venerdì 28 febbraio 2025

CANTIERE DEI RECORD: LA REPLICA

 

 Dopo la recente pubblicazione del post sul cantiere dei record, post che ha ottenuto ampie accessi (oltre 1500), i mi piace raccolti e le critiche ( più o meno garbate) comunque messe in preventivo, ci paiono dovute precisazioni e repliche.

La lettura da alcuni accreditata secondo la quale questa Associazione avrebbe manifestato una contrarietà a prescindere rispetto al recupero dell'area è affermazione gratuita. La sopravvivenza della ville storiche ( villa Basile e San Rizzo) è  invece proprio merito dell'Associazione che ne promosse la tutela agli inizi degli anni 2000 e ottenne i provvedimenti conseguenti. Se non ci fossero stati quei provvedimenti, il loro destino sarebbe stato segnato. Singolare dunque sarebbe che chi ne ha promosso la tutela, oggi ne contrasterebbe il corretto recupero. Ogni diversa lettura è pura invenzione. Legittime però sono le domande che ci poniamo circa l'esito dell'approvato progetto che prevede diffuse e massive edificazioni all'interno dell'area, tanto da saturarne sostanzialmente le aree libere e ciò ci pare in contasto con il provvedimento di tutela dell'area che contiene prescrizioni ben precise che a noi non paiono correttamente applicate. Chi poi paradossalmente accusandoci di essere contro, ci imputa una mancaza di azioni conseguenti  e coerenti, non possiamo non rammentare che le azioni ci sono anche state e non poche rivolte ai diversi Enti che hanno avuto parte negli atti autorizzativi, ma che gli strumenti a disposizione non sono infiniti e comunque un esito c'era stato, paradossalmente e sfortunaaente per loro, promosso dalla stessa proprietà. Era la decisione del Capo dello Stato sul ricorso presentato avverso un negato progetto. In quell' esito c'era scritto tutto e molto chiaro, ma è stato colpevolmente ignorato da chi avrebbe dovuto  tenerne debito conto. Neppure ha fondamento il rilievo circa mancate azioni sulla questioni "monetizzazioni". E' inverosimile pensare che questa Associazione non abbia fatto e non stia per fare altre azioni concrete per far emergere responsabilità, a noi evidenti, circa le modalità di quella operazione che abbiamo giudicato scriteriata. Chi oggi critica o non sa o è in mala fede. Il tempo restituirà la verità.  

mercoledì 26 febbraio 2025

STRESA: IL CANTIERE DEI RECORD


 

 






Prende forma ( si fa per dire) quello che sarà il nuovo albergo Due Ville ( forse tre) . Il cratere del grande cantiere che è stato aperto la scorsa estate in quello che era e avrebbe dovuto ritornare ad essere il grande parco delle Ville Basile e di S. Rizzo è attualente uno dei più grandi in attività, non solo nella cittadella, già Perla del Lago, ma probabilmente di tutto il Lago. Qualcuno ne andrà sicuramente fiero, altri ne saranno ammirati e giudicheranno molto positivamente quanto ora è in corso di realizzazione. La riflessione e la domanda che invece vorremmo porci è un'altra ed è molto semplice: come può essere compatibile quanto ora in corso di realizzazione e di cui le foto che pubblichiamo ci offrono soltanto una visione ancora parziale, con le prescrizioni che i provvedimento di tutela di quell'area ponevano e pongono. Si sarebbero potute realizzare nuove costruizioni solo nel rispetto della scala edilizia degli edifici esistenti oggetto delal tutela, cioé le due vill, ma il tutto avrebbe dovuto avvenire nell'ambito di un progetto che prevedesse la ricostruzioe storica del parco già esistente.Il progetto licenziato è ora un insieme diffuso di nuove costruzioni che, sostanzialmente tra edifici fuori terra e costruzioni ipogee, satureranno buona parte dell'area libera, lasciando poco o nullo spazio alla ricostruzione del parco, non certo secondo i canoni tradizionali, ma ampiamente rivisto secondo gusti contemporanei ( speriamo non ci mettano le bolle anche qui). Abbiamo letto con attenzione le relazione degli Enti autorizzatori, sono esercizi di equilibrismo strisciante per giustificare l'ingiustificabile, una pagina esemplare della burocrazia italiana, Borbonica, formale e inutile, al più Sabauda che ignora l'ignorabile, cioè il chiaro avviso che il Consiglio di Stato aveva dato in sede di esame del ricorso "Zanetta", laddove aveva detto che la variante urbanistica che il Comune aveva approvato era stata fatta alla rovescia, cioè aveva dato e non sottratto. Nessuno ha seguito quella autorevole indicazione , direi un obbligo, ma la proprietà si è seduta al tavolo forte delle quantità urbanistiche che l'allora mezzo giovane Sindaco, tal Cannio, gli aveva concesso, con la benevolenza degli Enti terzi. Certo, gli hanno poi tagliato un qualcosina ( quella qualcosina che lesti gli Zanetta hanno infilato in Convenzione di volersi portare alla Castelli) , ma era tutto o era solo un contentino offerto a chi doveva autorizzare ? Crediamo sia così, tanto che oggi altre persone che guidano Enti che hanno autorizzato dicono apertamente che lì la tutela è oramai persa. Ammissione di colpa che non verrà sanzionata. Intanto il cantiere andrà avanti sino alla sua conclusione, occupando altre aree per parcheggi temporanei (villa Saini) perché l'Albergo La Palma gli ha persi (sempre che prima li avesse legittimamente). Infine, dietro questa edificante pagina di urbanistica negoziata, aleggiano i fantasmi delle monetizzazioni, di cui nessuno parla apertamente, ( soldi, tanti soldi)  ma che dovrebbero incutere una qualche preoccupazione a chi ci ha messo firma.

lunedì 24 febbraio 2025

CREVOLADOSSOLA: LORGINO ULTIMO ATTO, CON ERRORE.

  La cava in frazione Lorgino a Crevola è del gruppo Tosco Marmi




Con un Consiglio Comunale convocato per domani sera 25/02, il Comune di Crevoladossola chiude , o almeno crede di chiudere definitivamente la partita con la quale, con qualche correttivo, l'Ente Provincia darà il suo consenso alla continuazione ed estensione della attività della cava Lorgino. Rimasta al centro delle polemiche per molti mesi stante il suo impatto sull'ambiente, con prescrizioni, riduzioni e qualche concessione, l'Azienda ritiene ormai di avere gli assensi in tasca e, probabilmente, con ragione. Le ultime modifiche non spostano di molto i rapporti (ottimi) tra il Comune e l'Azienda che in fondo ottiene ciò che voleva, mentre il Comune non sembra abbia mai voluto e chiesto molto, anzi pochissimo, sordo persino alle ripetute richieste dei residenti riuniti in Comitato. Stendiamo un altro velo più che pietoso sull'operato della Provincia sempre preoccupata, contra legem, a tenere nascoste le carte tanto da essere stata diffidata dall'Autorità Nazionale per la trasparenza, a pubblicarle, pena sanzioni. Ci siamo presi anche questa soddisfazione (non è molto). Comunque con le chilometriche prescrizioni della Soprintendenza (vedremo come e se saranno osservate) , si va effettivamente verso la chiusura della fase autorizzativa. Non manca però la perla finale , dove il Comune rischia di coprirsi anche di ridicolo ( e questo non sarebbe grave) , ma anche della responsabilità personale dei Consiglieri votanti laddove venisse confermato il punto della Convenzione che prevede la cessione al Comune stesso per Euro 46.000,00 di un diritto di uso pubblico su strada esistente e insistente sulla proprietà catastale dell'Azienda. Peccato che, per norme esistenti e giurisprudenza infinita, tale diritto è in capo, ope legis, al Comune stesso da decenni avendolo ottenuto grazie all'uso ultraventennale che i suoi cittadini, nella loro generalità, hanno sempre fatto per transitarvi in maniera indisturbata e dirigersi alla frazione Enso e alle altre località poste a monte, facendo sempre manutenzione e sgombero neve a proprie spese ( del Comune). Insomma verrebbe pagato un diritto reale che già il Comune possiede. Un vero e proprio ossimoro giuridico, ma che la dice lunga di come sin qui l'Ente ha tutelato i diritti e gli interessi della Comunità che dovrebbe governare. Ma ubi maior, minor cessat e in questo caso il minor è proprio il Comune.










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sabato 22 febbraio 2025

VERBANIA 70: MONTE ROSSO- AVVIARE UNA DISCUSSIONE


 


RESORT DI LUSSO SULLA VETTA DEL MONTEROSSO TRA TUTELA AMBIENTALE E VIABILITA’ D’ACCESSO di Claudio ZANOTTI
Pubblicato il 20 Febbraio 2025 da Redazione






Cinquanta camere, oltre cento posti-letto, 7.200 mq di edificazione, ristorazione, wellness, fitness, blocchi ipogei. Una prima analisi del progetto solleva due questioni di sostanza che meritano un sovrappiù di cautela e attenzione: la proposta di viabilità d’accesso al resort e l’inserimento della vetta del Monterosso all’interno dei confini del parco nazionale della Valgrande.

La banalizzazione del dibattito politico-amministrativo cittadino ci accompagna dalle elezioni dello scorso giugno e verosimilmente proseguirà negli anni a venire. Ne è indizio rivelatore il totale disinteresse che avvolge le tre grandi questioni aperte (due si sono chiuse nel precedente ciclo amministrativo: il recupero turistico-ricettivo dell’ex Colonia Motta e dell’ex villa Poss) in materia di pianificazione: la trasformazione dell’area ex Acetati (qui), l’iter della Variante generale del Piano Regolatore (qui) e la realizzazione di un resort turistico 5 stelle sulla sommità del Monterosso. E di quest’ultimo intendiamo occuparci nelle righe che seguono.

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Come è noto, da una quarantina d’anni l’area di proprietà (quasi 250.000 mq) è adibita ad attività di agriturismo, che occupa 52.000 mq di terreno e si articola su otto edifici (quattro destinati ad alloggi e ristorazione e quattro ad attività agricole, per 2.200 mq di superficie utile lorda e 35 posti-letto+12 per il personale; nella foto la situazione attuale).

Passata nella disponibilità del Gruppo Adler con un preliminare di vendita alla fine del 2023, la proprietà è oggetto di una proposta di intervento che – se integralmente accolta nei termini in cui è formulata – determinerebbe non solo una sostanziale trasformazione dell’assetto imprenditoriale attuale (agriturismo), ma anche un profondo mutamento delle consolidate caratteristiche del Monterosso.

La proposta del Gruppo Adler prevede la trasformazione dell’agriturismo in una vera e propria attività turistico-ricettiva di fascia alta, per realizzare la quale si chiede una Variante del Piano Regolatore finalizzata ad aumentare la superficie utile lorda dagli attuali 2.200 mq (incrementabili in base al vigente PRG sino a 3.300) a 7.229 mq (+228% rispetto alla superficie attuale e +120% rispetto alla superficie massima ammessa dal Prg). Su questa superficie sorgerebbero i blocchi strutturali per le camere degli ospiti (44 doppie e 6 da quattro, per 112 posti-letto totali), l’edificio per i servizi (ristorazione, bar, cucine, locali tecnici), l’edificio per l’area benessere (piscine, relax, yoga, fitness), l’edificio saune e l’edificio per il personale (32 camere singole), il cui numero è stimato in 70 unità. A completamento del progetto, gli aspetti ormai di default relativi alla valorizzazione del contesto arboreo e vegetale, la scelta di materiale “compatibili” (legno, pietra..), i percorsi ciclopedonali interni, la mitigazione visiva dell’impatto volumetrico, il riciclo delle acque, le fonti di energia green…

L’aspetto più rilevante del progetto è senza dubbio l’eccezionale incremento di superficie edificabile richiesto da Adler rispetto allo stato dei luoghi. A questo proposito è però bene sottolineare che il proponente intende realizzare le 50 camere in blocchi strutturali in forma di ipogei, inseriti nel pendio della collina a livelli -1, -2 e -3, con collegamenti interni sotterranei, avendo di mira l’obiettivo di evitare imponenti emergenze “fuori terra” e di mitigare l’impatto di edificazioni così rilevanti (qui di seguito proponiamo un render della struttura).

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Una prima analisi della progetto del Gruppo Adler solleva due questioni di sostanza che meritano un sovrappiù di cautela e attenzione: la proposta di viabilità d’accesso al resort e l’inserimento della vetta del Monterosso all’interno dei confini del parco nazionale della Valgrande. Il nodo della viabilità nasce dal giudizio negativo espresso dalla proprietà sull’adeguatezza della via al Monterosso, che oggi dalla zona Plusc porta – lungo un percorso interamente asfaltato – all’agriturismo: i proponenti denunciano i troppi tornanti, la commistione pericolosa con la viabilità dei residenti e l’usura/danneggiamento del sedime stradale durante la fase di cantiere per la movimentazione di mezzi pesanti. In alternativa Adler propone un accesso lungo le vie XX Settembre e Corsica e, da Cavandone in su, lungo la cosiddetta via al Pellegrino, cioè il percorso sterrato oggi intensamente fruito da escursionisti e mountain biker. Il tracciato sterrato verrebbe ampliato e reso percorribile, sino al Belvedere di via al Monterosso, al traffico veicolare (anche pesante, per esigenze di cantiere e forniture), mantenendo il fondo in pietrisco e realizzando il convogliamento delle acque meteoriche. In sostanza, i mezzi di cantiere e dei fornitori e quelli dei villeggianti e del personale raggiungerebbero il resort passando per Suna, Cavandone e i boschi soprastanti quest’ultima frazione.

Rendere percorribile ai veicoli la lunga strada sterrata Cavandone-Belvedere rappresenterebbe uno snaturamento della parte alta del Monterosso, che nella fruizione esclusivamente ciclopedonale e nella integrale salvaguardia dei caratteri ambientali riconosce le peculiarità alle quali deve sia l’intensa e crescente fruizione ludico-sportiva sia l’inserimento nel parco della Valgrande. Né vanno dimenticate le ricadute sulla viabilità dell’asta stradale Suna-Cavandone (questa sì caratterizzata – a differenza di via al Monterosso – da numerosi e diffusi insediamenti residenziali) dei crescenti flussi di traffico indotti dalla presenza del resort.

Insomma, l’ipotesi di un accesso al resort da Cavandone va subito abbandonata. E proprio l’impegno esplicitamente assunto da Adler di minimizzare tutti i flussi di traffico (pochi trasporti di terra e di inerti in fase di demolizione dell’esistente e di cantiere; ridotto numero di viaggi dei villeggianti, stimati mediamente in 12/13 al giorno; disincentivazione all’uso del mezzo privato; compattamento della fornitura di merci, trasportate al resort con un solo viaggio giornaliero collettivo; numero residuale degli spostamenti dei dipendenti, la metà dei quali residente nella struttura) rafforza il giudizio di idoneità dell’attuale accesso in zona Plusc, che va perciò mantenuto.

La seconda questione riguarda invece il recente inserimento di buona parte del Monterosso, vetta ovviamente compresa, nel perimetro del Parco della Valgrande, come ben si ricava dalla cartografia sottostante:

L’inserimento si è normativamente perfezionato solo lo scorso anno, ma da quasi un quarto di secolo Verbania inseguiva questo risultato, fatto proprio e sostenuto nel tempo da tutte le forze politiche locali. Le ragioni dell’estensione a porzioni del territorio comunale (Monterosso, asta del San Bernardino, Motto di Unchio, vedi qui) del perimetro del parco risiedono da un lato nella volontà di preservare e valorizzare contesti ambientali ancora in buona misura non intaccati da processi di urbanizzazione/cementificazione, dall’altro dal desiderio di promuovere una fruizione turistica “immersiva” in spazi naturali non compromessi (ad esempio la piana del Fondo Toce, le sponde del torrente, la parte alta del Monterosso, i rilievi collinari tra Unchio, Cossogno/Ungiasca e Miazzina). In questa prospettiva la presenza di una (o più) attività agrituristica sul Monterosso riusciva coerente, adeguata e convincente. Altra cosa evidentemente è la sostituzione di un agriturismo con un resort di lusso, come quello di cui stiamo discutendo. E per questa ragione le valutazioni di merito degli organi del Parco della Valgrande sono attese con particolare interesse.
Pubblicato in Ambiente, Economia e Lavoro, Urbanistica e territorio | 1 commento

venerdì 21 febbraio 2025

ITALIA NOSTRA : 70 ANNI DI VITA.





Italia Nostra compie 70 anni di vita. Non pochi.

Fondata per volontà di un gruppo di intellettuali tra cui: Elena Croce (figlia di Benedetto Croce), Desideria Pasolini dall'Onda, Umberto Zanotti Bianco, Giorgio Bassani, vi aderirono subito molte personalità tra le quali: Antonio Cederna, Fulco Pratesi, Maria Mozzoni Crespi. E' stata per molti anni forse l'unico riferimento del primo ambientalismo Italiano. In un epoca in cui i temi dell'ambiente quali la difesa del paesaggio, dei beni architettonici, di quelli archeologici e museali non erano certo al centro dell'interesse di un' Italia uscita dal secondo dopoguerra, aveva fatto nascere i germi di quelli che nei decenni successivi sarebbero stati temi più diffusi, più sensibili anche presso un'opinione pubblica più ampia e meno elitaria, sino a riuscire ad imporre il referendum sul nucleare dopo l'incidente di Cernobil.

I decenni sono passati, le sensibilità ambientali sono anche mutate di fronte alle nuove frontiere; l'ambiente muta in maniera impensabile, insieme al clima cambiano i paesaggi e le città, i paesi muoiono, le sensibilità delle generazioni mutano, la rivoluzione tecnologica e l'intelligenza artificiale aprono scenari ancora tutti da esplorare.

Settanta anni non passano senza lasciare traccia e gli anni che avanzano accelerano il cambiamento, rendendo ignoto il futuro mentre il passato rischia di cadere nell'oblio. L'Associazione si interroga sul suo ruolo in questo scenario mai prima conosciuto. Uno scenario a due volti: suggestivo da un lato, inquietante dall'altro. In queste condizioni non si devono ignorare le difficoltà a tenere il timone saldo e la barra diritta.

Da un lato la sensibilità per il mutamento climatico, per l'inquinamento, per i fattori ambientali che minano la nostra salute sembrano aumentare, specie nelle generazioni più giovani che sono però pressate da spinte consumistiche crescenti, così che non altrettanto vengono assunti stili individuali coerenti e conseguenti, ma spesso inconsapevoli che comportamenti apparentemente non alteranti, in realtà spostano soltanto altrove i fattori inquinanti, mentre la sensibilità per i valori tradizionali dell'ambientalismo classico: paesaggio/architetture/beni museali e archeologici, paiono in declino e ce lo dice proprio quel paesaggio Italiano tanto devastato e persino irriconoscibile rispetto ai decenni trascorsi.

Nel nostro ambito, noi siamo stati gli eredi di un ambiente invidiabile: l'armonica fusione di terre d'acqua con le terre di alta quota, l'alternarsi equilibrato del costruito con il non costruito, la separazione tra gli ambiti naturali e quelli antropicizzati, ma progressivamente, insensibilmente e costantemente ne abbiamo, in parte, modificato il carattere, alterato gli equilibri sapienti appena qui ricordati. Non é stata la prima volta che succedeva, ma questa volta è stato più dirompente perchè intanto la "crescita" si è accompagnata con l'abbandono delle terre povere, con lo svuotamento demografico dei borghi, la perdita delle loro funzioni essenziali per garantirne una sopravvvivenza che non é data dal surplus edilizio ad uso non residenziale ma effimero, cresciuto troppo in fretta e per nulla.

L'economia turistica, in parte sostituitasi a quella produttiva industriale non è la panacea e la soluzione. Ha un doppio volto: quello equo, utile, sostenibile perché assimilabile da territori che possono essere arricchiti in senso pieno e, invece quello no: aggressivo, massificante, predatorio, dove le popolazioni diventano la forza lavoro del turismo industriale che somministra i propri dividenti a pochi, ma chiede, anzi pretende molto dai territori o meglio da chi li governa, o meglio, da chi li dovrebbe governare.

La difficoltà di contrastare tanti progetti industriali, l'abbiamo costatata di persona e l'Associazione, pur combattiva, non sempre ne è uscita vincente.

Mi fermo qui perché sono già andato troppo lungo, ma settanta anni forse varrebbero ancora una riflessione e avremo modo in questo anno di compleanno, di tornare in argomento.

Per ora vi ringrazio per l' attenzione.

Il Presidente Sezione VCO