lunedì 15 maggio 2017

STRESA-INTRODUZIONE AL CONVEGNO.





In occasione del convegno tenuto a Stresa il giorno 13 ultimo scorso sul tema dei beni comuni pubblici in degrado, è stato tenuto l'intervento che qui trascriviamo e lasciamo alla vostra attenzione.


Italia Nostra ha voluto dedicare la prima giornata nazionale ai beni comuni di proprietà pubblica che, seppur sottoposti a provvedimenti di tutela, versano in abbandono e degrado.
Ad ogni sezione locale il compito quindi di individuare un bene che nel proprio ambito presentasse quelle caratteristiche, con la speranza che la giornata ad esso dedicata possa riaccendere i riflettori sullo stato in cui versa e sulle prospettive del suo recupero e della sua valorizzazione.
Le Sezioni delle Province di Verbania e di Novara, accomunate da una problematica comune che è quella di Villa La Palazzola qui a Stresa e di Villa Cavallini a Lesa, hanno congiuntamente creduto di anticipare la giornata di domani con questo pomeriggio di incontro e di dibattito sul tema che vede al centro i parchi e le ville storiche, realtà che hanno costituto un insediamento di pregio sulle coste dei grandi laghi, improntandone il paesaggio, tanto da farle diventare un elemento caratterizzante e qualificante del territori.
La ricchezza del passato sembra però essere un problema per l'oggi; le mutate abitudini nella fruizione del tempo libero, il ridursi o l'estinguersi della grandi famiglie proprietarie, le spinte economiche diversamente orientate, il frazionamento delle proprietà stesse o all'opposto la loro concentrazione in poche mani, tutto ciò ha modificato il quadro di un passato che definirei dal paesaggio perfetto e aperto un presente dove una parte di quel passato appare o modificato, non sempre coerentemente, o già scomparso o abbandonato in attesa di una prospettiva che il più delle volte non è quella del recupero.
La linea d'ombra del presente che separa il passato glorioso dal futuro incerto, troppe o molte volte è segnata quindi dall'abbandono, un abbandono a volte incolpevole, ma a volte imputabile alla volontà, o alla necessità, proprietaria. Gli esempi non mancano.
Ma c'è di più; insieme alla decadenza dei beni si accompagna forse un cambio culturale. Più il degrado e l'abbandono avanzano, più si allarga una coscienza diffusa che percepisce il degrado come causa e non come effetto. Si innesca insomma un processo che rischia di vedere i cittadini passare da difensori dei beni comuni a primi accusatori di un sistema di tutela raffigurato come responsabile del grado di incuria raggiunto. Il sistema di tutela viene allora indicato come il freno, l'ostacolo che si frappone alla "valorizzazione" economica di quei beni, anzi alla crescita economica tout court, il nemico da abbattere.
E' la perdita di riconoscimento del valore identitario cui il paesaggio storico assolveva. Coloro che hanno ereditato soltanto "ruderi", non ne riconoscono più il valore e si innesca un' azione collettiva politicamente sostenuta, specie a livello locale, destinata a rimuovere quei beni dalla propria identità, arrivando a chiederne la mutazione, anzi la distruzione, rinforzandosi le tendenze "eversive" rispetto al sistema dei valori dei beni culturali e di paesaggio ancorché costituzionalmente protetti. 
Si salda così il degrado materiale con la mutazione culturale; il primo avvia la seconda, la seconda, una volta innescata, rompe l'argine che poteva frenare il primo. A questo punto i valori identitari sono persi e il processo di trasformazione irreversibile dei beni comuni può aver luogo senza alcun ostacolo, anzi sostenuto attivamente dalla "volontà popolare". 
In questa panoramica, così brevemente descritta, ci si chiede quale sia il ruolo che i soggetti pubblici, diversamente competenti, debbano o possano svolgere. 
Al di là della diffusa narrazione ufficiale o meglio governativa che ci ricorda i punti di eccellenza, i gioielli di famiglia che sono ritornati a splendere, vi è una realtà più diffusa, magari minore, ma non per questo meno meritevole, che soffre, sia per mancanza di progetto, sia per mancanza di risorse, sia per volontà diversamente orientate. 
Di questa realtà, una parte è nella mani della proprietà pubblica, un'altra, pur vincolata, è in mani private e qui si innesca un paradosso.
Le proprietà pubbliche non dovrebbero soffrire per remore o incertezze circa la destinazione e il futuro dei beni in loro possesso; se ben indirizzati, specie entro una economia del turismo, rappresentano un valore aggiunto, un carattere identitario dei luoghi, tanto che hanno contribuito a farne la fortuna economica.
Tuttavia quand'anche esista una progettualità, le risorse finanziarie pubbliche, troppo scarse, frenano recupero e valorizzazione. 
Dall'altro lato, quello delle proprietà private, ancorché tutelate, si oppongono incertezze, freni inibitori, particolarmente efficaci in un contesto locale, a che una pianificazione coerente con il sistema dei vincoli ne disegni un futuro possibile o l'unico futuro possibile e auspicabile, ossia un recupero dello splendore perso, entro un ventaglio di possibili usi funzionali, vuoi di residenza tradizionale, vuoi di ricettività turistica di charme, vuoi quali contenitori di altre funzioni, comunque coerenti. 
La partita è ancora aperta su tutto il fronte, quello delle risorse pubbliche che mancano e ne parleremo anche dopo,e quello di una pianificazione coerente che ancora stenta moltissimo o addirittura cammina in senso opposto.
In questo contesto i beni comuni più esposti ne stanno facendo le spese, degradando comunque per volontà cosciente o per carenze di risorse e nel degrado attuale, il pericolo reale è l'avanzata, inesorabile, di quella mutazione culturale di cui ho fatto cenno e che rischia di cancellare identità e memoria, cambiando inesorabilmente il corso della storia e del paesaggio.

13/05/2017 Il Presidente sezione VCO

                     

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