lunedì 17 maggio 2021

VEGLIO: IL BORGO RISCOPERTO

 

L'antico borgo di Veglio, in Comune di Montecrestese, rivive non solo nelle iniziative pioniere di un gruppo di giovani intraprendenti e volenterosi, ma anche nell'attenzione ai valori di testimonianza di un'architettura e di una cultura che il passato aveva modellato secondo forme e modi che il repentino imposto abbandono, hanno lasciato integri nella loro testimonianza. Accanto ai tentativi di rinascita del borgo e del suo contado, necessita quindi attivare un'attenzione a che il processo di rivitalizzazione abbia a procedere secondo passi regolati in maniera accorta e sapiente. Da qui, da questi intenti muove la Sezione di Italia Nostra che oggi ha presentato un proprio dossier alla Regione Piemonte perchè possa avviarsi il processo che pervenga al riconoscimento di Veglio e del suo territorio contermine, quale bene tutelato e vincolato, non dunque perché rimanga un museo dell'abbandono, ma un esempio già attuale e si auspica futuro, di una rinascita guidata che ne restituisca vitalità e bellezza.
Qui nel seguito riproduciamo la proposta presentata insieme alla relazione espositiva. Ci scusiamo per eventuali refusi nel testo da attribuirsi alla trasposizione sul post.


18/05/2021

Prot. 15/21
Spett.le Commissione Regionale art. 137 D. lgs 42/2004
c/o REGIONE PIEMONTE
Direzione Ambiente, Governo e Tutela del territorio
Settore Territorio e paesaggio
C.so Bolzano, 44
10121 TORINO
valorizzazione.paesaggio@regione.piemonte.it
e p. c.
Assessore all’Ambiente, Urbanistica,
Programmazione territoriale e paesaggistica,
REGIONE PIEMONTE
C.so Bolzano, 44
10121 TORINO
vicepresidenza@regione.piemonte.it
Segretariato Regionale del Ministero dei
Beni e delle Attività Culturali e del Turismo per il Piemonte
Piazza San Giovanni, 2
10122 TORINO
sr-pie@beniculturali.it
Spett. Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo
Soprintendenza Archeologica, belle arti e paesaggio per le Province di Biella,
Novara, Verbano Cusio Ossola e Vercelli
C.so Felice Cavallotti 27
28100 NOVARA
sabap-no@beniculturali.it

OGGETTO: Proposta di avvio della procedura per la "Dichiarazione di notevole interesse pubblico, ex art. 136 e seguenti del DLgs. 22/1/2004 n. 42 e s.m. e i. Comune di Montecrestese – Provincia del Verbano/Cusio/Ossola. Nucleo edificato di Veglio-“Castello”torre di segnalazione-Nucleo minore di “Scarpia.”


La sottoscritta “Italia Nostra” – Sezione per il VCO, facente parte della Associazione Nazionale Italia Nostra Onlus, riconosciuta per legge quale associazione di protezione ambientale e portatrice di interessi diffusi;
Visti gli artt. 136, 137, 138, 139, 140 del D. Lgs. n.42/2004 e s. m. e i;
Visto il memorandum relativo alla documentazione di riferimento per la
presentazione delle richieste di “Dichiarazione di notevole interesse pubblico”;

Presenta

a Codesta Spett.le Commissione Regionale, e per conoscenza all’Assessore Regionale competente e agli altri enti in indirizzo, la proposta di:

"Dichiarazione di notevole interesse pubblico"

degli ambiti indicati in oggetto e descritti nell’ allegata relazione informativa.
Auspicando che possa attivarsi la procedura prevista, si pone a disposizione per ogni
ulteriore forma di collaborazione e porge distinti saluti, chiedendo sin da ora di essere
tenuta informata circa l’avvio della eventuale procedimento e il suo seguito.
Pregasi accusare ricevuta della presente, grazie
Italia Nostra
Sezione Verbano/Cusio/Ossola
Il Presidente




RELAZIONE ESPOSITIVA
1. Introduzione
Veglio è una piccola frazione del comune di Montecrestese: l’etimologia del nome deriva
da “ad vigilia”, andando a sottolineare la natura strategica come luogo di osservazione e
controllo. Abitato ancora da una settantina di persone al momento del suo improvviso
abbandono, è rimasto fino a pochi anni fa un luogo di riferimento simbolico dell’abbandono
dei borghi minori in Ossola; da un decennio sta sperimentando una rinnovata stagione di vita
2. Il contesto storico
Secolo XI le origini presunte del borgo Non esistono studi e materiale storico in grado
di attestare con certezza le origini del luogo, ne sono state fatte campagne archeologiche
in zona che abbiano permesso il rinvenimento di reperti. Quanto si descriverà di seguito
dipende esclusivamente dall’osservazione degli oggetti costruiti esistenti, delle tecniche
murarie e da alcuni dettagli che li caratterizzano.
Nella porzione nord del Castello, cosi come nel borgo stesso, è possibile individuare trame
murarie ascrivibili a periodo antecedente l’anno 1000. Il Bertamini, storico che si è occupato
territorio ossolano e quindi anche del Comune di Montecrestesse, cita la presenza
di un oratorio di matrice Romanica demolito in epoca cinquecentesca per poter essere ampliato.
La torre ovest del Castello detto dei “Picchi” riporta ladatazione 1556 in corrispondenza
dell’ultimo intervento di ampliamento tecnicamente rilevabile. Precedentemente a
questo, si rivelano almeno quattro macro-interventi costruttivi, andando a confermare la
stima della data di fondazione del manufatto in epoca antecedente al 1000. Allo stesso
modo, numerosi fabbricati inseriti nel tessuto del villaggio, essendo quest’ultimo un libro
aperto che consente agevolmente la lettura delle tessiture murarie, sono stimabili di matrice
coeva


Secoli XVI-XVII grandi ampliamenti.

Durante questo periodo sono stati realizzati la maggior parte dei manufatti, datati o meno,
che costituiscono oggi la borgata. È di facile prova tale verifica, non solo per la presenza
di date, ma anche per l’impiego di determinati elementi decorativi e soluzioni tecnologiche
proprie di questo periodo. In diversi casi questi manufatti si innestano chiaramente su impianti
più antichi, ma non mancano esempi di nuove fondazioni
Secolo XIX
In analogia con quanto riscontrabile diffusamente nell’Arco alpino e nel territorio limitro a.
Abitato e campagna durante la fienagione fo, in questo periodo è ipotizzabile il momento
3 di maggiore densità abitativa del borgo, tesi confermabile dall’osservazione del tessuto
costruito: si nota in abbondanza la presenza di volumi addizionali agli impianti tardomedievali
e cinquecenteschi. Tali volumi sono andati a riempire i vuoti, le corti e a ridurre gli spazi fra i
fabbricati, pur rispettando sapientemente regole e proporzioni di giustapposizione, tali
da mantenere un buon accesso al sole e protezione dei fabbricati dai venti. Si può notare
come la maggior parte delle superfetazioni riguardi stalle ed edifici di lavoro. Al finire
dell’ottocento risalgono tre interventi di radicale ristrutturazione, finanziati con danaro
proveniente oltreoceano, ovvero dai numerosi emigrati partiti per l’America in cerca di maggior
fortuna; questi fabbricati, conservati in ottimo stato, costituiscono un interessante
dato etnoantropologico nonché tecnologico, in quanto si individuano soluzioni in evoluzione
rispetto alla tradizione costruttiva vernacola, ma sempre in stretto legame con essa.
Il grado di conoscenza tecnica relativa all’impiego della pietra e del legno nelle costruzioni,
raggiungeva localmente forse l’apice in questo periodo. Si hanno infine anche informazioni
circa la quantità dei nuclei famigliari presenti e dell’impiego di questi in ambito rurale, così
come dei primi fenomeni migratori che facevano preludere a quanto sarebbe successo in
seguito

Secolo XX

Ai primi del novecento risale un solo fabbricato di nuovo impianto, una piccola stalla, e
alcuni interventi limitati di ampliamento. Si assiste a una significativa migrazione di abitanti
verso le Americhe: la presenza delle due guerre fa il resto. Veglio, come molti altri
Borghi, si conferma come luogo non più appetibile e proporzionato alle aspettative
di una vita contemporanea. Chi ha interesse nel mantenersi attivo in ambito agricolo, si
sposta comunque nella bassa valle costruendo nuovi insediamenti, altri semplicemente si
spostano in frazioni dello stesso comune servite da strada carrabile.

Nonostante quanto accennato, data la posizione climaticamente felice del paese, la
fertile campagna di pertinenza e la presenza dell’insediamento consolidato, nel primo dopoguerra
Veglio contava oltre un centinaio di abitanti.
b. Catasto Rabbini _ Abitato di Veglio, sviluppo al 1864 Veglio di Montecrestese 4
Il boom economico in corso, i rinnovati stili di vita, la necessità di realizzare una “costosa”
strada carrozzabile hanno posto le basi per u n determinato progetto di abbandono, che si
è concretizzato nello sgombero forzato dellaBorgata nel 1960.
Nonostante non fosse stato riscontrato un reale pericolo di dissesto idrogeologico, il comune
di Montecrestese, mosso dalla proposta di alcuni abitanti della frazione, ha promosso
l’iter per dichiarare inagibile e pericolosa la zona, con motivazioni al limite del risibile e
contrarie all’opinione di esperti chiamati ad esprimersi al riguardo. Questa scelta è stata una
manna per alcuni, che anno visto il versamento di un contributo comunale per realizzare nuovecase altrove e condanna per altri, che si sono visti sfollare dalle forze dell’ordine. Memoria di
tali accadimenti è viva e presente nel tessuto locale.
A fronte di ciò, la maggior parte della popolazione ha potuto spostarsi dove era più “facile”
vivere (o per lo meno andare a lavorare in fabbrica) e il comune ha risparmiato i soldi per la
costruzione della strada.
Una apparente condanna questa, che tuttavia è stata la motivazione per cui questo luogo,
benché in sostanziale stato di rudere, sia attualmente intatto. In particolare l’assenza di
interventi non solo ha evitato che accadessero mutilazioni del tessuto costruito, ma ha
permesso soprattutto di conservare leggibile e intatto tutto il complesso sistema agricolo
che circonda e significa il paese. Non sono sorti infatti nuovi edifici a ridosso del Borgo, triste
elemento che caratterizza tutti i centri storici vicini drammaticamente in abbandono al loro
interno, ma scempiati e resi poco apprezzabili da interventi stridenti sia in essi, che in diretta
prossimità.
Poco dopo l’abbandono ufficiale del paese nascerà un consorzio, il cui scopo sarà di costruire
una pista agrosilvopastorale con il fine di raggiungere l’abitato. La borgata di Veglio verrà
servita da pista solo sul finire degli anni ’70.
Secolo XXI

È dunque da “rudere” che Veglio fa il suo ingresso nell’XXI secolo, rudere tuttavia ancora
attraversato dalla presenza di individui nati in questo luogo e da fruitori occasionali, che
hanno costantemente portato avanti piccole azioni di mantenimento, anche se parziale, del
territorio.
È in questo contesto che il vincolo comunale verrà confutato e rimosso su iniziativa del consorzio
locale, e che vedranno la luce alcuni interventi di recupero portati avanti in maniera
individuale.
Allo stesso tempo verrà aperta una cava in vicinanza al paese, che oltre ai disagi tipici
delle attività di estrazione, avrà anche il merito di costruire un tronco di pista a monte del
paese, agevolando la possibilità di recupero sia del Borgo che della campagna.
Alcuni degli interventi di manutenzione svolti sono stati realizzati con estrema attenzione,
altri sono tendenzialmente negativi, ma di facile recupero data la piccola entità.
Un serio problema attuale è la completa mancanza di strumenti urbanistici (non ancora aggiornato il PRGC dopo la rimozione del vincolo idrogeologico e risulta zona agricola),che espone il borgo a potenziali rischi di grande entità dato il non riconoscimento di centro storico e la possibilità per chiunque di intervenire senza una logica coerente al valore del luogo.
3. Il contesto morfologico
Elementi costitutivi del paesaggio Citando l’opera di Eugenio Turri che utilizzava
il termine “iconema” per definire un macroelemento costitutivo del paesaggio, si può riassumere
l’assetto morfologico di Veglio in un sistema di tre anfiteatri naturali contenuti fra
due promontori. Il primo promontorio, rivolto verso Sud, presenta in sommità una serie di
fabbricati rurali mentre alla base si trova l’Oratorio di San Marco. Il secondo promontorio è
rivolto a Nord e si protende maggiormente nella valle: esso ospita il castello, che approfitta
della vista particolarmente profonda, sia verso sud che verso nord. Fra queste due emergenze
trovano collocazione tre nicchie naturali, tre anfiteatri: il più piccolo e raccolto, di circa
un ettaro di dimensione, ospita il borgo di Veglio a cui si antepone un pianoro; il secondo si
colloca al di sotto di esso ed è storicamente dedicato a piante da frutto e campi; il terzo, il
più grande, si estende sopra il paese ed era invece riservato per lo più alla coltivazione dei
vigneti.
Vie di accesso
Si possono individuare tre principali vie di accesso. La prima, rivolta verso il centro dell’attuale comune di Montecrestese, unisce in poco meno di un chilometro il paese alle frazioni di Chezzo
e Lomese. La seconda si snoda dal paese al castello per risalire la valle Antigorio verso gli alti passi;
quest’ultima risulta in parte danneggiata, al di fuori del territorio di Veglio, dalle attività estrattive,
giacimenti esausti non bonificati ed in completo stato di abbandono.
La terza, e più affascinante, si tende fra Veglio e la vicina Pontemaglio: essa è in gran parte
costituita da una scalinata incastonata in emergenze rocciose, chi la percorre gode di un ampio panorama. L’apice delle scalinate in pietra termina con una cappella votiva. A monte del paese si presenta la via d’accesso agli alpeggi, unico passaggio in un versante particolarmente aspro, perciò via largamente utilizzata in passato per l’inalpamento di molti capi anche provenienti da altre località.
Si individuano sul territorio altri sentieri minori, caduti in disuso e difficilmente percorribili se
non da chi conosca attentamente la zona.
4. Il contesto tecnologico
Materiali costitutivi del tessuto costruito È possibile rinvenire in Veglio abbondanza di
“trovanti”, sia di Beola che di Serizzo, due tipologie di pietra largamente diffuse sul territorio
e particolarmente impiegate nelle costruzioni. Una certa fortuna ha caratterizzato le opportunità
di approvvigionamento di materiale lapideo di buona qualità per chi si è trovato a dover
costruire. Ciò si riflette in maniera significativa sulla qualità, talvolta decisamente inattesa, dei
manufatti; questo aspetto si riscontra qui in particolare in relazione ai paramenti murari.
A livello di essenze lignee, oltre all’impiego di castagno, si riscontra un’ampia presenza di
larice proveniente dai soprastanti alpeggi. L’u so di rovere è scarso, se non in edifici tardo
ottocenteschi. Il legname tenero quale l’abete,è principalmente impiegato per mobili o pavimentazioni
di edifici sette-ottocenteschi. La calce era cotta nelle vicinanze, infatti a circa
300 metri dal paese vi sono i resti della fornace più prossima.
Più tecniche a confronto
La particolare condizione in cui si è trovato il paese negli ultimi cinquant’anni di vita, il diffuso
stato di abbandono e la mancanza di interventi, ha reso il costruito del borgo un libro aperto,
catalogo inerente le tecniche costruttive in elevazione in pietra, sia ad umido che a secco.
È molto significativo leggere le trame delle murature presenti, in quanto rappresentano
epoche costruttive, storiche e tecnologiche anche molto differenti. Il catalogo è ampio, riportando
un continuum evolutivo quasi ininterrotto, dall’alto medioevo a i primi anni del ‘900.
5. Il contesto agricolo/colturale Metodologia di infrastrutturazione della campagna di pertinenza

La Campagna su cui storicamente gravita il Borgo di Veglio è di circa 30 ettari, interamente
occupati da sistemi di terrazzamenti in pietra a secco. L’abbondanza di materiale lapideo
ha consentito la realizzazione di manufatti di buona fattura. Il sistema si compone di svariati
elementi: ai terrazzamenti per coltivi, si affiancano canali di regimentazione delle acque,
percorsi, muraglioni di confine, colonnati per pergole vitate.
Coltivazioni storicamente diffuse Il territorio in questione è storicamente caratterizzato
da una agricoltura di sussistenza, necessariamente policolturale. Tuttavia si
possono individuare alcune coltivazioni prevalenti e largamente diffuse in passato, quali
la castagna da frutto, la patata, il mais, il fagiolo, la segale, il grano saraceno, la vigna, piante
da frutto di varia natura ad alto fusto (in particolare meli di cui ancora esistono esempi
secolari) e orticoltura intensiva. Testimonianza della presenza di attività cerealicola sono i ruderi
di cinque mulini collocati in prossimità del Castello.
Sezione verticale del paesaggio agricolo Il sistema agricolo del Borgo è da leggere
attraverso una sezione verticale che attraversa tutta la montagna: si fa riferimento alla
presenza di maggenghi e pascoli di media ed alta quota, capaci di ampliare notevolmente
gli ettari agricoli di pertinenza al Paese; solo attraverso lo sfruttamento di tali risorse era
possibile garantire i foraggi necessari al bestiame;
Da queste zone preveniva il principale approvvigionamento di legname da opera e vi
trovavano collocazione attività di produzione di carbone da legna e pece.
Fertilità e presenza di acqua

La campagna prospicente il borgo di Veglio è particolarmente fertile, ricca di acqua e di terra
organica. Queste caratteristiche, che hanno costituito un elemento fondamentale per le popolazioni del passato ed hanno concorso a motivare la formazione del Borgo, sono da considerarsi
alla base di un possibile recupero agricolo della zona, che si offre agevolmente a più
impeghi di natura agricola.

6. Beni di interesse architettonico e artistico
Il castello chiamato “Torre dei Picchi” Manufatto architettonico già citato in precedenza,
costituito da un avamposto militare collocato su di un promontorio, ideale punto
di osservazione, realizzato in un susseguirsi di epoche. Rimandando al testo precedente per
le informazioni circa la datazione della struttura, si aggiunge che esiste un rilievo dei ruderi
del castello realizzato dall’architetto Carlo Nigra risalente agli anni ’30 del novecento: in
questo rilievo la torre più antica presentava il fronte est ancora intatto. L’immoile, erroneamente
non presente sulle mappe catastali (indicato come terreno), risulta comunque di proprietà
del Comune di Montecrestese. L’Oratorio di San Marco Eretto previa demolizione di una struttura romanica diversamente orientata, l’oratorio di San Marco è dotato di porzione absidale fondata
in epoca cinquecentesca ed orientata a ponente. La struttura è stata realizzata in tre
macro fasi costruttive chiaramente leggibili: la porzione absidale, il primo tronco di navata
e la conclusione della navata, completa della facciata, recante il millesimo 1668. L’oratorio
è stato in uso fino allo svuotamento del paese. La spogliazione degli arredi risale agli anni 70,
da successive scelte operate dalla parrocchia ed infine dai furti. Divenuto deposito collettivo
fra gli anni ’90 e 2000 è stato re-adibito a funzione pristina nel 2015, anno in cui è stata
posata una nuova pala d’altare in sostituzione di quella perduta.
L’oratorio di San Marco presenta una facciata un tempo arricchita con 4 opere ad affresco
ed un apparato decorativo minimo. Il pessimo stato di conservazione rende apprezzabile
solo in parte i due affreschi centrali. Il lunotto superiore, contenuto all’interno del timpano, è
l’elemento che meglio si è mantenuto. Alla spogliazione degli arredi, all’interno è sopravvissuto
in parte l’altare maggiore: benché sia andato in pezzi il paliotto in scagliola nelle operazioni
di furto, la parte superiore, essendo completamente realizzata in muratura e stucco non
ha destato interesse e si è integralmente conservata, ad eccezione dell’asportazione della
pala. La nuova tela proviene da Basilea, opera dell’artista svizzero Buchwalder reinterpreta l’architettura e il contenuto della pala antica in chiave contemporanea, saldandosi alle cromie
dell’aula dell’oratorio. Al centro spicca la figura riconoscibile della Madonna con Bambino, ai
cui lati si trovano San Marco evangeliste e San Carlo Borromeo. I modelli dei volti e dei simboli
presenti è mutuato rispetto a ciò che si può trovare dall’osservazione degli affreschi diffusi
nel borgo, le cromie reinterpretano i colori attualmente presente nella chiesa, tendendo a
fondere la tela con il suo intorno.
Architettura religiosa diffusa

Il comprensorio del borgo conta cinque cappelle minori collocate su pubblica via pedonale,
tutte in buone condizioni di conservazione a livello strutturale. Realizzate in epoche differenti,
la più antica è attribuibile all’XVII secolo, mentre la più recente risale alla metà del XIX. Oltre
alle cappelle sopra citate, su alcuni fronti di fabbricato sono presenti affreschi votivi degni
di nota, come in particolare una madonna con bambino reggente il globo databile alla fine del
XVI secolo. Anche in questo caso si nota come l’affresco è realizzato su precedenti opere. Si
contano inoltre elementi decorativi di interesse anche all’interno di alcuni fabbricata: un camino
seicentesco decorato ad affresco e l’apparato decorativo settecentesco presente in relazione
ad alcuni varchi appartenenti al fabbricato Nella porzione centrale del borgo si individuano
i ruderi di un poderoso edificio fortificato, chiaramente individuabile come casa-forte.
Spicca il timpano dotato di piccionaia ed alcune finiture marmoree che arricchiscono
delle porte di accesso. Dall’analisi del fronte ovest si nota come alcune finestre a sesto
acuto, siano state aperte all’interno della trama muraria pristina. Dall’osservazione dei dettagli
delle aperture presenti, è possibili ipotizzare la fondazione della struttura ad epoca romanica.
Simili dettagli si individuano anche in altri manufatti presenti nel paese.
Adiacente al rudere della casa forte, si sviluppa l’organismo costruito, in parte anch’esso diroccato,
più complesso e articolato del borgo: un impianto a corte, poggiante verso nord sui ruderi
della casa forte, viene attraversato da un pubblico sentiero. I fronti della corte, per quanto
ne resta, sono dotati di affreschi dai temi sacri: oltre ad una crocifissione, spicca una madonna
in trono seicentesca, chiaramente dipinta su di un affresco più antico. Di notevole interesse è
un comignolo completamente rivestito di decorazioni a graffito, anch’esso datato alla metà
del XVII secolo.
Il fronte rivolto a valle, esterno alla corte, offre un loggiato un tempo dedicato alla conservazione
del foraggio. Risultato di innumerevole fasi costruttive, il complesso dimostra una eccezionale
capacità tecnica/costruttiva È significativo ricordare che si individuano, in
relazione praticamente ad ogni fabbricato, elementi litici di pregio, talvolta costituiti da finiture
di porte e finestre, talvolta che interessanti porzioni interne quali camini, vasche per l’acqua,
mensole, colonne. Si nota anche la presenza di una mensola con testa antropomorfa, murata
a piano primo, fronte ovest, dell’edifico che ospita l’unico forno comune ancora presente in
paese (gli altri due sono crollati).
7. Elementi di fragilità
Mancanza di strumenti urbanistici
Rimosso il vincolo di inagibilità nei primi anni 2000 senza però riadeguare lo strumento
urbanistico, il borgo risulta essere in zona agricola, costituito da edifici rurali sparsi. Lo
strumento urbanistico in questo caso non costituisce alcuna tutela e potrebbe concedere la
realizzazione di interventi del tutto estranei ad un contesto così unico e fragile.
Aree di Cava limitrofe
In seguito alla rimozione del vincolo è stata aperta una cava in vicinanza al paese e diverse
altre si individuano al di la della vallata prospicente il borgo. Si tratta di cave di Sarizzo. In
questo momento la coltivazione del giacimento più prossimo è ferma per contingenza di
mercato. La sua presenza è in parte compatibile con la tutela del borgo e del suo intorno, ma
meriterebbe una rinnovata attenzione in caso di riattivazione delle concessioni, tenendo cioè
in considerazione la presenza di un contesto di tale natura, sino ad ora ignorato.
Furti di materiale litico
Dopo la realizzazione della pista di accesso che porta al paese, si sono verificati innumerevoli
furti ed asportazioni di materiale; non solo mobili e suppellettili vari, ma anche veri e propri
elementi di fabbricati. Cornicioni di porte e finestre, camini, pavimentazioni, lastre di copertura,
vasche, bocche di forno e altro, sono stati smontati e portati a valle o ricollocati; l’opera
non è stata portata avanti dai legittimi proprietari, ma da approfittatori decisamente accorti.
Da quanto il borgo si è ripopolato sono finalmente cessati questi furti.
Presenza elettrodotti
Due elettrodotti passano a valle del Paese, a relativa distanza da esso, ma limitrofe al
Castello dal quale la visuale appare “affettata” dalla presenza dei cavi. Una delle linee sta
probabilmente per essere dismessa, quella maggiormente vicina al castello, ma il fatto
stesso che quest’ultimo non sia presente nelle planimetrie catastali, non costituisce un buon
presupposto per una futura pianificazione degli interventi.
Pericolo di Crollo di alcune costruzioni causa incuria
L’abbandono del paese ha comportato la cessazione delle attività manutentive in relazione
a campagna e fabbricati. Alcuni di essi sono stati fortunatamente mantenuti da parte delle
famiglie di origine, benché la maggior parte sia stati abbandonati completi del contenuto
stesso relativo alla funzione di abitazione.Circa il 30% dei fabbricati che compongono
il borgo è crollato ed il 20% in stato di pericolo interessando anche zone di percorrenza,
rischiando quindi di dover essere sottoposti a messa in sicurezza, che nella maggior parte
dei casi tende alla demolizione.
Abbandono della campagna coltivata
L’abbandono e la mancanza di manutenzione ha interessato, ancor più del paese, la campagna
di pertinenza. Circa 30 Ha di superficie, compongono il territorio di pertinenza che
ha alimentato Veglio nei secoli ed a cui vanno sommate le estensioni di alta montagna. La
conservazione di pratiche di pastorizia a scala locale ha permesso che ovini e caprini, ancora
largamente presenti sul finire degli anni ’90 fra il tessuto famigliare del comune di Montecrestese,
abbiano per lo meno mantenuto percorribili i sottoboschi ed in parte brucato le poche radure risultanti dall’abbandono della campagna terrazzata. Negli ultimi 20 anni l’abbandono è stato quasi totale, ma recentemente una giovane coppia proveniente da oltreconfine, si è insediata sul territorio e sta
organizzando l’apertura di un’azienda agricola dimensionata sul territorio.
8. Motivazioni alla tutela
Il valore del contesto L’unicità venutasi a creare è data da una contingenza
di diversi fattori. Anche se ricco di elementi di pregio, il Borgo di Veglio potrebbe
essere paragonato a molti altri nuclei presenti nelle valli dell’Ossola, ma il fatto che sia rimasto
intatto nella sua impostazione anteguerra lo rende significativo, in quanto documento
facilmente leggibile. Sono chiaramente sotto gli occhi di tutti i centri storici meritevoli di tutela,
ma devastati da scempi e assediati da degenerazioni urbanistiche; nell’abitato di Veglio,
questo gravissimo aspetto che condiziona e contamina diffusamente l’Italia del benessere,
non è presente.
Infine vi è un valore da riconoscere anche dal punto di vista antropologico: un anno zero
è quello che riguarda la vita di una rinnovata compagine sociale in quel luogo.
La fragilità e il bisogno di aiuto. Come accennato in precedenza la frazione è
esposta ad alcuni rischi che potrebbero dissolvere l’unicità venutasi a creare, non tanto
per interessi immobiliari o economici in senso stretto, bensì per disattenzione; con le più
oneste intenzioni, un qualsiasi agricoltore potrebbe fare un piano aziendale che preveda la
realizzazione di un sistema sproporzionato di ricoveri animali e mezzi a ridosso del paese.
Gli strumenti urbanistici potrebbero consentirlo.
Allo stesso modo un’improvvida ristrutturazione non incontrerebbe nessun ostacolo,
ne alcun intervento andrebbe in commissione Paesaggistica.
Ricadute sul territorio e azione popolare
Da alcuni anni grazie alla presenza di 4/6 residenti ufficiali, unitamente a soggetti sostenitori
che gravitano intorno al paese, si assiste ad una reintroduzione della Frazione all’interno
della quotidianità del tessuto sociale del comune e della zona limitrofa. Molte energie
sono venute anche dall’estero e, come accennato in precedenza, data una fortunata campagna
di pertinenza sta per nascere un’azienda agricola che genererà importanti ricadute per
il Borgo. L’attività dell’azienda è di fatto avviata con metodologie di prototipazione da un paio
di anni: si è assistito ad una costante crescita di interesse e di coinvolgimento a più livelli di
popolazione. Chi per l’arte, chi per l’interesse storico, chi per l’audacia del progetto di rimessa
in produzione della campagna terrazzata, si manifesta in chi incontra questo luogo una
reazione generalmente entusiastica.
9. Conclusioni
Veglio di Montecrestese si è conservata rimanendo per un lungo periodo in dimenticatoio.
Si può chiaramente affermare che i tempi sono molto cambiati rispetto al secondo dopoguerra,
al periodo in cui nascevano le istanze che hanno portato all’abbandono di questo
luogo. Cinquanta anni fa, lo svuotamento per correre verso il progresso delle fabbriche, aveva
fatto di questo luogo un simbolo eclatante dello svuotamento dei centri minori della Valle
Ossola. Oggi la ripresa di coscienza circa il valore di questo luogo, casualmente salvatosi da
quanto successo in molti altri centri storici, lo rende simbolo di un potenziale futuro. Un futuro
possibile, tutto da pensare, ma estremamente concreto e tangibile.



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