSOLA (VB). PROPONENTE : TANTARDINI YURI.
Pratica n. 595L.R. 40/1998 e s.m.i. - FASE DI VALUTAZIONE DI VIA PER LA REALIZZAZIONE DI UN IMPIANTO IDROELETTRICO (COCLEA) CON DERIVAZIONE DAL TORRENTE SAN BERNARDINO IN LOC. TROBASO, IN COMUNE DI VERBANIA (VB). PROPONENTE : RAMONI GABRIELE E SFOLZINI CLAUDIO.Pratica n. 590L.R. 40/1998 e s.m.i. - FASE DI VALUTAZIONE DI VIA PER LA REALIZZAZIONE DI UN IMPIANTO IDROELETTRICO CON DERIVAZIONE DAL TORRENTE CANNOBINO, NEI COMUNI DI CAVAGLIO SPOCCIA E CANNOBIO (VB). PROPONENTE : SANT'ANNA S.RL.Pratica n. 588 D.P.G.R. 10/R/2003 e s.m.i., L.R. 40/1998 e s.m.i. e DLgs 387/2003 e s.m.i. - Domanda in data 17/11/2016 di autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianto idroelettrico a coclea con derivazione d’acqua dal torrente Bogna, in Comune di Bognanco (VB). Richiedente: Vescio Carlo.
Pratica n. 589
L.R. 40/98 e D.Lgs. 387/2003 e s.m.i. - Autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto idroelettrico con derivazione dal fiume Toce nel Comune di Montecrestese (VB). - Proponente : Edifica srl.
Pratica n. 582
L.R. 40/98 E SMI E D.LGS 387/2003 E SMI - AUTORIZZAZIONE UNICA PER LA COSTRUZIONE E L'ESERCIZIO DI UN IMPIANTO IDROELETTRICO A COCLEA CON DERIVAZIONE DA 2 CANALI DI SCARICO DI IMPIANTI IDROELETTRICI ESISTENTI SUL RIO ARSA IN COMUNE DI PIEVE VERGONTE (VB). PROPONENTE : EDIFICA SRL
Pratica n. 581
L.R. 40/98 E SMI E D.LGS 387/2003 E SMI - AUTORIZZAZIONE UNICA PER LA COSTRUZIONE E L'ESERCIZIO DI UN IMPIANTO IDROELETTRICO A COCLEA CON DERIVAZIONE DAL TORRENTE BOGNA IN COMUNE DI BOGNANCO (VB). PROPONENTE : POSSETTI MASSIMO
Pratica n. 580
L.R. 40/98 e D.Lgs. 387/2003 e s.m.i. - Autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto idroelettrico con derivazione dal rio Ragno nel Comune di Druogno (VB). - Proponente : Caretti Adamo
Pratica n. 578
D.P.G.R. 29/07/2003 N. 10/R E S.M.I. , L.R. 19/2009 , L.R. 40/98 E S.M.I. E D.LGS. 387/2003 E S.M.I.- RICHIESTA AUTORIZZAZIONE UNICA PER LA COSTRUZIONE DELL'IMPIANTO IDROELETTRICO DENOMINATO 'ACQUABUONA' CON DERIVAZIONE DA 3 SORGENTI IN COMUNE DI ANTRONA SCHIERANCO - RICHIEDENTE : ZANA WALTER
Pratica n. 577
L.R. 40/98 E SMI E D.LGS 387/2003 E SMI - AUTORIZZAZIONE UNICA PER LA COSTRUZIONE E L'ESERCIZIO DI UN IMPIANTO IDROELETTRICO CON DERIVAZIONE DAL RIO ACQUAMORTA, IN COMUNE DI BOGNANCO (VB). PROPONENTE : IMPRESA EDIFICA SRL
Pratica n. 575
L.R. 40/98 E SMI E D.LGS 387/2003 E SMI - AUTORIZZAZIONE UNICA PER LA COSTRUZIONE E L'ESERCIZIO DI UN IMPIANTO IDROELETTRICO A COCLEA CON DERIVAZIONE DA 3 SCARICHI DI IMPIANTI IDROELETTRICI ESISTENTI SUL RIO ARSA IN COMUNE DI PIEVE VERGONTE (VB). PROPONENTE : OFFICINE LORENZINA
Pratica n. 574
L.R. 40/98 E SMI E D.LGS 387/2003 E SMI - AUTORIZZAZIONE UNICA PER LA COSTRUZIONE E L'ESERCIZIO DI UN IMPIANTO IDROELETTRICO CON DERIVAZIONE DAL RIO BURRA, IN COMUNE DI CREVOLADOSSOLA (VB). PROPONENTE : IMPRESA ROLANDI ALBERTO
Pratica n. 569
L.R. 40/98 E S.M.I. E D.LGS. 387/2003 E S.M.I. - AUTORIZZAZIONE UNICA PER LA COSTRUZIONE E L'ESERCIZIO DI UN IMPIANTO IDROELETTRICO A COCLEA CON DERIVAZIONE D'ACQUA DAL TORRENTE S.GIOVANNI, NEL COMUNE DI VERBANIA(VB)- PROPONENTE : PESCINI FRANCESCA
Pratica n. 568
L.R. 40/98 E S.M.I. E D.LGS. 387/2003 E S.M.I. - AUTORIZZAZIONE UNICA E VALUTAZIONE DI INCIDENZA PER LA COSTRUZIONE E L'ESERCIZIO DI UN IMPIANTO IDROELETTRICO CON DERIVAZONE D'ACQUA DEL FIUME TOCE (PONTE MIGIANDONE), NEI COMUNI DI PREMOSELLO CHIOVENDA E ORNAVASSO (VB)- PROPONENTE : EDISON S.P.A.
Pratica n. 567
D.LGS. 387/2003 E L.R. 40/98 E SMI - AUTORIZZAZIONE UNICA PER LA COSTRUZIONE DI UN IMPIANTO IDROELETTRICO CON DERIVAZIONE DAL FIUME TOCE (PONTE MIGIANDONE). DITTA :SUPEROSSOLA S.R.L.
Pratica n. 566
DLgs 387/2003 e s.m.i. e LR 40/1998 e s.m.i. - Domanda di autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianto idroelettrico con derivazione d’acqua dai rio Rii, nel Comune di Varzo - ditta: Edifica Srl
Pratica n. 561
Richiesta di Autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio di impianto idroelettrico su fiume Toce - Ponte di Migiandone nei Comuni di Ornavasso e Premosello Chiovenda (VB). Proponente : Valbianca Srl
Pratica n. 546 - Avvio procedimento : 10/06/2015
L.R. 40/98 - DPGR 10/R/2003 E SMI E D.LGS. 387/2003 E SMI – COSTRUZIONE ED ESERCIZIO DI IMPIANTO IDROELETTRICO CON DERIVAZIONE D'ACQUA DAL TORRENTE DIVERIA, IN COMUNE DI VARZO (VB). PROPONENTE : RIGOTTI GIANLUCA
Pratica n. 544 - AVVIO PROCEDIMENTO :19/05/2015
L.R. 40/98 - DPGR 10/R/2003 E SMI - D.Lgs. 387/2003 E SMI – COSTRUZIONE ED ESERCIZIO IMPIANTO IDROELETTRICO CON DERIVAZIONE D'ACQUA DAL T. FALMENTA, IN COMUNE DI FALMENTA (VB). RICHIEDENTE : DITTA OFFICINA LORENZINA SRL.
Pratica n. 543 - AVVIO PROCEDIMENTO :16/04/2015
L.R. 40/98 - DPGR 10/R/2003 E SMI E D.LGS. 387/2003 E SMI – COSTRUZIONE ED ESERCIZIO DI IMPIANTO IDROELETTRICO CON DERIVAZIONE D'ACQUA DALLO SCARICO DELLA CENTRALE "PESENTI ENERGIA BOGNANCO SRL" SUL T. BOGNA, IN COMUNE DI BOGNANCO, AD USO ENERGETICO. RICHIEDENTE : DITTA UNISYSTEM SRL
Pratica n. 542 - AVVIO PROCEDIMENTO 16/04/2015
L.R. 40/98 B- DPGR 10/R/2003 e smi e D.Lgs. 387/2003 e smi - Domanda di nuova concessione di piccola derivazione di acque superficiali dal fiume Bogna, in Comune Domodossola, ad uso energetico. Richiedente: Ferraris Paolo.
Pratica n. 538 - Avvio procedimento : 06/02/2015
D.Lgs. 387/2003 e smi e L.R. 40/1998 e smi - Domanda di autorizzazione unica per costruzione e l'esercizio di impianto idroelettrico con derivazione dal Fiume Toce, in Comune di Crodo - proponente: sig. Dalla Pozza Fabio
Pratica n. 535 - Avvio procedimento :23/12/2014
D.LGS. 387/2003 E L.R. 40/98 AUTORIZZAZIONE UNICA DI VARIANTE AL PROGETTO RELATIVO ALL'IMPIANTO IDROELETTRICO CON DERIVAZIONE DAL RIO CURZALMA IN COMUNE DI FORMAZZA (VB) - RICHIEDENTE : VANNINO ENERGIA S.R.L.
Pratica n. 528
L.R. 40/98 E DLGS. 387/2003 - COSTRUZIONE ED ESERCIZIO IMPIANTO IDROELETTRICO CON DRIVAZIONE D'ACQUA DALLE SORGENTI DI CALANTAGGINE E VARUGGINE IN COMUNE DI VARZO - RICHIEDENTE : COMUNE DI VARZO (VB)
Pratica n. 522
D.Lgs. 387/2003 e smi e L.R. 40/1998 e smi - Domanda di autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio di impianto idroelettrico “Valfatta” con derivazione dal Torrente Pescone, nei Comuni di Omegna e Pettenasco - Richiedente: Idroenergy Srl
Pratica n. 520 - Avvio procedimento: 30/05/2014
D.Lgs 387/2003 e s.m.i. - Domanda per autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio di impianto idroelettrico con derivazione dal torrente Isornino, nei Comuni di Craveggia e Malesco - Richiedente: Idroweld S.r.l.
Pratica n. 518 - Avvio procedimento: 30/05/2014
D.Lgs. 387/2003 e smi e L.R. 40/1998 e smi - Domanda di autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio di impianto idroelettrico con derivazione dal Fiume Toce - Comune di Crevoladossola - Richiedente: Edifica s.r.l.
Pratica n. 516
D.Lgs. 387/2003 e s.m.i. - Domanda di autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianto idroelettrico con derivazione d’acqua dal Torrente Anza, in Comune di Piedimulera - Richiedente: SOLVALORE 3 s.a.s.
Pratica n. 509 - Avvio procedimento: 20/01/2014
Costruzione ed esercizio di impianto idroelettrico con derivazione d'acqua daltorrente Devero, in Comune di Baceno (VB). Richiedenti :Acque Dolci Immobiliare S.r.l.
Pratica n. 508 - Avvio procedimento: 18/12/2013
DLgs 387/2003 e smi e L.R. 40/1998 e smi - Domanda di autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianto idroelettrico con derivazione dal torrente Devero in Comune di Baceno – Richiedente: Vicini Giovanni.
Pratica n. 507 L.R. 40/1998 e smi e DLgs 387/2003 e smi - Impianto idroelettrico con derivazione dal torrente Melezzo Orientale, nei Comuni di Malesco e Villette (Giudizio di Compatibilità ambientale D.D. n. 1138 del 29/05/2014) – Proponente : Ecoenergy srl
Pratica n. 506 - Avvio procedimento: 20/12/2013
DLgs 387/2003 - L.R. 40/1998 - Domanda in data 20/12/2013 di autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianto idroelettrico con derivazione d’acqua dal canale di scarico di una centrale esistente in loc. Grovella, in Comune di Formazza (VB) - Richiedente : Alcotec srl e Ciga sas
Pratica n. 504 - Avvio procedimento :13/12/2013
DLgs 387/2003 - L.R. 40/1998 - Domanda in data 13/12/2013 di autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianto idroelettrico con derivazione d’acqua dal t. Devero, in Comune di Baceno (VB). Richiedente : Prina Pietro
Pratica n. 502 - Avvio procedimento : 06/12/2013
DLgs 387/2003 - L.R. 40/1998 - Domanda in data 06/12/2013 di autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianto idroelettrico con derivazione d’acqua dal t. Quarazza, in Comune di Macugnaga (VB). Richiedente: ditta Frua cav. Mario S.p.A.
Pratica n. 485
Domanda in data 23/11/2011 di autorizzazione unica per modifiche all'impianto idroelettrico con derivazione d’acqua dal rio Valle degli Orti, in Comune di Re - Richiedente: Società Elettrica Vigezzina S.r.l.
Pratica n. 478
Progetto per la costruzione e l’esercizio di un impianto idroelettrico con derivazione d’acqua dal Torrente Diveria, nei Comuni di Trasquera e Varzo (VB) - Proponenete: Società Elettrica Vigezzina.
Pratica n. 467 - Avvio procedimento : 26/07/2012
Progetto per la costruzione e l'esercizio di un impianto idroelettrico con derivazione d’acqua dal Rio Maggiore nel Comune di Valstrona (VB). Proponente: ditta Enell S.r.l.
Pratica n. 454 - Avvio procedimento 15/02/2012
Progetto per la costruzione e l’esercizio di un impianto idroelettrico denominato "Picchetta" con derivazione d’acqua dal rio Arsa nel Comune di Pieve Vergonte (VB). Proponente : Spadone Osvaldo
Pratica n. 407 L.R. 40/1998 e smi e DLgs 387/2003 e smi - Impianto idroelettrico con derivazione dal torrente Melezzo Orientale, nei Comuni di Malesco e Villette (Giudizio di Compatibilità ambientale D.D. n. 2407 del 05/11/2013) – Proponente : ECA SpA
Pratica n. 396 - Avvio procedimento: 17/06/2010
Progetto di realizzazione di un impianto idroelettrico sul Torrente Anza, nel Comune di Macugnaga (VB) - Soc. Luisin S.r.l.
Pratica n. 233
D.Lgs. 387/2003 e L.R. 40/1998 loro s.m.i. - Domanda di autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianto idroelettrico con derivazione d’acqua dal Rio Arnascio e dal Rio Cavaglio, in Comune di Cavaglio Spoccia - Richiedente: Idroelettrica Cavaglio Srl.

mercoledì 8 novembre 2017

SAN DOMENICO/DEVERO






L'Associazione Italia Nostra, Sezione Locale del VCO, assume una posizione ufficiale rispetto al progetto della San Domenico ski e che sintetizza in un suo comunicato in corso di diffusione e che qui nel seguito integralmente postiamo. Questa posizione costituirà la linea guida cui si atterrà nel confronto con i soggetti decisori e che cercherà di sviluppare anche in accordo con le altre Associazioni che sul territorio sono impegnate sui temi ambientali.

Italia Nostra a proposito del progetto della società San Domenico ski.
Le aree interessate dal progetto della San Domenico ski: il Monte Cazzola, la Valle Buscagna, l’alta Valle Bondolero, ma anche il Monte Teggiolo con l’Alpe Vallè fino a Ponte Campo, sono da tempo al centro di un condivisibile percorso di valorizzazione che considera la conservazione di questi paesaggi unici, di questi straordinari ambienti naturali, come la più grande risorsa, anche economica, del territorio.
La conservazione di vaste aree protette è da molti anni al centro della politica della Regione Piemonte che ne ha fatto un suo obiettivo importante.
La frequentazione assidua e sempre più in crescita da parte di un gran numero di visitatori, escursionisti e scialpinisti testimonia il favore con cui un vasto pubblico ha accolto tale politica.
Molti degli interventi previsti nel progetto della San Domenico ski sono destinati a infrastrutturare questa parte delle alpi Lepontine per l’accoglienza di un turismo di grandi masse e ciò non si concilia con i valori della conservazione dei territori, con la conseguenza inevitabile profonda alterazione di ambienti e paesaggi, vera ricchezza non fungibile.
La strada da percorrere è un’altra, come ben argomentato dal Presidente delle Aree protette dell’Ossola, da alcuni albergatori dell’Alpe Devero, dall'associazione di categoria degli Accompagnatori naturalistici e da altre Associazioni che si occupano della conservazione del territorio.
Il nostro appello è quello di salvare il nostro “grande nord”, preservarlo per le future generazioni e non comprometterlo irreparabilmente con un progetto presentato in modo accattivante, ma la cui attuazione si rivelerebbe devastante, portatore di ricchezza per pochi.
Un’economia diffusa, equa, legata culturalmente al territorio in cui si radica è un’alternativa possibile e credibile rispetto ai miraggi dei maxi investimenti di risorse che alterano lo stesso territorio nel momento stesso in cui affermano di valorizzarlo, ma in realtà lo sfruttano.
Occorre essere competitivi sul piano della qualità degli ambienti incontaminati da offrire ad una domanda crescente di turismo “lento” e consapevole e sviluppare servizi, anche innovativi, qualitativamente e quantitativamente adeguati.
Una tale visione dell’economia è quella che lega la gente alle sue radici, rendendola consapevole e orgogliosa della grande opportunità di cui dispone, che gli offre reddito e valore e che oggi una società sempre più connessa in rete rende possibile attuare ovunque ve ne siano le condizioni.
Non vediamo questo obiettivo nel complessivo progetto della San Domenico ski, ma a parte il modo accattivante di presentarlo, ci pare assistere ad una riproposizione di modelli non dissimili, per buona parte, da quelli che caratterizzano tante altre tradizionali stazioni turistiche alpine di massa.
La politica Regionale e locale, le Istituzioni preposte alla tutela del Paesaggio, le Istituzioni Europee dovrebbero avere il dovere di condividere una diversa visione della crescita economica dei territori incontaminati, opponendosi ad una loro inevitabile degradazione conseguente ad investimenti che ne provocano una diffusa omologazione.
Spetta dunque in questo momento ai soggetti di governo del territorio guardare lungo, indicare la rotta anziché essere guidati da miraggi di investimenti massicci e fors’anche troppo facili.
L’invito e l’auspicio sono di fermarsi, di riflettere a fondo e di aprire un confronto sui mondi possibili delle poche terre alte ancora rimaste.

sabato 4 novembre 2017

LA STAMPA






La questione del consumo di suolo assume una nuova attualità con l'esempio che anche La Stampa, con un suo articolo di oggi, mette sulla sua pagina locale. Il deposito di materiali di scarto di cava che è stato realizzato a Vogogna colpisce per le sue dimensioni e per il suo impatto sul paesaggio e pone diverse domande in ordine alla conservazione ed alla crescita della qualità dei territori. Ora che questa Associazione ha inoltrato a tutti i soggetti pubblici interessati una domanda di chiarimento e di informazione attendiamo che cosa ci risponderanno e a quel punto, con un quadro più aggiornato potremo tornare in argomento con maggior informazioni che ci consentiranno di trarre nuove considerazioni e valutazioni e, nel caso, intraprendere altre azioni a tutela del paesaggio. 



domenica 29 ottobre 2017

VOGOGNA/VALLE OSSOLA. IL NUOVO CHE AVANZA










Vi sono situazioni che prendono avvio pian, piano, quasi in sordina; magari all'inizio vengono fatte passare per provvisorie, o meglio temporanee, poi la temporaneità si trasforma in stabilità, le dimensioni della cosa aumentano e quando ci si interroga su cosa è che è successo rischia di essere troppo tardi. Forse è successo o sta succedendo anche in questo caso che rappresentiamo nel post odierno e che interessa un'area del Comune di Vogogna, Comune che già desideroso di ospitare nel suo territorio la centrale di conversione del più famoso Interconnector, ma noto anche per alcune intemperanze del suo Sindaco Onorevole avverso mancate opere di prelievo dei materiali litoidi dal greto del fiume Toce. Ora sembra contento di vedere crescere, a dismisura, una montagna di detriti di cava, sul proprio territorio, anche quello che parrebbe agricolo. Il tutto in fascia Galasso di vincolo paesaggistico in sponda destra orografica del fiume. Insomma una prova generale della futura e per loro auspicabile centrale di conversione, una "valorizzazione" a modo loro di un territorio che dovrebbe essere difeso nei suoi valori ambientali e di cui l'ormai scarso terreno agricolo pianeggiante della valle costituisce una risorsa preziosa piuttosto che trasformarlo, temporaneamente o no, in una pietraia. A noi ci pare che a questo punto sia utile e necessario sapere e capire che cosa è successo e che cosa potrebbe ancora succedere. Per questo motivo abbiamo preparato la lettera che invieremo ai soggetti pubblici tutti che dovrebbero essere stati coinvolti in questa vicenda e, sulla base delle risposte che avremo, vedremo cosa sarà meglio fare. Per ora vi postiamo qui nel seguito la bozza della lettera, con l'impressione che il tutto non finirà né qui, né molto presto. 



E' di manifesta evidenza l'attività di stoccaggio, deposito, o che altro lo si possa definire, di materiali inerti che da alcuni tempi si svolge in territorio del comune di Vogogna. 

Tale attività è in ambito posto in fregio alla SS 32, all'interno della fascia di vincolo paesaggistico della sponda destra del fiume Toce e in area, alla luce della tavola di azzonamento del PRGC, consultabile sul sito del medesimo Comune di Vogogna, in parte a destinazione artigianale, in non minor parte a destinazione agricola E1 ad elevata produttività e in parte residuale in ambito di rispetto dell'impianto pubblico di depurazione. 

Crediamo inoltre che sempre l'ambito in argomento sia interessato da vincoli posti dalla corrispondente fascia individuata dal vigente PAI.

L'attività si è venuta, nel tempo, sempre più allargandosi ed oggi è costituita, senza pressoché soluzione di continuità, da un deposito in rilevato di diverse centinaia di metri di lunghezza e diverse decine in larghezza oltre che per un'altezza variabile, ma stimabile sino anche una decina. Se poi si aggiunge che il "deposito" si estende anche sotto il livello della quota di campagna attraverso la contestuale formazione di una vasca di alcuni metri di profondità ottenuta mediante lo scasso del terreno e l'asportazione del materiale da coltivo e altro, si ottiene una adeguata raffigurazione della imponente consistenza di tale rilevato, paesaggisticamente, a giudizio della Associazione che rappresento, insostenibile.

Non si conoscono i riferimenti autorizzativi che hanno consentito che un tale imponente deposito si venisse, via via, formando. Si conosce l'origine del materiale che viene stoccato, ma ogni altro elemento al momento ci sfugge e non ne siamo in possesso.

Possiamo solo osservare che, al di là della evidente non conformità paesaggistica di quanto si è venuto a realizzare, l'eventuale sostenibile provvisorietà dello stesso ci pare confligga con la sua stessa dimensione, con le modalità, già evidenziate, di sua realizzazione e con il fatto che, ancorché ora abbia assunto dimensioni imponenti, per quanto consultabile e scaricabile in rete da immagini comunque datate, il processo di formazione non è recentissimo, ma ha avuto inizio già alcuni anni or sono e, verosimilmente è destinato a procedere per altri anni.

Eclatante poi, salvo smentita per fatti a noi non noti, la non conformità del "deposito" con l'azzonamento previsto dal piano regolatore del Comune interessato, oltre che dalle norme di attuazione del medesimo che non paiono disporre di una regolamentazione per tali casi.

Tutto quanto premesso, fatta salva ogni altra azione che questa Associazione intenderà intraprendere a difesa e tutela dei valori del paesaggio che in questo caso ci sembrano fortemente compromessi, giova conoscere, rivolgendosi agli Enti ed ai soggetti tutti in indirizzo, ad ognuno per la propria competenza, ogni utile informazione circa la natura della modifica del suolo intervenuta, i titoli amministrativi che l'hanno consentita, la conformità di quanto realizzato ed in corso di realizzazione ai medesimi eventuali titoli autorizzativi, ogni altra ed ulteriore informazione utile a fine dell'esatta, compiuta e certa qualificazione di quanto realizzato e in corso.




Si ringrazia per l'attenzione e si rimane in attesa di un cortese riscontro. 






Si allegano: FILE DI FOTO/ FILE DI AZZONAMENTO prgc 

     

lunedì 23 ottobre 2017

DEVERO- S. DOMENICO I CAPITALI INTERNAZIONALI


Risultati immagini per devero san domenico


Il nostro Presidente Onorario, Italo Orsi, ci dispensa questo suo saggio e come sempre, illuminante racconto sui soldi che dovrebbero arricchire le nostre montagne. Pubblichiamo quindi in anteprima il racconto che, stampa permettendo, dovrebbe comparire sul settimanale locale dell'Ossola. Buona lettura.


"La pubblica opinione ossolana si sta appassionando come non mai alla vicenda degli impianti da sci (pardon, "Rete di trasporto" ) che dovrebbero avvolgere come una ragnatela d'acciaio i siti più belli e incontaminati delle nostre montagne. La storia avvince più della telenovela di “Harvey” che sta intrigando gli italiani tutti. Si fa gran parlare di un " gruppo" di investitori svizzeri (non più cordata, porta male) pronti ad investire "paccate" di miliardi, per dirla alla Fornero, nel più grande circo delle nevi che mente umana abbia mai concepito.
Essendo curioso sono andato a spulciare in documenti ufficiali (alla portata di chiunque) chi sono i componenti di questo "gruppo". Il più visibile e reperibile è senz'altro il Sig. Andrea Malagoni, nato a Cunardo (VA) nel 1945. domiciliato a Milano, cittadino svizzero, amministratore unico della non meno conosciuta San Domenico Sky Srl, costituita nel 2009.
Siccome si parla di "gruppo" ho approfondito la ricerca per conoscere gli altri componenti del sodalizio.
Ho cominciato dai soci della San Domenico. Sky Srl. Chi sono? Dai documenti risulta che l'unico socio proprietario è la Mibafin Investment SA con sede in Lugano (CH), costituita nel 2009. E chi sono i proprietari della Mibafin Investments, società anonima? Sorpresa: il solo ed unico socio è sempre Andrea Malagoni; e il cerchio si chiude. In definitiva risulterebbe che Andrea Malagoni è l'unico legittimo proprietario e dirigente del "gruppo", si fa per dire, di investitori svizzeri. Una sorta di "0ne man show" della finanza internazionale che impersona più ruoli e personaggi, come Crozza nei suoi spettacoli, peraltro più divertenti. Nulla di male ovviamente, ma perché questo inutile paravento dell'indubbiamente abile imprenditore? La bizzarra situazione ha già provocato strane voci del tipo: che e chi c'è dietro? Capitali russi, cinesi, pakistani o quant'altro? Il male, purtroppo, risiede altrove, cioè nel progetto di alluvionare l'Ossola con folle di visitatori domenicali mordi e fuggi (dieci milioni di potenziali turisti! Dicono) trasformandola in una brutta appendice dell'hinterland milanese proprio nel momento che c'è una crescente domanda di natura "naturale", non illusoria. Non bastano parole e slogan a mutare la sostanza delle cose. L'han ben capito i tre albergatori di Devero che hanno un contatto quotidiano con la clientela di domani in fuga dalle città degradate.
Veda perciò il bravo Malagoni di non allargarsi troppo e di concentrare i suoi interessi su San Domenico località ormai perduta per sempre e già "rapallizzata" in modo irreversibile. Il mondo è pieno di non luoghi che andrebbero riqualificati, perciò lasci perdere i territori ancora integri. L'Ossola è già stata gratificata dallo scalo Domo 2 e dal futuribile Interconnector che han portato o porteranno soldi e prosperità a palate come tutti sanno. Non ha bisogno d'altro: troppa grazia Sant'Antonio verrebbe da dire o, se preferite, troppa grazia Santi Domenico e Andrea.
Con osservanza."



Italo Orsi

venerdì 20 ottobre 2017

ARCHEOLOGIA CONTEMPORANEA







Il Convegno sulla archeologia industriale, come programmato, si è svolto oggi, 20 ottobre, a Torino. Buona la partecipazione di pubblico; oltre settanta persone hanno riempito la sala dell'Archivio di Stato di P.za Mollino dove otto interventi tenuti da architetti, docenti universitari, rappresentati di Italia Nostra e con la partecipazione della Soprintendenza hanno portato testimonianze diverse su di una questione che la crisi industriale di questi ultimi anni ha soltanto acuito e non risolto. La Sezione provinciale del VCO ha presentato due testimonianze di archeologia contemporanea; la Bialetti di Crusinallo e la Girmi di Cireggio. Impedito per intervenuti imprevisti il relatore ufficiale, Architetto Ripamonti, il Presidente della Sezione ha supplito presentando, in sequenza, tre contributi corredati da video e foto e che qui pubblichiamo per chi ne avesse interesse.

LA BIALETTI, UN'INDUSTRIA CON I BAFFI

L’archeologia contemporanea, un ossimoro, ma che, paradossalmente, diventa lo stimolo per una riflessione anziché essere accantonato come una boutade. 
Succede nel caso dei due esempi che abbiamo scelto di presentare nel convegno di oggi. 
Due realtà, o meglio ex realtà industriali, cresciute, all’inizio della seconda parte del secolo passato, dentro il distretto industriale del Cusio che, in quegli anni, aveva fatto delle produzioni del casalingo la sua fortuna. 
Il primo esempio, anche in ordine cronologico, si affermava per la genialità di un imprenditore estroverso, che in pochi anni, sull’onda dello sviluppo economico del dopoguerra e della crescita della curva demografica, riusciva con un prodotto molto semplice, ma geniale appunto, ad entrare, è il caso di dirlo, dentro pressoché tutte le famiglie italiane, utilizzando, con intuizione, un messaggio pubblicitario accattivante, l’omino coi baffi, che i primi “Caroselli” portavano sul tavolo di quelle famiglie che ne sarebbero diventate il primo e più rilevante mercato.
Il tutto si realizzava nello stabilimento, firmato dall'architetto Caneva, sorto all’inizio degli anni 50 a Crusinallo di Omegna, uno stabilimento moderno, anzi modernissimo, dalle linee razionaliste, assai diverso, anzi irriconoscibile, salvo eccezioni, se confrontato con i modelli precedenti, ma anche successivi della fabbrica industriale. 
Una fabbrica orizzontale/verticale, concepita su più livelli dunque, dove sarebbe stato difficile cogliere la differenza tra l’ala produttiva e quella amministrativa, financo quella dirigenziale. 
Il tutto era ed è fuso in un unico modello architettonico, dove la luce naturale diventa un elemento dominante, gli spazi sono open space e forse l’unica traccia ottocentesca, l’impronta della fabbrica governata da un padrone, è l’ufficio padronale appunto messo in una posizione assolutamente dominate rispetto l’intera ala dedicata all’amministrazione dell’azienda.
Uno stabilimento “modello” si sarebbe stati tentati di così definire, dove il “modello” si rispecchiava poi anche in quello di una gestione attenta al suo perfetto mantenimento, quasi un vizio maniacale che vedeva impegnata, in permanenza, una squadra di servizio per la pulizia delle superfici vetrate, dove i macchinari venivano riverniciati a nuovo una volta ogni anno, dove le scrivanie impiegatizie avevano il piano di cristallo trasparente, con obbligo di essere lasciate in perfetto ordine al termine del turno, dove l'archivio ammnistrativo era un altro elemento di assoluta innovazione, dove un'impianto meccanografico, quasi incessantemente in moto, occupava l'intero piano dell'ala degli uffici, dove la filodiffusione si diffondeva negli ambienti della produzione e dove le cento docce a disposizione delle maestranze erano forse l'illusione di eliminare, al di qua dei cancelli, le divisioni che si riproducevano al di là dei cancelli della fabbrica.
Una fabbrica moderna, pulita e ordinata, dove una severa disciplina del lavoro si fondeva con lo stesso ordine materiale delle cose, anzi ne era un elemento essenziale, ma che, paradossalmente, pur nel non annullato conflitto, conferira alle maestranze il senso dell'appartenza ad una aristocrazia che le differenziava, certamente sul piano salariale, rispetto al lavoro presso altri stabilimenti. 
Sotto il profilo economico è stata un' esperienza felice e per molti anni fortunata, arrivando a produrre sino a 18.000 pezzi ogni giorno, una vera produzione di massa che si riversò, per ben oltre due decenni, sui tavoli, principalmente, ma non solo, di pressoché tutte le famiglie italiane.
La sua fortuna era probabilmente anche però il suo limite; il mercato di un prodotto quasi indistruttibile non poteva essere infinito e i mercati laddove avrebbe potuto espandersi erano anche quelli che seppero velocemente impadronirsi del “ brevetto” ; la curva demografica interna intanto cominciava a fare sentire gli effetti della decrescita, insieme a quella del numero delle nuove famiglie; il mercato si apriva, ma diventava più competitivo e più difficile. 
L’omino coi baffi aveva fatto il suo tempo, lo sapeva benissimo, l’impresa famigliare non aveva eredi capaci di raccogliere l’eredità ancorché in vita il fondatore; passò la mano e altri continuarono per alcuni anni la produzione, ma spostandola altrove, prima vicino, poi più lontano e ora la traccia si perde anche se il marchio ancora esiste e da qualche parte del mondo il prodotto ancora esce.
Lo stabilimento di vetro, l’icona di un tempo contemporaneo del panorama industriale locale, faticava e fatica a ritrovare una sua adeguata funzione. Smontate le linee produttive, i padiglioni, già animati dal lavoro operaio, sono diventati spazi vuoti attraversati solo dalla luce; frazionati e smembrati altri settori sono ora occupati da improponibili pizzerie, da unità commerciali o da delocalizzati uffici e servizi; ma lo stabilimento rimane pressoché intatto nelle sue linee architettoniche essenziali, nella sua singolarità all'interno di un panorama industriale ben diverso. 
Sulla sua facciata svetta ancora, mai rimosso, il nome della fabbrica che non c’è più. 
Che poi sia stato lasciato come un ricordo del passato o una speranza per il futuro, questo non ve lo possiamo ancora raccontare.

LA GIR-MI UN ACRONIMO FORTUNATO

Erede di una tradizione industriale già consolidata, quella della Società Cooperativa Torneria la Subalpina nata nel 1919 in Valle Strona, la fabbrica negli anni quaranta si trasferisce a Omegna, ma soltanto nel 1963 trasforma il suo nome in quello di "Girmi - la Subalpina" e solo nel 1971 in "Girmi" spa; l'acronimo di gira e miscela.
La storia dello stabilimento fisico che vi raccontiamo si intreccia però con quella del figlio del fondatore della vicenda industriale.
Carlo Caldi, che si sottoscrive con il soprannome di Carlito per le origini Argentine della madre, galeotto il viaggio di nozze negli Stati Uniti nel 1947, subisce la fascinazione degli elettrodomestici che in quel paese in quell'epoca erano già diffusi e da lì a proporli sul mercato italiano il passo non sarà immediato, ma comunque prenderà avvio e i primi prodotti saranno il macinino e il frullatore; la Gir-mi, appunto.
La plastica è il nuovo materiale verso il quale le produzioni si orientano. La sua novità, unità alla leggerezza ed alla possibilità di ridurre i costi e il prezzo finale del prodotto sono determinanti per la sua scelta.
Tale scelta, ancorchè inizialmente non garantisse una qualità perfetta del prodotto, grazie al basso prezzo è invece decisiva per il successo delle vendite, determinado il salto dimensionale dell'azienda che passa dai 50 addetti degli anni cinquanta ai 400 degli anni settanta.
Il successo aziendale impone la ricerca di nuovi spazi produtti e Carlo Caldi acquista un 'area di 60.000 mq. posta sulla collina di Cireggio, frazione di Omegna, area occupata dalla villa " Pestolazzi" con annesso un grande parco.
L'ambito non è forse quello che ai più verrebbe pensare da destinare ad un sito produttivo, affacciato come è, in posizione dominante, verso il lago, ma nel 1963 viene costruito il nuovo stabilimento, un immenso spazio posto su di un unico livello che occupa una superficie di circa 7.500 mq. , totalmente libero da colonne e pilastri, con una copertura formata da una struttura reticolare a elementi prefabbricati in lamiera piegata che permettono di coprire una luce, senza sostegni, fino a 120*50 ml.
Anche in questa realizzazione non è estranea la contaminazione che già per i prodotti era venuta dagli Stati Uniti. L'intera copertura del capannone è infatti acquistata in quel paese, proveniendo dallo smantellamento di un supermercato, e viene importata non senza dispendio di costi. 
Ne nasce, per quei tempi, un innovativo edificio che segnala la sua presenza sul territorio anche grazie alla colorazione rossa che lo contraddistingue.
Al suo interno la produzione viene organizzata a "ciclo orizzontale", la materia entra al piano ed esce finita allo stesso piano, attraverso un' organizzazione dello spazio articolata a " ferro di cavallo" .
Un magazzino multipiano, tra i primi automatizzati in Europa, costituisce l'impianto logistico; le sezioni tecnica e programmazione sono collocati in uno spazio vetrato sopralzato che da direttamente sopra la fabbrica; gli uffici amministrativi sono invece sistemati all'interno della villa Pestolazzi e un sistema di posta pneumatica li connette ai reparti produttivi. Intorno rimane il grande parco originario, animato da daini e caprioli. 
E' dunque all'interno di questo grande spazio produttivo che nascono e prendono forma i brevetti, a tutela della loro ideazione. Una serie di produzioni e di parti meccaniche, che nel 1998 raggiunge il numero di 18 è sottoposta a brevetto e si diffonde nel mercato sull'onda dell'economia dei consumi e grazie all'accattivante attrattiva che una nuova categoria di artisti rivolge ai prodotti industriali.
Il rapporto della Girmi con il designer è fondamentale. Lo stesso Carlo Mazzeri che firma i disegni del nuovo stabilimento svolge un'esperienza in tale senso e collabora con l'azienda per la ridisegnazione di alcuni prodotti quali: l'asciuga capelli, i coltelli elettrici, il frullinio a immesione ecc..
Collaborazione saltuarie, ma eccelenti si annoverano durante i diversi decenni di vita dell'azienda: da Marco Zanuso alla fine degli anni 50, a Michele De Lucchi negli anni 80, a Pinifarina nel 90.
Più assidua la collaborazione di Ludovico Mattioli che sottoscrive un contratto a partire dal 1978 e che continua sino all'entrata di Luca Meda nella Girmi all'inizio degli anni 80.
Quest'ultima collaborazione non si limita al campo del designer di prodotto, ma si estende alla progettazione dell'immagine dell'azienda, alla costruzione della sua identità attraverso la cura della comunicazione per il suo riconoscimento nel rapporto con il mercato.
La collaborazione con Michele De Lucchi nel 1979 consente all'azienda di esporre al Beaubourg una serie di elettrodomestici prodotti a scopo promozionale. 
Le ultime collaborazioni sono poi quelle degli anni immediatamente precedenti la chiusura avvenuta nel 2004 e i rapporti sono quelli con lo studio Ugolini, con Nico Smench di origine Olandese e con Vinod Gangotra di origene Indiana.
L'azienda non importa dagli Stati Uniti soltanto lo stabilimemto di Cireggio, importa anche un modello di casalinga dove i piccoli elettrodomestici sono rappresentati come l'ausilio essenziale nelle faccende domestiche. Essi sono altresì associati, simbolicamente, ad un'alimetazione sana dove il frullatore diventa la macchina della produzione delle vitamine da estrarre da frutta e verdure.
Il Frullo del 1954, il Mokaro del 1956, il Carosello del 1958, il Frulletto del 1959, il Cremespress del 1960, il Gastronomo sempre del 60, la caffetiera elettrica Espresso ancora del 1960, il macinacaffè Mc14 major sempre degli stessi anni 60.
Nascono a ritmo veloce e incessante tutti questi "giocattoli" che entrano nell'arredamento delle cucine italiane che sempre più diventano una sorta di piccole fabbriche semiautomatizzate per la trasformazione di cibi e bevande.
Il designer in questo processo fa la sua parte, fondamentale, coniugando l'estetica con la funzionalità e con l'utilità e il mercato per molti anni premia, spingendo verso nuovi prodotti, nuove forme e nuove funzionalità, anche attraverso restyling successivi. La Gelatiera GL12, il tritatutto TR50, il frullatore FR52, la centrifuga CE11 e il Naturista del 1981 si inseriscono nel continuum della tendenza " salutista" che vede il Naturista compatto del 1987.
La serie delle produzioni è dunque molto lunga, ma la vicenda industriale conosce una curva, forse inesorabile, e Girmi spa, azienda sostanzialmente a base famigliare non ha al suo interno le risorse umane necessarie alla sua stessa successione; i modelli di consumo, ma anche di vita cambiano, le casalinghe abbattono il loro tempo di permanenza media tra i fornelli di cucina da circa due ore di un tempo ai 15 minuti giornalieri attuali, i "giocattoli" non attirano più, la globalizzazione ormai è arrivata, la finanza attrae di più le risorse che non la produzione, l'azienda passa di mano, una, due o forse anche più volte, il marchio lo acquista prima la Bialetti, poi altri, poi altri ancora, ma dove sia ora difficile dirlo con certezza, nel 2004 chiude e va in liquidazione fallimentare, ma nessuno si è ancora presentato alle aste.
Il grande stabilimento venuto dagli Stati Uniti, montato pezzo su pezzo sulla collina di Cireggio chiude i battenti e non riaprirà più; il silenzio che prima era rotto dalla musica che, durante i turni produttivi, si diffondeva attraverso gli amplificatori posti al suo esterno, è tornato.
Il grande parco dei daini e dei caprioli, vigoroso e prepotente, quasi a voler mostrare e dimostrare una supremazia della natura, è avanzato nella maniera più libera e disordinata possibile, impossessandosi della fabbrica. La sovrasta, la chiude nell'intreccio della vegetazione come a volerla nascondere, persino seppellire. Il fabbricato esteso più di un intero campo di calcio non esiste più alla vista umana. La collina verso il lago esplode di colori che l'autunno estivo di questo anno svela, ma della fabbrica quasi neppure un'ombra.
E forse questo è il suo destino; venuto da un paese lontano, quasi un oggetto ancora sconosciuto, collocato in un luogo che nulla aveva di sito industriale, abbandonato dall'uomo è preda di una natura che se ne impossessa, lo smonta, lo rottama, lo distrugge pezzo a pezzo e tempo un secolo non ci sarà più. 


LA DEINDUSTRIALIZZAZIONE IN BREVE 

Il tema della archeologia industriale, unito a quello forse più attuale della rottamazione o che altro si voglia dire e definire, è un tema che tocca da decenni il panorama dell’intera Provincia del Verbano . 
La storia industriale degli anni che hanno attraversato la fine del secolo passato e l’inizio di quello attuale è una storia di chiusure, smantellamenti, dismissioni o delocalizzazioni che, a seconda dell’epoca e della crisi industriale del periodo, ha lasciato sul terreno realtà note, altre meno note, alcune storiche e non o più semplicemente e più recentemente uno stilicidio di unità produttive minori che oggi mostrano il cartello vendesi o affittasi.
Ha iniziato la grande industria, quella storicamente insediata, l'industria siderurgica in primis; La Pietra di Omegna, ex Cobianchi,con il suo altoforno messo quasi in mezzo alla città, ora al suo posto c'é un'area commerciale, un'altra scolastica, una residenziale e il "Forum", il centro polifunzionale pubblico dedicato alla storia dell'industria locale, segno che quando non c'è più l'industria si passa a farne la commemorazione; poi è venuta la Ceretti di Villadossola, altra industria siderurgica e al suo posto è sorto il teatro, "La Fabbrica", e così se ne evoca almeno il nome; segue anni dopo la Sisma, una fabbrica energivora in termini di occupazione, sempre di Villadossola; mi pare che sia rimasto uno spazio ancora vuoto; ma diversi anni prima aveva terminato una lunghissima agonia chimica la Montefibre di Verbania, in parte ora Esselunga e, in parte, sino al 2010, una nuova industria, ancora chimica, "l'acetati" con una scia di "veleni" che si è portata dietro anche dopo la sua chiusura e che il nome già anticipava; si aggiunge all'elenco della morte del lavoro il cappellificio Panizza di Ghiffa, trasformato in una pregiata residenza sul lago e la Cartiera di Verbania, ora uno spazio polifrazionato e spezzettato per tante molteplici piccole e piccolissime aziende.
A seguire viene poi la crisi, a cavallo dei due secoli, quella dei distretti industriali, che nella Provincia colpisce il casaligo e che, pezzo dopo mezzo, smonta nell'arco di un quindicennio, una buona parte dell'apparata produttivo e occupazionale che negli anni del boom economico aveva felicemente edificato; la Bialetti e la Girmi sono dunque i grandi simboli di questo smantellamento, ma non sono soli. 
La rottamazione però non si ferma ancora e la crisi economica e industriale più profonda che la storia contemporanea ha conosciuto e che per molti versi ancora conosce, smantella un'altra miriade di piccole e meno note aziende.
Ne fa le spese anche una più nota, la Legatoria del Toce della De Agostini e si disertificano intere aree artigianali e industriali che erano, poco prima, cresciute sull'onda di piani attuativi produttivi che i Comuni sembrava avessero fatto a gara a realizzare.
Qualche riconversione commerciale; diversi abbattimenti, una qualche nuova struttura pubblica sorta sui loro resti; singoli destini residenziali, altri frazionamenti di strutture rimaste in piedi a beneficio di piccole e piccolissime aziende artigianali di servizio, ma molte piccole e alcune grandi unità stanno lì ora abbandonate ad un destino che non si vede, né si intravvede.
Il panorama che si osserva dopo decenni di ripetute crisi lascia sul terreno i segni visibili di una storia industriale fatta più di chiusure, cessioni, liquidazioni e fallimenti che non altro.
Il simbolo più eccellente di questo processo di deindustrializzazione rimane però quella stessa struttura edificata, in fondo solo recentemente, per essere lo strumento di promozione e di innovazione a servizio dell'apparato industriale. 
Oggi il vasto complesso del Tecno Parco, firmato da Aldo Rossi e finanziato dai fondi della Comunità Europea, conclude la sua stentata e breve vita tra le carte dei procedimenti di liquidazione societaria, mentre il corpo principale, affrettatamente ceduto a sede dell'Ente Provincia, assiste accumunato da uno stesso non felice destino, imponente e impotente, alla gravissima crisi finanziaria in cui lo stesso Ente Provincia si dibatte senza uscirne .