Sezione del VCO
Prot. 24/22
31/03/2022
Spett. Comune di Vogogna
Preg. mo Sindaco
Sede Municipale
VOGOGNA
e p.c.
Spett. Regione Piemonte
Direzione ambiente energia e territorio
Settore Territorio e Paesaggio
C.so Bolzano 44
TORINO
Spett. Regione Piemonte
Direzione opere pubbliche/difesa del suolo/protezione civile
Settore Difesa del suolo
C.so Stati Uniti 21
TORINO
difesasuolo@cert.regione.piemonte.it
Spett. Segreteria dell’ Autorità Distrettuale di bacino del fiume Po
Via Garibaldi 75
PARMA
protocollo@postacert.adbpo.it
Spett. Soprintendenza ai beni archeologici, Belle arti e paesaggio
Per le Province di Novara/VCO/ Biella /Vercelli
Cso Cavallotti 27
NOVARA
Spett. Provincia del VCO
Settore Opere Pubbliche/Difesa del Suolo/Protezione civile
V.le Industria 25
VERBANIA
Spett. Noe
Nucleo operativo ambientale per il Piemonte
Via Pio VII 9
TORINO
Spett. Carabinieri Forestali
Nucleo Provinciale di Verbania
V.le S. Anna 75
VERBANIA
fvb43396@pec.carabinieri.it - PEC
Spett. ARPA Piemonte
Agenzia Regionale per la protezione ambientale
Area Nord est
Via Bruzza 4
VERCELLI
dip.nordest@pec.arpa.piemonte.it
Spett. Procura c/o Tribunale di
VERBANIA
OGG: Comune di Vogogna: Depositi in sponda dx Toce di materiali lapidei provenienti da estrazioni di cava. Mancata rimozione.
Autorizzazione paesaggistica n. 8/2017 del 30/06/2017- S.C.I.A. prot. 3391 del 04/07/20217. Prossime scadenze.
Questa Sezione dell’Associazione, con la presente ritorna sul tema già fatto oggetto di ripetuti interventi.
Motivo sono le prossime scadenze dei titoli autorizzativi che hanno consentito il deposito temporaneo di materiali lapidei di provenienza estrattiva.
I precedenti titoli, riferiti ad un primo deposito, pur oggetto di una proroga, avevano ultimato la propria efficacia senza che le prescrizioni di rimozione, fatta anche oggetto di ordinanza, venisse ottemperata.
E’ assolutamente verosimile che la stessa situazione si riprodurrà in relazione al secondo deposito in scadenza autorizzativa.
Lo comprova il fatto che non appare essere in corso alcuna attività e, stante le quantità giacenti, l’ intervento di ripristino necessiterebbe lavorazioni per un tempo non certo riconducibile a poche settimane, ma a molti mesi.
Si configura pertanto la prospettiva, tante volte prefigurata e cioè l’irreversibile trasformazione di utilizzo dell’intera area agricola interessata per uno scopo già in origine non legittimamente assentibile, ma assentito e ora, nei fatti, divenuto e in divenire, un deposito illegale di materiali costituti, in gran parte, da scarti lapidei di estrazioni da coltivazione di cava, di nullo o scarso valore commerciale e quindi, nei fatti, materiale non commercializzato e in abbandono, a nostro giudizio, da valutarsi alla stregua di un rifiuto, con le implicazioni conseguenti.
E’ nota la situazione di impossibilità ad intervenire, in via sostitutiva, in cui Codesto Comune si è trovato e si troverà ad agire, anche se tale stato di impotenza è, in gran parte, riconducibile all’improvvida modalità con cui gli assensi ai depositi sono stati rilasciati.
La quantità di materiale, stimabile in circa 300.000 mila cubi, l’impossibilità di trovarvi uno sbocco commerciale, i costi di rimozione sostitutiva, non coperti da nessuna garanzia fidejussoria o altro, la difficile possibilità di rivalsa delle spese che dovrebbero essere sostenute, l’impossibilità apparente di individuare un sito di definito deposito, tutto ciò milita a far immaginare che lo stato dei luoghi in cui si trovano, se non irreversibile, si protrarrà nel tempo e per i prossimi anni se non decenni.
Di fronte a questa prospettiva, tuttavia Codesto Comune ha l’onere di perseguire una soluzione senza che l’attuale condizione sia considerata irreversibile o che il trascorso del tempo senza azioni concrete, agisca come rimozione dalla memoria amministrativa del fatto avvenuto per poi ricondurlo a legittimità attraverso spregiudicate operazioni urbanistiche.
Fermo dunque restando che il ripristino dei luoghi rimane la soluzione maestra che, peraltro, la normativa impone, l’ impossibilità ad agire potrebbe essere un limite oggettivo tale da richiedere la ricerca di soluzioni forse alternative, ispirate dalla necessità comunque di bonificare un’area che, anche a beneficio, del territorio amministrato da Codesto Comune, non può essere lasciata nelle attuali condizioni. Ostano ragioni urbanistiche, paesaggistiche, idrogeologiche e, in senso lato, ambientali: ( polveri diffuse, inquinamenti di falde...).
Quanto premesso, la stessa ricostruzione della vicenda attraverso il monitoraggio attento di quanto avvenuto, potrebbe aiutare nella ricerca di una soluzione possibile.
Se infatti la provenienza dei materiali è da ricondursi ad un’unica fonte estrattiva, ( la cava Lorgino in territorio del Comune di Crevoladossola di cui alla pratica S.U.A.P di Domodossola n. 795/2017) è da ritenersi irrealistico pretendere che la ricollocazione finale dei materiali giacenti possa avvenire nel luogo della sua originaria estrazione ?
La previsione normativa contenuta nella legge Regionale che regola il settore estrattivo di cava prevede all’articolo 30 comma 6 che :
“ L’eventuale riempimento totale o parziale dei vuoti di cava, finalizzato a migliorare le condizioni morfologiche dell’area ove si è svolta l’attività estrattiva, è parte dei lavori di recupero ambientale ed è prioritariamente attuato con l'utilizzo dei rifiuti prodotti dalla stessa attività estrattiva, secondo quanto disposto dal decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117 (Attuazione della direttiva 2006/21/CE relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE). Il riempimento dei vuoti di cava è inoltre consentito con l’utilizzo dei materiali previsti dalle norme statali vigenti e secondo le relative procedure autorizzative. “
Quanto era stato previsto nel progetto di smaltimento dei rifiuti lapidei, depositato in sede di istanza di autorizzazione alla coltivazione di cava Lorgino, cioè nulla, salvo per i fanghi prodotti dal taglio delle bancate estrattive, si è rilevato non veritiero, o meglio, sempre che sia avvenuta una formale transazione commerciale, essa potrebbe aver celato una diversa intenzione, cioé il trovare un sito di deposito dove collocare le ingenti quantità di scarti di estrazione, non immediatamente gestibili presso il sito di produzione, quanto meno nella fase estrattiva, incuranti poi dell’esito finale di quei materiali: sia che effettivamente potessero trovare una collocazione di mercato per un qualche utilizzo, sia fossero rimasti invenduti. In ognuno dei due casi, sgravandosi l’ azienda cedente dell’onere e della responsabilità del loro esito.
La disponibilità offerta dalla ditta del sito di Vogogna per lo stoccaggio, giovatasi quest’ultima della condiscendenza amministrativa del Comune al fine di ottenere assensi illegittimi, pur in assenza di uno sbocco certo di mercato, ne garantiva il risultato per un arco temporale corrispondente a quello di attività del sito estrattivo.
Nel progetto di smaltimento, l’intera quantità estrattiva (oltre 2 milioni di mc.) veniva dichiarato che avrebbe avuto una destinazione commerciale, ma non ne veniva fornita la prova ( vedi in proposito invece cosa chiede la legge: art. 184 bis comma 1 lett. a e art. 184 ter comma 1 lett. A sub b ) e, di fatto, non si è realizzato quanto in quella sede sottoscritto, senza che peraltro in sede istruttoria ne fosse verificata la fondatezza, traducendosi ora in un deposito abbandonato o in corso di totale abbandono di materiali lapidei di scarto: a nostro giudizio, come già ricordato, da considerarsi rifiuti.
Prova ne è il fatto che, successivamente, all’esaurirsi della possibilità di accoglimento di ulteriori materiali nel sito di Vogogna, per quantità di ugual natura sono stati cercati sbocchi diversi che si sono tradotti non nella cessione a terzi, ma nel loro utilizzo per il ripristino di siti di cave dismessi, modificando o presentando nuovi progetti di ripristino.
Ipotizzare quindi che si possa intervenire anche a monte dell’avvenuto deposito, imponendo una rivisitazione del progetto di ripristino della cava di provenienza dei materiali abbandonati, è un percorso, difficile, ma potrebbe essere valutato, in concorso tra Codesto Comune e gli altri soggetti coinvolti, in primis l’Ente Provincia, ma non solo.
La cava in discussione, entro l’anno in corso, vedrà la conclusione di validità del suo titolo autorizzativo. Ove venisse prodotta istanza di ulteriore proseguo, ma anche solo in sede di verifica del corretto ripristino dei luoghi, se, attraverso una penetrante indagine, fosse dimostrata la connessione tra coltivazione e la discarica del sito di Vogogna, quest’ultima sarebbe il risultato della violazione delle dichiarate originarie condizioni di smaltimento dei rifiuti lapidei e ne potrebbe/dovrebbe essere imposta la bonifica a carico, a questo punto, anche della ditta produttrice.
Comprendiamo la difficoltà di un tale percorso, ma l’impossibilità di perseguire la soluzione più lineare, ben impone la ricerca di alternative possibili, salvo dichiarare espressamente di non poter perseguire il ripristino della situazione di diritto e accettare lo stato dei luoghi, illegalmente trasformato.
Attore di questo processo rimane, in primis, il Comune di Vogogna, ma la complessità del caso e l’intreccio con altre competenze e titolarità, sia tecniche che autorizzatorie ma anche sanzionatorie, imporrebbero che la questione venisse affrontano in maniera sinergica, coordinando, per iniziativa e regia del Comune stesso, i vari soggetti pubblici da coinvolgere.
In conclusione, mentre confidiamo che il Comune voglia e possa attivarsi, svolgendo, al meglio il suo ora non facile compito, auspichiamo che anche gli altri attori che per conoscenza ci leggono, possano svolgere un ruolo attivo e consapevole al fine di individuare la soluzione ambientalmente e legalmente corretta del problema.
E’ gradito, da parte dell’Ente Comune di Vogogna, un riscontro.
Il Presidente
Nessun commento:
Posta un commento