domenica 28 ottobre 2018

PAESAGGI SENSIBILI: UN CONVEGNO A VERBANIA

 






Si è svolto ieri, 27 ottobre, il convegno titolato: "Paesaggi Sensibili" che vedeva come temi trattati il Piano Grande di Fondotoce e il Monte Tèggiolo in Valle Cairasca/Divedro. Nella sala di Casa Ceretti a Verbani Intra, messa a disposizione dal Museo del Paesaggio, cinque interventi hanno trattato gli argomenti. Ha introdotto Italia Nostra sul tema del Piano Grande, ripercorrendo la storia della Riserva e della lunga contesa tra le istanze di conservazione e quelle di trasformazione. ( il testo integrale dell'intervento lo riproduciamo qua sotto); Filippo Pirazzi e Sonia Vella, animatori del Gruppo Valdossola Salviamo Paesaggio, hanno accompagnato gli ospiti in un percorso virtuale sulle pendici del Tèggiolo, illustrandone gli aspetti paesaggistici, naturalistici e geologici che ne meriterebbero una tutela anzichè la progettazione di investimenti quali sono quelli previsti nel progetto "Devero avviciniamo le montagne", anche questi svelati nei loro aspetti sin oggi conosciuti. Un interessante intervento tecnico di Edoardo Villa, funzionario dell'Ente aree protette del Ticino e del Lago Maggiore, ha illustrato le problematiche legate alla gestione dell'area di Fondotoce, dove la pressione antropica, esercitata dalle attività turistiche, è un elemento di oggettiva criticità. Flavia Bianchi, Architetto, responsabile di Legaambiente Piemonte per la pianificazione e l'urbanistica, ha svolto il tema legato allo strumento del Piano Paesaggistico Regionale ed alle sue implicazioni e ricadute sui territori che il convegno prendeva in considerazione. Marino Ferrari, Architetto e già docente a contratto presso la scuola di Architettura del Politecnico di Milano, ha chiuso gli interventi con spunti e riflessioni, incentrate sul Piano Grande, sul rapporto tra i luoghi e la loro antropizzazione e gli strumenti di verifica previsto dalla legge ambientale. Oltre due ore intense che hanno suggerito ai partecipanti riflessioni e offerto conoscenze. L'inclemenza del tempo di oggi, domenica 28, ha però fatto saltare l'appuntamento previsto per la visita guidata alla riserva. Se possibile lo riproporremo prima della fine del prossimo novembre.




IL PIANO GRANDE DI FONDOTOCE
UN PAESAGGIO CONTESO TRA CONSERVAZIONE E TRASFORMAZIONE


Non sappiamo se il titolo che abbiamo scelto possa essere da tutti condiviso, ma la vicenda stessa di quest'area suggerisce di introdurre in questo modo.
La sua origine ne fa un luogo che è stato e sarà sempre soggetto a variazioni naturali.
E' una terra portata dai fiumi, perciò è instabile; la sua morfologia è cambiata nel tempo e ancora cambierà, i suoi confini si allargheranno o si restringeranno secondo le alluvioni, i trasporti solidi, le stagioni secche o piovose, le mutazioni del clima, le quote del lago.
Su questo lembo di terra l'uomo dovrebbe essere ospite, manco padrone, dovrebbe seguirne le evoluzioni: diventare agricoltore, nulla di più, quando l'acqua è bassa e la terra è fertile, ma essere pronto ad abbandonarla quando la piena si alza o il corso del fiume devia e restituisce la terra all’acqua.
Così sarà pure stato un tempo, peraltro neppure molto lontano, quando ancora i due laghi si lambivano e quando questa terra incominciava a prendere la forma e a disegnare i suoi instabili confini che oggi conosciamo e a proposito, già non tutti ricordono quando, soltanto qualche decennio fa, l’acqua si rimpossessò della terra, portandosi via tutti i ponti.
Una storia solo di secoli, non di ere geologiche; una storia che dal tempo di Roma arriva a noi; quindi, dal punto di vista della vita della terra, un nulla.
Non ha una vastità immensa, tutt’altro, sono solo 360 ettari quelli fatti oggetto di tutela; alle sue spalle non c’é un territorio della misura di una regione, raccoglie ciò che una valle principale e le sue laterali lasciano che il fiume si prenda.
La sua foce non è la Camargue, non è il delta del Po; non c’é un mare dove le acque si riversano, soltanto un lago, ma tutto si tiene, o si dovrebbe tenere, tutto sarebbe in equilibrio e in scala o dovrebbe esserlo e continuare ad esserlo.
Se l’uomo fosse soltanto ospite, le altre specie, animali o vegetali che siano, dovrebbero invece esserne padroni; così è stato e così dovrebbe essere in quest’area, tipica zona umida relittuale in un'ambito che però oggi è ad intensa pressione antropica.
Se dal punto di vista naturalistico gli ambienti di questo genere sono tra i piu' ricchi e preziosi, anche perché residui, il Piano Grande fa comunque la sua parte: le sue basse rive sabbiose, il canale che unisce i due laghi, il canneto che si insinua dalla linea di costa sin dentro la terra, la variegata mosiacatura della vegetazione palustre, i resti di un bosco planiziale, tutto svolge il compito di luogo di riproduzioni di specie, di nidificazione e di passo, di conservazione delle specie che lo popolano o che solo vi transitano.
E’ stato questo il motivo: l’alto tasso di biodiversità che ha portato nel 1990 ad approvare, con legge regionale, la istituzione della riserva di Fondotoce.
Suo scopo principale era e rimane la conservazione della biodiversità, laddove il maggior problema è forse l’elevato livello di pressione antropica non solo all’esterno immediato dei suoi confini, ma anche dentro il suo perimetro.
La riserva, istituita in forma ridotta rispetto alle iniziali ben più ampie intenzioni, veniva ad interessare un’area dove già erano presenti attività ad elevata pressione antropica.
Poichè la delocalizzazione avrebbe fatto scandalo (l’unico caso, ma solo auspicato nel piano naturalistico del 2009, è quello di un frantoio per la lavorazione delle pietre che infatti è ancora lì), gli strumenti di gestione della riserva avrebbero dovuto, più modestamente, contenere l’espansione e introdurre misure che mitigassero la presenza di quelle attività, così da renderle, in qualche modo, compatibili.
Il rischio opposto peraltro non mancava e non sarebbe mancato: quello cioé che fosse la riserva a dover diventare compatibile con quelle presenze e, leggendo gli strumenti di gestione e in particolare di pianificazione, qualche dubbio in tal senso lo si può avanzare.
Da qui, da questa convivenza difficile, si sono succeduti i vari capitoli della contesa tra le intenzioni verso la conservazione e gli interessi rivolti, invece, alla trasformazione.
Compito, quello di gestirla, comunque non facile, laddove il territorio governato dal “Piano di gestione“ trovava anche un limite negli stretti confini della zona tutelata, quasi fosse indifferente ciò che sarebbe potuto avvenire nell’immediato esterno del suo perimetro.
Cito, al proposito, l’Arpa che nella relazione redatta per l’espressione del parere tecnico in ordine alle modifiche del Piano di gestione della riserva, chieste pochi anni fa per la realizzazione di un nuovo campo da golf di 30 ettari al suo interno (significativo capitolo di quella contesa che abbiamo messo nel titolo) osservava:


“ ...che l’insediamento di attività nuove, anche se all’esterno del confine dell’area di interesse naturalistico, devono costituire parte integrante dello studio di incidenza in quanto non si possono escludere a priori ripercussioni sulle componenti biotiche peculiari del SIC.”

In questo possiamo quindi leggere un punto debole della legge istitutiva.e cioé la mancata definizione di un’area contigua di protezione che pur sarebbe stata legalmente possibile, sicuramente opportuna e forse utile a non alimentare poi aspettative o a non determinare pressioni finalizzate a scopi diversi da quelli propri della riserva medesima.
E’ vero che vi erano altri strumenti di tutela e di governo delle aree anche attigue, mi riferisco al vincolo paesaggistico che nel corso del 1977 (D.M. 21/06/1977) era stato posto con al centro il Mont’Orfano e i cui confini abbracciano anche l’area del Piano Grande.
Mi riferisco ai vincoli legali posti nel 1985 dalla legge Galasso a protezione dei paesaggi delle sponde lacustri e dei fiumi.
Mi riferisco anche ai più recenti vincoli del piano di assetto idrogeologico del bacino idrografico del Po: il “PAI”.
a maglia normativa che via via si è andata formando ma con finalità diverse da quelle più proprie dell’area protetta di Fondotoce: nel caso del vincolo del Mont’Orfono e di quelli posti dalla Legge Galasso, è il paesaggio il bene tutelato; nel caso del piano di assetto idrogeologico, la tutela è dal rischio esondativo, peraltro, nel nostro caso, assai elevato.
La conservazione della biodiversità presente nella riserva era e rimane invece lo scopo fondamentale della sua istituzione e il Piano naturalistico e/o di gestione sono lo strumento per l’attuazione di tale obiettivo.
Quindi finalità ben diverse, ma non per questo non connesse tra loro, perché è indubbio che, riprendendo quando viene affermato nel piano naturalistico del 2009, in ordine alla necessità di un raccordo tra i diversi strumenti di pianificazione si dice:
“occorre verificare, in relazione ad obiettivi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, la possibilità di raccordare gli strumenti urbanistici comunali (P.R.G.). In linea generale dovranno essere contrastati l'ulteriore conurbazione lungo gli assi viari, nonché l'inserimento di nuove aree industriali tra i paesaggi agrari della piana. Lo strumento più opportuno e coerente con tale obiettivo è il Piano paesistico (L.R. 20/89 art. 5), esterno al territorio protetto, che includa il Monte Orfano, l'abitato ed il Lago di Mergozzo e le restanti aree pianeggianti presenti nei pressi degli abitati di Ornavasso, Gravellona e Fondo Toce."
Evviva.
Tutte questioni che con un ambito iniziale più esteso della riserva stessa o la previsione di un'area contigua di protezione, di cui poco fa abbiamo fatto cenno, sarebbero state molto più facilmente risolte o risolvibili.
Ma poiché lo stesso articolo del piano Naturalistico, da cui abbiamo tratto la citazione, ne fa cenno, è cosa utile gettare uno sguardo sulle previsioni che il piano regolatore di Verbania, peraltro approvato in epoca già sospetta, cioé l' anno 2006, dedica alla zona tutelata dalla riserva e alle sue aree limitrofe.
In qualche modo sorprende che dell'esistenza della riserva non pare che quasi vi sia traccia all'interno del piano urbanistico.
Le aree agricole libere che ancora vi sono sul Piano Grande, anche quelle entro i confini della riserva, vengono definite con una terminolgia che, già di per sè sembra penalizzarle: "aree agricole interstiziali entro il territorio urbano".
Termine bruttissimo, sembrerebbero cose poco gradevoli, ambiti impropri, per loro sfortuna sopravvissuti all'espanione urbana, ma destinati ad esserne inclusi solo un interesse economico sopraggiungesse o normative più blande lo consentissero.
Non maggiore attenzione è prestata per la disciplina delle aree che già prima della istituzione della riserva erano al suo interno occupate da insediamenti turistico – ricettivi extra alberghieri.
Qui l'unica concessione all'esistenza della riserva stessa sembra la previsione che gli incrementi di offerta e di servizi devono essere accompagnati dalla procedura di "Valutazione di Incidenza".
E infatti in questi anni sono aumentati, senza particolari problemi credo, ricettività e servizi, sino a che gli insediamenti turistici hanno raggiunto la loro sostanziale autonomia logistica, veri e propri villaggi vacanze.
Un capitolo della contesa, richiamata nel nostro titolo, vinta o persa a seconda qual sia il punto di osservazione da cui ci si colloca, senza neppure colpo ferire.
Non va meglio, dal nostro punto di vista, alle aree che, pur avendo potuto essere ancora classificate, "agricole interstiziali", già hanno fatto un salto di qualità, essendo state iscritte d'ufficio tra quelle destinate ad: "impianti privati per il tempo libero".
Il riferimento non è alle aree da gioco del golf già esistente, ma a quelle ad esse limitrofe e non ancora trasformate. Anche queste ultime destinate a seguirne, in parte la sorte, o più eufemisticamente, la vocazione, secondo le intenzioni dei pianificatori, almeno quelli locali.
Si dirà che l'impatto degli impianti green sul paesaggio, peraltro con previsioni edificatorie non proprio uguali a zero, non può essere giudicato negativo, anzi, forse migliorativo.
Al proposito però non può ignorarsi o dimenticarsi, ancora una volta, la finalità prima della riserva e ancorché si tratti di aree ad essa esterne, ma limitrofe, giova riportare anche qui quanto abbiamo ricavato dalla relazione dell'Arpa che già abbiamo citato:
 
 "... la sostituzione della vegetazione ... con un tappeto erboso paucispecifico e la messa a dimora di alberi e arbusti... a macchie tra i fairway si tradurrà in una riduzione e banalizzazione dei caratteri di naturalità attuali e della biodiversità del SIC in termini floristici, in contrasto con i principi di conservazione degli habitat del SIC."
 
mentre  
 "Il prato stabile alternato ad aree boscate oltre a costituire un ambiente attrattivo per componenti faunistiche... garantisce habitat idonei al foraggiamento, sosta e rifugio di specie svernanti e di passaggio;"

e infine ancora

"Considerando le caratteristiche idrogeologiche dell’area il rischio di dilavamento dei pesticidi sul terreno e la loro infiltrazione in falda è comunque alto, indipendentemente dalle dimensioni della superficie su cui verranno utilizzati. Le sostanze chimiche inquinanti, la cui infiltrazione in falda è facilitata dall’elevata permeabilità del suolo, potrebbero anche propagarsi a distanze più o meno elevate raggiungendo, per via della diretta connessione, il fragmiteto, il fiume Toce ed il lago Maggiore, andando a gravare sullo stato di qualità degli ecosistemi acquatici, con ricadute indirette anche su tutta la rete trofica."


Questo per buona pace degli impianti green.
Non va meglio, forse anche un po' peggio, per la sponda sud del lago di Mergozzo, dove leggiamo che la "vocazione" sarebbe l'estensione delle aree per attrezzature turistiche "all'aperto", come scrive il titolo dell'articolo 24/bis delle NTA, ma poi, nelle righe, leggiamo che si può fare anche altro e non soltanto all'aperto, dotando questa sponda del piccolo lago, ogni riferimento è assolutamente improprio, di tali attrezzature cantieristiche e altro, da far invidia ad una stazione marittima.
In questo caso è più difficile sostenere che tali insediamenti possono apportare qualità al paesaggio, portano semmai economia, cioé PIL che se non lo si declina secondo i suoi specifici contenuti diventa un parametro assoluto, indiscutibile e intoccabile.
Potremmo continuare la panoramica del Piano Regolatore di Verbania ma, temo di annoiare, e comunque abbiamo capito dove andava a parare.
Vi è però un'altro aspetto che merita attenzione.
La legislazione di questi ultimi anni si è contraddistinata per la introduzione di una serie di innovative procedure idonee a modificare le previsioni pianificatorie.
Si è introdotto il concetto di pianificazione negoziata; una pianificazione contrattata tra, generalmente privati, portatori di interessi economici in veste di proponenti e le amministrazioni pubbliche, soggetti dei poteri di governo dei territori.
Si sono voluti facilitare i processi di modifica della pianificazione, per renderla più flessibile alle esigenze del mercato.
Per dirla più chiaramente ancora, ciò che sino ad un tempo era anche attività non trasparente di pressione per indurre le amministrazioni a modifiche, comunque sempre lente e complesse, da una data in poi diventa processo formalizzato e accelerato di modifiche formalmente e legalmente richieste.
L'esito non è sempre certo; di mezzo ci stanno magari nuovi istituti dagli acronomi più vari: VAS/VIA, l' analisi di incidenza e quant'altro, una montagna sempre più alta di carta e di file da produrre, per la felicità di studi e professioni che si sono nel frattempo attrezzate allo scopo.
Pure il Piano Grande ha visto avviarsi procedure di questo tipo, sempre in coerenza dunque con il titolo che abbiamo messo.
Questo nuovo capitolo della contesa è peraltro abbastanza recente, quando già il Piano Paesaggisto Regionale era stato approvato, prevedendo ben altro in quest'area.
Ancor più sorprendente è dunque apparsa la richiesta, accompagnata dal progetto, di trasformare alcune delle residue terre interstiziali, la cui esistenza è, evidentemente, fonte di reale fastidio non solo a pronunciarle, in una sorta di Gardeland del Lago Maggiore; un sogno, o una promessa, che ogni tanto ritorna con una certa insistenza e anche con una certa costanza.
Ne avrebbero fatto le spese gli ultimi scampoli di un paesaggio, compresa la vecchia cascina ( per inciso il piano regolatore vieta su quelle terre la ripresa delle attività di allevamento), immagine di un'archeologia ruralr sacrificata, alcuni decenni fa, in nome e in conto dei generosi incentivi versati dalla Comunità Europea per la rottamazione delle eccedenze produttive e, in parte, finiti nell'impianto di un'arboreto da legno che è diventato un esempio di crescita infelice.
Ne avrebbe fatto le spese la residua integra sponda sud del lago di Mergozzo, dove i villaggi turistico/ricettivi avrebbero colonizzato ciò che ancora rimane del non costruito.
Sarebbe stata intaccata la stessa memoria storica che questi luoghi racchiudono, accostando i monumenti che ricordono pagine di sangue versato nella guerra interna, con i nuovo parchi del divertimento globale H 24; un accostamento quanto meno improprio e inopportuno.
Per chi mettesse in forse l'esistenza di questo progetto e suoi contenuti, vi citiamo anche il numero di pratica: 154/2017, depositato dalla società Malù srl presso la sportello unico delle attività produttive del Comune di Verbania per l'indizione della conferenza preliminare dei servizi, convocata in effetti il giorno 28 luglio 2017.
Che cosa poi sia successo non è dato sapere. Una seconda conferenza decisoria, già indetta per il successivo mese di settembre, non si è mai svolta e tutto sembra sia tornato punto e a capo.
Comunque un esempio di quella nuova urbanistica negoziata che da qualche parte starà ora studiando cosa fare e come fare per nuovamente riproporsi.
Ma lo spunto per narrare di un ultimo, per ora, capitolo della contesa, lo offre un settimanale locale che, giusto giovedì 10 ottobre scorso titolava in prima pagina: " Toce, piana vincolata".
Leggendo scopriamo che, nello scorso agosto, una delibera della Giunta Regionale in tema di piano di gestione del rischio alluvionale, avrebbe definito gli interventi edilizi possibili in queste zone, alluvionali appunto, escludendo nuove costruzioni ed anche le ristrutturazioni.
La portata della cosa deve essere sfuggita ad alcuni autori della stessa delibera che, sempre a leggere l'articolo, si sarebbero affrettati a minimizzarne o circoscriverne la portata.
La preocupazione avrebbe peraltro preso anche i responsabili dei governi locali e la cosa non deve stupire, trattandosi di tema sensibile.
Penso che dovremmo abituarci a situazioni di questo tipo dove non sempre la mano sinistra sa cosa fa con la destra.
Però la cosa stupisce anche sotto un altro punto di vista.
La vicina area industriale, Tecno Parco incluso, anche questa parte del Piano Grande, ha subito in questi anni un processo di desertificazione massivo. Circa 1/3 degli impianti sono chiusi, abbandonati, messi in vendita o in liquidazione.
In questa situazione preoccuparsi di ciò che non si può più fare anzichè di quello che si dovrebbe fare è forse un po' irreale.
Un'ultima brevissima considerazione, poi chiudo; riguarda il tema dell'economia turistica, anche questo molte volte evocato come ragione prima delle scelte espansive della pianificazione territoriale.
In proposito dico soltanto una cosa: il turismo non può distruggere la sua stessa risorsa. Se la qualità del paesaggio, anche del paesaggio costruito, si è tradotta in elemento attrattivo della domanda di turismo e quindi in economia, preservarla è un obbligo, pena la caduta verso un'indistinta omogenizzazione e banalizzazione dei territori.
Ecco che allora il Pil non è tutto, ma accanto alla sua quantità occorrerebbe misurane la qualità.
Questa sarebbe la missione che i governi locali dovrebbero far propria e ciò indipendentemente dalle appartenze: mantenere elevato il livello della qualità dei territori loro affidati.
Sotto questo aspetto il Piano Grande è un campo per una prova da non perdersi e allora sapremo se l'ultimo prossimo capitolo annunciato del contendere, quello che dovrà vedere declinarsi nelle regole locali la disciplina del Piano Paesaggistico Regionale, sarà veramente l'occasione per porre la parola fine ad una contesa diversamente infinita.

Speriamo lo sia; il paesaggio, tanto più quello sensibile, non dovrebbe essere di nessuno, ma di tutti.





















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giovedì 25 ottobre 2018

PAESAGGI SENSIBILI









Iniziative di Italia Nostra sul tema: “I paesaggi sensibili”.


Itala Nostra nazionale ha promosso per l’ultima settimana di ottobre una campagna di sensibilizzazione sul tema “ I paesaggi sensibili”.

Le singole sezioni locali sono state invitate ad individuare ambiti di paesaggio particolarmente delicati presenti nei propri territori, portandoli all’attenzione pubblica attraverso azioni e eventi che possano servire a far crescere la sensibilità e l’interesse a che tali ambiti siano preservati da pianificazioni pubbliche che ne possano alterare irreversibilmente i caratteri di unicità e di naturalità che rivestono.

Con la collaborazione della Associazione Valdossola Salviamo il Paesaggio, Italia Nostra VCO ha individuato il Piano Grande di Fondotoce e il Monte Teggiolo in valle Cairasca quali paesaggi sensibili della campagna in corso.

Con il patrocinio dell’Ente Parchi del Ticino e del Lago Maggiore, la partecipazione di Legaambiente Piemonte e la disponibilità concessa dal Museo del Paesaggio, sabato 27, con inizio ore 15,30, presso la Casa Ceretti di Verbania Intra, via Roma 42, si terrà un convegno sul tema.

Nelle giornata di domenica 28 è prevista una vista guidata alla Riserva di Fondotoce, così come nella domenica 11 novembre al monte Teggiolo.

mercoledì 24 ottobre 2018

I CONDONI NON FINISCONO MAI


Appello a tutti i Parlamentari: BASTA CONDONI EDILIZI!


Italia Nostra ha lanciato questa petizione e l'ha diretta a fico_r@camera.it, presidente@pec.governo.it, delrio_g@camera.it


Chiediamo ai parlamentari di stralciare dal Decreto Genova, in discussione alla Camera, ogni ipotesi di condono edilizio per Ischia.

La scarsa qualità dell’edificato costruito abusivamente nelle aree interessate da vincolo idrogeologico e paesaggistico dell’isola d’Ischia, ha amplificato gli effetti disastrosi dell’evento sismico del 21 agosto 2017.

L’art. 25 - inserito nel DL 109 del 28 settembre 2018 (“Decreto Genova”), in discussione al Parlamento per favorire la ricostruzione delle aree colpite dal sisma - sancisce l’ammissibilità al condono di tutte le istanze di sanatoria riguardanti le edificazioni abusive realizzate sull’isola di Ischia dal 1983 al 1993 in gran parte non suscettibili di sanatoria secondo le limitazioni della legge 724/94, e tutte quelle abusivamente realizzate dal 1993 al 2003 del tutto escluse in applicazione della legge 326/03.

Come rilevato da un sondaggio di Ipsos del febbraio 2018, il 58% degli italiani è contrario al condono edilizio. È ora di dire basta a condoni ad Ischia e nel resto dell’Italia.

Con il provvedimento attualmente in discussione al Parlamento, si vorrebbe calare una pietra tombale su tutti gli abusi perpetrati sull’isola d’Ischia, permettendo una sanatoria generalizzata delle costruzioni illegali realizzate in un’area gravata dai vincoli paesaggistici e idrogeologici, concedendo forti riduzioni delle sanzioni economiche previste dalle leggi, e così sfruttando un disastro naturale annunciato da decenni. La norma introdotta presenta evidenti aspetti di illegittimità costituzionale, introducendo disposizioni di favore per i residenti nei territori dei Comuni di Casamicciola, Lacco Ameno e Forio d’Ischia, e sopra ogni cosa, essa confligge con i principi di salvaguardia del paesaggio sanciti dall’art. 9 della Costituzione.

Si chiede a tutti i parlamentari di votare per la cancellazione della norma e cogliere l’opportunità di trasformare una tragedia annunciata in una grande occasione per il riassetto razionale del territorio, rilanciando il primato della pianificazione paesaggistica e territoriale.

ITALIA NOSTRA

venerdì 19 ottobre 2018

PAESAGGI SENSIBILI






Come avevamo preannunciato, oggi postiamo la locandina della manifestazione che Italia Nostra VCO , con la collaborazione di Valdossola Salviamo il Pesaggio e con il patrocinio dell'Ente di gestione delle aree protette del Ticino e del Lago Maggiore, ha in programma di svolgere nelle giornate del 27/28 prossimo e 11/11. La manifestazione ha valenza nazionale, nel senso che trattasi di un'iniziativa che coinvolge il maggior numero possible di Sezioni locali, ognuna delle quali è stata chiamata ad individuare un ambito di paesaggio da fare oggetto di una particolare sensibilizzazione .
La Nostra Sezione, con la collaborazione della Associazione Valdossola Salviamo il paesaggio ha ritenuto di individuare non uno, ma due ambiti sensibili. L'uno è il monte Teggiolo, versante nord verso la val Cairasca, quest'ultima porta di accesso all'alpe Veglia oltre S Domenico di Varzo; il secondo è il Piano Grande di Fondotoce che ospita la omonima riserva. Pesaggio di monte l'uno, di lago l'altro; entrambi al centro di interessi che li vorrebbero fare oggetto di investimenti che ne modificherebbero sensibilmente e irrimediabilmente quelle caratteristiche di naturalità e di integrità che ancora mantengono. Un convegno, organizzato a Verbania Intra, presso la Casa Ceretti Via Roma 42, in una sala gentilmente concessa dal Museo del Paesaggio, nel pomeriggio di sabato 27 cercherà di fare il punto su queste due aree, portando all'attenzione i problemi che le investono. Uno sforzo quindi di sensibilizzazione che cercheremo di fare al meglio delle nostre scarse risorse e che ci auguriamo possa trovare ascolto e interesse nella più vasta comunità del lago e della Montagna.

martedì 16 ottobre 2018

PAESAGGI IPERSENSIBILI


Ne daremo conto molto presto, ma l'iniziativa: "Paesaggi sensibili" che Italia Nostra ha promosso per l'ultima settimana di ottobre, nella Provincia della nostra Sezione vedrà l'interesse indirizzarsi verso due aree: il Piano Grande di Fondotoce e il Monte Teggiolo nella valle Cairasca. Entrambe le aree sono al centro di attenzioni non sempre, dal nostro punto di vista, delle migliori. Il monte Teggiolo è inserito nell'ambito del progetto " Devero avvicinare le montagne" quale nuovo comprensorio per lo sci alpino da discesa, mentre per quanto rigUarda il Piano Grande di Fondotoce, la notizia è riportata dal settimanale Eco Risveglio che postiamo, la prospettiva di uno stop definitivo alle nuove costruzioni non sembra ben gradito ai governanti locali. Il convegno che terremo sabato 27 pomeriggio a Verbania, avrà quindi nuova materia su cui discutere. Ma ne parleremo presto e ve ne daremo notizia diffusamente.


venerdì 12 ottobre 2018

PAESAGGI SENSIBILI 2018


04-10-2018
Torna la campagna nazionale “Paesaggi Sensibili” 2018
DI: REDAZIONE










Dal 20 al 28 ottobre si svolgerà la sesta edizione della campagna nazionale sui Paesaggi Sensibili dedicata alla pianificazione territoriale e paesaggistica.

Il Codice Dei Beni Culturali e del Paesaggio (Parte Terza – Beni Paesaggistici – Titolo I – Tutela e valorizzazione Capo I Disposizioni generali – Articolo 135 comma 1) fornisce indicazioni chiare sul concetto di pianificazione:

“Lo Stato e le regioni assicurano che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono. A tale fine le regioni sottopongono a specifica normativa d’uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi di seguito denominati: “piani paesaggistici”. L’elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all’articolo 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo articolo 143.”

Già da questo breve passaggio del Codice si deduce che una corretta pianificazione territoriale debba perseguire risultati che tengano conto delle risorse specifiche del territorio, della città, del paesaggio, dell’ambiente oggetto degli interventi, predisponendo strumenti idonei e progettando azioni funzionali al conseguimento degli obiettivi prefissati. Si tratterebbe dunque di procedere secondo azioni meditate, condivise e finalizzate alla salvaguardia delle identità territoriali.

Purtroppo questo indirizzo metodologico è sempre più frequentemente disatteso dall’abusata pratica delle deroghe attraverso la quale, perseguendo obiettivi particolari o, peggio ancora, interessi privati e/o di profitto, sono stati alterati, quando non persi del tutto, quei “valori paesaggistici” che hanno ispirato la scrittura del Codice relativamente al concetto di tutela e valorizzazione del territorio.

Ne sono prova i numerosi condoni che hanno sanato impropriamente situazioni che hanno depauperato l’ambiente e, di fatto impedito oggi ogni pianificazione, scardinando la legalità e depotenziando la qualità della vita dei cittadini.

Riaffermare l’interesse generale, ribadire l’importanza della pianificazione è allora un atto sacrosanto, come esigere che la pianificazione non sia una semplice dichiarazione di intenti, ma trovi nella realtà riscontro e realizzazione efficaci.

Pianificare è anche partecipare alle decisioni. La partecipazione e la presenza delle associazioni di tutela nelle strutture di governo nazionale e locale è azione principale: il cittadino spesso non è consapevole del suo diritto/dovere di interagire nei processi decisionali del suo territorio.