Ritorna, almeno sulla " Stampa", la questione del grande investimento turistico industriale nelle valli Divedro e Antigorio. Dopo un qualche tempo di silenzio, ma sicuramente non di inazione, il giornale ci dice quello che già si sapeva, cioè che il progetto ha un ostacolo proprio in uno dei suoi nodi cruciali: il punto di collegamento tra le due valli. Causa di tutto ciò il PPR, lo strumento di panificazione paesaggistica che approvato dal Consiglio Regionale, ora piace meno a chi , forse per distrazione, lo aveva approvato. C'é dunque un tempo di riflessione, cosa peraltro non sempre negativa, che obbliga il soggetto proponente a valutare se comunque andare avanti senza collegamento o fermarsi. Le Amministrazioni locali interessate, cioè i governanti eletti, spingono per andare avanti lo stesso e in questo non è che non si veda una qualche riserva mentale sperando che il futuro trovi la soluzione che ora manca. Facile a dire di andare avanti con i soldi degli altri, ma il progetto industriale ha una sua logica, magari perversa, comunque deve poi reggersi e il modello è pensato a misura di massa. E' un investimento di non pochi milioni di euro e se si spendono poi devono rendere, altrimenti meglio lasciar stare. Questo particolare interessa senz'altro meno alle Amministrazioni pubbliche che lo sottovalutano, ma esiste. Questo fatto dimostra però una cosa; lo sforzo mediatico profuso per presentare il progetto come innovativo, green fors'anche, ambientalmente sostenibile e tutte le definizioni che vanno un po' di moda, non può nascondere una verità e cioè che esso sta in piedi se trasforma l'ambito Devero/Ciamporino in una stazione sciistica come tutte le altre che già esistono, cioè di massa. Il resto è solo propaganda. La battuta di arresto dovrebbe quindi essere meglio utilizzata; anziché farsi paladini di un progetto ancorché monco, provarsi a pensarne un altro che metta in campo la specificità del territorio, quella di cui i governanti si riempiono sempre la bocca, la valorizzazione della cultura locale, le nuove economie del turismo ambientale, la mobilità diversa, la rivitalizzazione dei borghi e del patrimonio inutilizzato. Tanti meno soldi, forse, ma da usarsi con più coerenza, facendo crescere un'economia diffusa, equa di cui gli attori principali siano la gente che lì vive e che possa crescere senza che il futuro dei figli sia un destino soltanto da skiliffista a tempo determinato.
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