martedì 28 settembre 2021

ITALIA NOSTRA/SOPRINTENDENZA-INCONTRO





Riportiamo in questo post i temi che sono stati trattati questa mattina nell’incontro, in remoto, che la Soprintendenza ai beni paesaggistici, storico artistici e archeologici del Piemonte, area nord/est, ha concesso al Consiglio della Sezione del VCO. Era presente la Soprintendente reggente Arch. Antonella Ranaldi, con tutti i suoi funzionari di zona, che ringraziamo per la disponibilità e il tempo che ci hanno concesso. Presenziava anche la nostra Presidente Regionale Prof. Adriana My.

La scaletta dei temi che avevamo preparato era nutrita. Qui riportiamo, prossochè in int
egrale le posizioni che I.N. ha sostenuto, tema per tema. Su ognuno di essi ci è stata una risposta da parte della Soprintendente, anche su quelli più delicati e sensibili, e/o un impegno ad un approfondimento successivo.
Si è avviato un metodo di approccio ai problemi che si è auspicato, da parte di tutte le parti presenti, possa avere un seguito e non esaurirsi con l’incontro di oggi.
Per parte sua, la Sezione di I.N. , intende far seguire una memoria scritta che farà sintesi dei contenuti di oggi e che riproporrà, anche alla luce dell’approfondimento odierno, la propria posizione su tutti i temi messi in agenda, e non solo.
Integreremo successivamente questo post con alcune delle risposte che abbiamo avuto.
Qui nel seguito, tema per tema , la posizione espressa da I.N.


1) COMUNE DI STRESA- FAGGI DI LEVO:

Vorremmo subito fare un cenno alla questione dei faggi di Levo. Ne avevamo fatto oggetto anche di una lettera che però non ha avuto un Vostro riscontro. La questione è quella se le pertinenze stradali, nel caso di strade di età oltre i 70, siano da considerare, salvo mancato riconoscimento, oggetto di tutela o no. A sentire il Comune di Stresa, proprietario dei terreni, ma non della strada che è Provinciale, non parrebbe. Altra Soprintendenza, vedi il caso dei tigli di Fossano, si è espressa positivamente.
Una questione quindi di diritto, ma anche di merito trattandosi di piante di quasi 200 anni di vita e quindi non fungibili.
I.N. sta comunque pensando di promuovere un provvedimento di riconoscimento di alberi monumentali per le piante in questione, o in alternativa di bene vincolato ex art. 136, commissione permettendo.
 
 3) COMUNE DI VIGNONE- VINCOLO INDIRETTO DI S. MARTINO
La questione del Vincolo indiretto ex art. 45 del complesso monumentale di S. Martino di Vignone, nasce dal mancato interesse al riconoscimento del complesso come bene da vincolarsi ex art. 136. Una indicazione che però era venuta dalla stessa Commissione Regionale.
L’ultimo, credo, contatto informale che abbiamo avuto con la Soprintendenza, datato marzo 2020, così recitava:
Gentilissimo Piero Vallenzasca,
sto lavorando alla predisposizione del vincolo indiretto in collaborazione con la collega architetto Sara Mantica, funzionario di zona incaricato per il comune di Vignone. In sede di co-pianificazione sarà assicurato il coordinamento tra l'istruttoria per il vincolo indiretto e la variante urbanistica.
La ringrazio per la segnalazione e rimango a disposizione per ulteriori comunicazioni.
Cordiali saluti
arch. Chiara Galvan
Ora mi pare che la variante urbanistica di cui si faceva cenno, sia andata avanti, ma del vincolo indiretto si sia un po’ persa la traccia. In questo momento Vignone sembra aver un’amministrazione sostanzialmente favorevole all’instaurarsi di un vincolo e parrebbe occasione da non perdersi.
Da parte nostra c’é la richiesta di poter, a breve, vedere il termine positivo di questa vicenda.

4) VINCOLI: FASCIA COSTIERA STRESA-MONTE TEGGIOLO-BORGO DI VEGLIO.

Unifichiamo in uno la trattazione di tre temi che abbiamo messo in agenda. Trattasi delle proposte di istituire vincoli ex art. 136 su ambiti paesaggistici specifici. Le nostre proposte si sono scontrate, sino a questo momento, con la mancata ricostituzione da parte della Regione della Commissione. Salvo non ci sia noto, ancora oggi perdura l’inadempimento. Ove questa questione non si sbloccasse, abbiamo una qualche alternativa qualora si chiedesse l’applicazione dell’art. 138 ultimo comma del Codice? Da parte sua il Ministero può o intende fare pressioni sulla Regione perché non perduri oltre l’inadempienza rispetto alla Commissione ?
Il fatto è che almeno due degli ambiti indicati sono ambiti sensibili. Non ne ignoriamo i rischi insiti in una assenza di tutela specifica: Avvicinare le Montagne e variante strutturale di Stresa sono le insidie maggiori. Chiediamo che la Soprintendenza utilizzi ogni strumento disponibile per ripristinare la corretta applicazione della normati o che, in alternativa, si attivi in autonomia.

5) DEPOSITO DI VOGOGNA.

La questione credo sia nota. La prima autorizzazione temporanea era scaduta senza che il materiale fosse stato rimosso. La seconda, riferita ad un altro quinquennio, sarà in scadenza nel giugno 2022, ma sino ad oggi non si ravvisa nessuna operazione di rimozione, né della prima, né della seconda. Nel frattempo c’è stato un processo penale. Per l’ultima autorizzazione le prescrizioni date dalla Soprintendenza erano state disattese dal Comune. Che cosa significava infatti garantire l’effettiva temporaneità richiesta se poi non si prescrivevano obblighi di monitoraggio sull’andamento, non si chiedeva garanzie, anche finanziarie, in caso di mancata rimozione?
Il fatto è che questa questione, al di là dei suoi aspetti giuridici e amministrativi, rischia di rimanere un vulnus paesaggistico/ambientale permanente. Per quanto a noi risulti, lo stato della ditta responsabile ormai è molto precario e anche se avesse i mezzi e le risorse per movimentare tutto il materiale accumulato, non saprebbe dove metterlo. Sotto il profilo sostanziale è un rifiuto camuffato da materiale commerciabile e così era stato indicato anche nel progetto di coltivazione di cava da cui proviene, dove era stata autorizzata un’estrazione di 2 milioni di mc., a fronte di una dichiarazione, inverosimile, di mc. 0 di rifiuto lapideo.
L’area è agricola, indicata ad elevata produttività, gli ordini di rimozione rimarranno senza esito, la possibilità di interventi sostitutivi trovano il loro limite, sia nei costi che nella impossibilità di individuare una destinazione. In questo scenario, non dei migliori, è possibile pensare ad un recupero ambientale che, in qualche utilizzi quel materiale ? Vi sono forti limiti: urbanistici, giuridici, idrogeologici, ma dobbiamo rassegnarci ?

6) COMUNE DI VERBANIA : PIANIFICAZIONE PIANO GRANDE.

Siamo reduci da una sconfitta subita sul piano giuridico. Questo non significa che ne siamo stati convinti, ma non avevamo le risorse per appellare. Ci dispiace che la Soprintendenza abbia difeso un provvedimento da noi avversato. Ci dispiace due volte perché, seppur acclarata dal Comune, manco esisteva la conformità urbanistica, almeno dell’intervento edilizio, essendo l’area classata inedificabile sotto il profilo idrogeologico, ma l’eccezione ci era sfuggita in sede di proposizione del ricorso e non è stato più possibile proporla come motivo aggiunto, in quanto preesistente e non sopravvenuta. Quindi non ha vinto il diritto, ma il non diritto, a cui si aggiunge l’errore geometrico fatto dai giudici che hanno ritenuto la proiezione del confine della costa del lago di Mergozzo e della strada statale 34 non cadere sull’area oggetto del progetto bici cross.
Per noi valeva e vale la prescrizione del Ppr e ci chiediamo quale diversa lettura posa essere stata data a questa prescrizione che ci pareva chiara nel suo dettato.
Al fine di salvaguardare il bene tutelato devono essere conservate nella loro integrità le aree agricole e prative di elevato valore paesaggistico e panoramico ubicate tra la sponda del lago di Mergozzo e la strada Verbania-Gravellona Toce
Tralasciamo tutto il restante apparato normativo del PPR che però torna e rileva ancora nella vicenda pendente della variante 37 che , ci auspichiamo, possa avere un esito ben diverso da quella della pista da bici cross. Se così non fosse, nell’arco di solo un paio d’anni si vedrebbero consumarsi ben 7 ettari del Piano Grande a dispetto del suo nome e del reticolo normativo che lo presiede e che ci pareva invalicabile. Ricordiamo che la variante 37 è una, ma incombe pure quella di riclassificazione idrogeologica, prodroma di nuove colonizzazioni insediative, non ultima quella legata al destino della cascina dismessa.
Ricordiamo che I.N. su quest’ultima ha una proposta, fatta oggetto anche di una richiesta di finanziamento di oltre 6 milioni di euro sui fondi del recovery fund per la sua trasformazione in portale di accesso al parco nazionale Val Grande, proposta sulla quale regna il silenzio dell’amministrazione di Verbania, mentre sono noti i desiderata della proprietà .
La nostra posizione è chiara: si vada applicazione corretta e coerente del PPR nell’ambito del Piano Grande, ponendo fine a varianti e variantine urbanistiche che a tutto sono finalizzate, men che meno all’applicazione del PPR.

7) COMUNE DI STRESA : ALBERGO 2 VILLE.

La questione è nota. La nostra posizione è che, dopo la decisione del ricorso straordinario davanti al Capo dello Stato, il Comune avrebbe dovuto, senza indugio, mettere mano a quella scriteriata variante urbanistica, da noi sempre avversata e rettificarla rendendola coerente con il provvedimento di vincolo. Non è avvenuto, non sta avvenendo, si sta privilegiando il ricorso alla concertazione intorno ai progetti edilizi che, via via, sono stati prodotti che potrà anche avere un esito positivo, ma certo non è sorretta da una normativa coerente di PRGC che ponga l’ente pubblico in una posizione di forza di fronte alle richieste proprietarie, e non mi riferisco solo agli aspetti dimensionali ed architettonici del progetto, ma ad esempio anche alla questione degli standard che sappiamo tutt’altro che risolta. Intanto però continua il disimpegno proprietario rispetto alla conservazione dei beni vincolati, nonostante le disattese richieste di Codesta Soprintendenza, così come continua il disinteresse doloso circa l’utilizzo improprio e senza titolo dell’area a fini di parcheggio, mentre si avanzano richieste compensative riferite ad altro sito che né hanno pregio giuridico, né trovano alcuna connessione con la riduzione dimensionale che deve attuarsi nell’area due ville. Aggiungiamo che una variante rettificativa avrebbe anche l’onere di verificare la coerenza della stessa con l’apparato normativo del PPR che, diversamente, potrebbe essere elusa.

8) DEVERO AVVICINARE LE MONTAGNE

Altra questione dove politica e interessi sono abbastanza allineati. Sappiamo delle vicissitudini del rapporto ambientale, che tiene ferma la procedura di VAS, mai arrivato a conclusione, dei “tavoli tecnici” avviati per trovare soluzioni “ tecniche” finalizzate a superare i tanti vincoli che il progetto incontra.
Non sappiamo ancora se bay passato il passaggio dei punti di colmine, il progetto non avrà più ostacoli e andrà a conclusione; rimangono i problemi dei siti natura 2000, forse, inizialmente sottovalutati nella loro portata bloccante.
Quel che a noi preme è che la questione sia affrontata non tanto con soluzioni che, volta a volta, superano i singoli problemi, soluzioni che possono probabilmente sempre trovarsi, ma che sia il progetto complessivo l’oggetto dell’attenzione anche sotto il profilo della tutela paesaggistica. Non è indifferente il nuovo maggior carico antropico sul territorio che quel progetto prospetta, esso muta l’uso di un territorio nel suo insieme, ne compromette habitat, ne banalizza la fruizione, lo omologa ad altri e lo priva della sua specificità e singolarità.
Non sono aspetti indifferenti rispetto al valore paesaggio, alla sua percezione d’insieme e sotto questo profilo, la “soluzione” di come bypassare il passaggio di colmine, non è soluzione, ma strumento di sovvertimento della radicata natura di un territorio ancora a basso impatto antropico. Anche da qui la nostra attenzione al monte Teggiolo di cui abbiamo fatto cenno in avvio di riunione. Ma persino alcune soluzioni che parrebbero di mobilità più dolce e sostenibile, sono in realtà strumenti non alternativi all’accesso automobilistico, ma aggiuntivi e cumulativi davvero insostenibile.
Crediamo che tutto il progetto debba subire un forte ridimensionamento e una rivisitazione complessiva e auspichiamo che anche la Soprintendenza sin unisca a questa richiesta.

9) BAVENO CONCESSIONE MINERARI A:

Definire scandalosa quella concessione è poco. I. N. era intervenuta nella fase pubblica della valutazione di VIA con un suo documento articolato e complesso. E’ stata sbeffeggiata. Le sue osservazioni sono state respinte prima ancora che venissero ricevute e lette, ma quando questo fatto è stato rappresentato, a nulla sono valse le nostre rimostranze, sino a “ minacciarci” di denuncia da parte del responsabile della struttura regionale. Alla fine l’esposto penale lo abbiamo presentato noi e pende presso la Procura di Torino. Solo un dato è sufficiente per illustrare quanto poco credibile sia il progetto di coltivazione e di recupero, peraltro fortemente ridimensionato rispetto a quello che autorizzato per la concessione scaduta. Vengono concessi 1.200.000 mc di coltivazione per 20 anni. La capacità dichiarata di produzione da parte della ditta, peraltro della stessa compagine proprietaria del caso di Vogogna, è di 40.000 mc annui massimi , ossia 800.000 mc in venti anni. Questo significa che, noi non lo vedremo, ma alla scadenza della concessione in corso si riprodurrà l’identica situazione di quella precedente, ossia il mancato esaurimento produttivo, legittimerà il mancato recupero ambientale. Sino a quando nessuno lo sa.
Su questi casi chiediamo una maggior attenzione anche da parte della Soprintendenza.

















































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