CONVEGNO-DIBATTITO
LA RIGENERAZIONE URBANA E LE RICADUTE DEL PNRR
Venerdì 28 Novembre 2025 - ore 14.00 - Polo del 900 - Piazza Antonicelli - TORINO
Il Caso è quello di Madonna del Sasso, comune sui crinali della sponda occidentale del Lago D'Orta, classificato montano, sito ad una altezza sul livello del mare certamente non di alta quota ( il capoluogo è a 700 mt.) e non all’interno di una vallata alpina, ma su un versante di bassa/media montagna, lungo i crinali che salgono in direzione dello spartiacque con la vicina Valsesia.
E' composto da quattro nuclei frazionali, tre di pressoché ugual consistenza e uno molto piccolo, singolarmente sito oltre lo spartiacque, sull'opposto versante Valsesiano, probabile retaggio amministrativo di un tempo dove i monti non erano barriere, ma luoghi di transito e di collegamento.
Il Comune non è penalizzato da un insieme di caratteri territoriali negativi.
A pochi chilometri di distanza ( 5 minuti d'auto) c'é un importante distretto industriale (quello del rubinetto) che da anni non vede crisi, quindi la domanda di lavoro non manca e non è mai mancata da quando agli inizi degli anni 60 del secolo scorso, il distretto si è affermato.
Le condizioni meteo climatiche sono buone, anche ottime; nulla da confrontare con quelle più estreme che si possono registrare in vallate alpine soggette a spopolamento.
La viabilità non è un problema e l'assenza o la riduzione delle precipitazioni nevose invernali ha semmai ridotto i temporanei disagi.
La proprietà delle residenze è il regime prevalente, fatte salve alcune in locazione essenzialmente pubblico e quindi a canoni contenuti.
Nonostante questi elementi positivi, persino attrattivi, gli abitati, ma si dovrebbe dire i disabitati, da decenni soffrono di una permanente e progressiva "crisi".
Diamo qualche numero:
Dalla fine del 2019 a tutto l’ottobre 2025, i residenti sono diminuiti di 48 unità, l’ 11,79%. Erano 407, ora sono 359,ultimo dato disponibile.
I nati nel corso del 2025 sino al 31/10 sono stati 2 e i decessii 7, a conferma di una tendenza che si accentua progressivamente che la curva anagrafica si sposta a favore delle classi di età più anziane.
Se la progressione dovesse stabilizzarsi su questi valori, lo spopolamento demografico nei prossimi 20 anni, potrebbe portare i residenti a ridursi di un ulteriore 40%. In fondo non sarebbe molto diverso rispetto al recente passato dove, dal 2001 al 2023 , i residenti persi sono stati un centinaio. Scenario quindi non auspicabile, ma credibile.
Polazione Madonna del Sasso 2001-2023
Andamento demografico della popolazione residente nel comune di Madonna del Sasso dal 2001 al 2023. Grafici e statistiche su dati ISTAT al 31 dicembre di ogni anno.
Movimento naturale della popolazione
Le due linee del grafico riportano l'andamento delle nascite e dei decessi negli ultimi anni. L'andamento del saldo naturale è visualizzato dall'area compresa fra le due linee.
La divaricazione della forbice tra nati e i morti, a vantaggio di questi ultimi lo dimostra.
L’unico dato costante e che sembra resistere è quello dei residenti in età dell’obbligo scolastico: 1 ogni anno d’obbligo.
La crisi ha comunque più volti: Quello demografico è uno, ma ha generato altri effetti, in un sommarsi capace di di trasformarsi in un potenziale distruttivo per la stessa sopravvivenza degli abitati.
Le funzioni che rappresentano la stessa ragione d’essere dei nuclei urbani e che ne sostengono l’esistenza cessano o si riducono:
La funzione commerciale si è completamente estinta a favore della media e grande distribuzione altrove insediata.
La funzione educativa primaria è stata delegata alle entità comunali vicine più consistenti.
Le funzioni dei servizi amministrativi sopravvivono in quanto vi è la presenza municipale nel capoluogo.
Altri servizi ( quelli postali) sono ridotti al part/time
I servizi sociali/aggregativi quali possono svolgere gli esercizi di somministrazione sopravvivono in ambiti esterni ai nuclei, mentre il circolo Arci oscilla tra chiusure prolungate e tentativi di riaperture, sempre part/time
Persino la funzione religiosa si é pressochè per morte dell'ultimo sacerdote e per l'ordinanza di inagibilità della chiesa parrocchiale, fulminata dal cielo.
La funzione residenza, in questo contesto ne subisce gli effetti, peraltro visibili: desertificazione abitativa/abbandono e degrado del patrimonio, con perdita degli stessi valori immobiliari, effetti che si riversano essenzialmente negli ambiti di centro storico e centro abitato consolidato.
L'analisi dello stato degli immobili mostra le conseguenze dell'abbandono e il decadimento progressivo, ma ci restituisce anche il quadro di un edificato non privo di potenzialità, considerata la qualità strutturale degli edifici .
Il complesso degli immobili presenta singole e non diffuse situazioni di eccellenza architettonica (campitura viola), ma invece una diffusa presenza di immobili classificati di elevata qualità tipologico - architettonica (campitura giallo ocra) e fabbricati di qualità tipologica-archittettonica-ambientale ricorrente ( campitura gialla).
Molti hanno caratteristiche tipiche caratterizzate da ampi spazi recuperabili in termini di volumi abitativi in quanto in origine e attualmente ancora, superfici aperte su uno o tre lati, destinate a spazi a servizio delle abitazioni.
Come accennato, presentano in più casi potenzialità non pienamente valorizzate in edifici strutturalmente non compromessi.
La presenza di queste caratteristiche edilizie in apparenza attrattive, così come pure alcune delle qualità legate alla posizione geografica dei borghi, alla loro vicinanza alla domanda di lavoro e quindi ai servizi, come già ricordato più sopra, non hanno però avuto l'effetto di trattenere i residenti che, come dimostrano i dati demografici e anagrafici, sono in costante discesa.
Ma se accanto a queste considerazioni, osserviamo che in diversi casi, la permanenza dei residenti originari si è tradotta nel loro trasferirsi dall’abitare nel nucleo storico in ambiti ad essi esterni, con relativa costruzione di nuovi edifici, non può non rilevare che alla base dell’abbandono vi è anche un problema culturale.
I modelli abitativi “ urbani” hanno, per così dire contaminato anche i territori rurali e la disponibilità di aree edificabili, garantite dal generale sovradimensionamento dei piani regolatori, non ha frenato la tendenza, semmai l’ha favorita.
Il risultato è quello già delineato: un diffuso spopolamento degli abitati del centro storico, un degrado edilizio progressivo e una caduta dei valori immobiliari per carenza di domanda.
In sintesi, si è innescata la tempesta perfetta, un corto circuito dove le cause innescano effetti distorsivi e questi ultimi diventano, a loro volta, cause di altri effetti ugualmente distorsivi.
In questo quadro non esaltante, un dato in controtendenza c’é: la diffusione degli Air B ( 21 denunciati nel capoluogo ( almeno una decina all’interno del centro storico), 3 in ciascuna delle altre due frazioni poste sul versante del Cusio, nessuno in quello Valsesiano).
Se la presenza della ricettività turistico/temporanea, non ha prodotto una rivitalizzazione sociale degli abitati stante anche la brevità in termini di permanenza delle singole prenotazioni, il fenomeno ha però prodotto un qualche positivo effetto sul piano della conservazione, recupero e riuso di abitazioni, diversamente destinate ad alimentare l’abbandono.
Non pare si siano invece registrati effetti significativi in relazione ai provvedimenti incentivanti il recupero ( bonus 110- bonus 50- bonus facciate). Probabilmente ha pesato:
Lo scarso credito fiscale a disposizione dei proprietari (per lo più pensionati o lavoratori dipendenti).
Forse anche la insufficiente conoscenza delle misure, sia in termini di possibilità di sconti in fattura o cessioni di crediti, ma anche da:
Una generalizzata disaffezione culturale rispetto al proprio patrimonio di origine.
Scarsa esigenza abitativa conseguente la caduta anagrafica.
Preferenza data a mettere le proprietà sul mercato della vendita, anche se con scarsi effetti e ancor più scarsi risultati in termini di valori.
Se tutto questo è il quadro dell'esistente dove più cause concorrono a determinarlo, il rimedio (se il rimedio è ancora possibile) non è univoco, ma dovrebbero concorrere più misure convergenti in direzione dell'obiettivo della "rigenerazione", dove il termine non deve e non vuole essere quello che, con eccessiva semplificazione e enfasi, viene data alla liberalizzazione dalle regole urbanistiche e edilizie, ma lo si vuole intendere nel suo significato forse più proprio, ossia di una rinascita degli abitanti che passi dalle politiche del reinsediamento e della reintegrazione di alcuni servizi primari, dalle politiche di sostegno alla natalità, dalla stessa riappropriazione di un modello culturale dell'abitare che sembra sparito dalle aspettative dei più.
E' o dovrebbe essere un lungo processo cui chiamare in prima linea le amministrazioni locali a innescarne l'avvio e gestirne le tappe. Un processo che ben avrebbe potuto essere essere avviato attraverso una gestione dei fondi PNR , diverso dalle esperienze in corso, non concentrato a favore di pochi casi, peraltro discutibili, ma diffuso, generalizzato o comunque indirizzato di un insieme di casi significati e possibili modello di procesi successivi. Non è andata così.
Un buono spunto, forse, avrebbe potuto essere dato da una legge vigente: la n. 20/2009 del Piemonte che all'articolo 14 bis ( in vigore dal 2013) individua un percorso per il recupero
"del patrimonio edilizio in condizioni di abbandono, localizzato nelle frazioni o borgate minori"
Individuando i Comuni minori ad essere i promotori di questo recupero:
" i comuni montani o collinari secondo la classificazione Istat, con popolazione inferiore a tremila abitantiIi, individuano, con il PRG o con le modalità di cui all' articolo 17, comma 12 della l.r. 56/1977 , gli immobili in condizioni di abbandono o di pericolo, al fine di formare uno o più ambiti di intervento, assoggettati a piano di recupero ai sensi dell' articolo 43 della l.r. 56/1977.
Fissando la legge anche norme che permetterebbero agli stessi comuni di sostituirsi ai proprietari inadempienti o " inesistenti" :
"Decorso inutilmente il termine di cui al comma 1, il comune invita i proprietari di immobili alla formazione del piano entro il termine di sessanta giorni.
Nel caso in cui i proprietari degli immobili non aderiscano all'invito, il comune provvede alla compilazione d'ufficio del piano."
"Nel caso in cui i proprietari degli immobili non aderiscano all'invito, il comune provvede alla compilazione d'ufficio del piano.
Il progetto di piano di recupero e lo schema di convenzione sono notificati, secondo le norme del codice di procedura civile , ai proprietari degli immobili con invito di dichiarare la propria accettazione entro trenta giorni dalla data della notifica. In difetto di accettazione o su richiesta dei proprietari, il comune ha facoltà di variare il progetto e lo schema di convenzione.
Esperite le procedure di cui ai commi 4, 5 e 6, il comune procede all'approvazione del piano di recupero.
Ad approvazione avvenuta, il comune procede alla espropriazione degli immobili dei proprietari che non abbiano accettato il progetto di piano di recupero.
Nel caso di cui al comma 8 il comune cede in proprietà o in diritto di superficie gli immobili a soggetti privati, con diritto di prelazione agli originari proprietari previa approvazione degli interventi da realizzare e previa stipula della convenzione di cui all' articolo 45 della l.r. 56/1977.
Non credo che la legge abbia avuto successo, né credo che i Comuni siano entusiasti di poterla utilizzare. Comunque sarebbe già stato un percorso possibile (pur limitato a casi di edifici abbandonati o in condizioni di pericolo), se le risorse del PNR fossero state indirizzate a tal scopo. Avrebbero potuto essere significatamente utilizzate perchè è indubbio che comunque operazioni di tale portata necessino risorse e non poche che gli Enti non possiedono e quindi dovrebbero essere individuate modalità concrete di finanziamento: fondi di rotazione, mutui agevolati di scopo, lo stesso ricorso a progetti di finanza.
Ripresa,
corretta in alcune sue parti, estesa in altre, dotata di risorse che
non ha, potrebbe essere un modello di intervento pubblico finalizzato
alla rinascita dei borghi in estinzione, un modo per garantire una
corretta progettazione all'interno dei centri storici, capace di
sviluppare modelli attrattivi, replicabili, emulabili dai proprietari
di immobili, innescando processi virtuosi capaci di attrarre nuovi residenti, reinsediarvi altri, incrementare i valori immobiliari negletti.
Sarebbe però solo una parte di un percorso più complesso che come abbiamo cercato di dire, ha più cause, segnate probabilmente da un modo altro di abitare che si è affermato, che ha sostituito valori e identità culturali che non vengono più riconosciute, persino processi familiari interrotti dalla caduta demografica che non si arresta e che segnano l’impressionante silenzio che si avverte percorrendo quei borghi, ora sospesi tra un presente incerto e una rinascita ancora da tutta da scrivere.
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