sabato 22 febbraio 2025

VERBANIA 70: MONTE ROSSO- AVVIARE UNA DISCUSSIONE


 


RESORT DI LUSSO SULLA VETTA DEL MONTEROSSO TRA TUTELA AMBIENTALE E VIABILITA’ D’ACCESSO di Claudio ZANOTTI
Pubblicato il 20 Febbraio 2025 da Redazione






Cinquanta camere, oltre cento posti-letto, 7.200 mq di edificazione, ristorazione, wellness, fitness, blocchi ipogei. Una prima analisi del progetto solleva due questioni di sostanza che meritano un sovrappiù di cautela e attenzione: la proposta di viabilità d’accesso al resort e l’inserimento della vetta del Monterosso all’interno dei confini del parco nazionale della Valgrande.

La banalizzazione del dibattito politico-amministrativo cittadino ci accompagna dalle elezioni dello scorso giugno e verosimilmente proseguirà negli anni a venire. Ne è indizio rivelatore il totale disinteresse che avvolge le tre grandi questioni aperte (due si sono chiuse nel precedente ciclo amministrativo: il recupero turistico-ricettivo dell’ex Colonia Motta e dell’ex villa Poss) in materia di pianificazione: la trasformazione dell’area ex Acetati (qui), l’iter della Variante generale del Piano Regolatore (qui) e la realizzazione di un resort turistico 5 stelle sulla sommità del Monterosso. E di quest’ultimo intendiamo occuparci nelle righe che seguono.

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Come è noto, da una quarantina d’anni l’area di proprietà (quasi 250.000 mq) è adibita ad attività di agriturismo, che occupa 52.000 mq di terreno e si articola su otto edifici (quattro destinati ad alloggi e ristorazione e quattro ad attività agricole, per 2.200 mq di superficie utile lorda e 35 posti-letto+12 per il personale; nella foto la situazione attuale).

Passata nella disponibilità del Gruppo Adler con un preliminare di vendita alla fine del 2023, la proprietà è oggetto di una proposta di intervento che – se integralmente accolta nei termini in cui è formulata – determinerebbe non solo una sostanziale trasformazione dell’assetto imprenditoriale attuale (agriturismo), ma anche un profondo mutamento delle consolidate caratteristiche del Monterosso.

La proposta del Gruppo Adler prevede la trasformazione dell’agriturismo in una vera e propria attività turistico-ricettiva di fascia alta, per realizzare la quale si chiede una Variante del Piano Regolatore finalizzata ad aumentare la superficie utile lorda dagli attuali 2.200 mq (incrementabili in base al vigente PRG sino a 3.300) a 7.229 mq (+228% rispetto alla superficie attuale e +120% rispetto alla superficie massima ammessa dal Prg). Su questa superficie sorgerebbero i blocchi strutturali per le camere degli ospiti (44 doppie e 6 da quattro, per 112 posti-letto totali), l’edificio per i servizi (ristorazione, bar, cucine, locali tecnici), l’edificio per l’area benessere (piscine, relax, yoga, fitness), l’edificio saune e l’edificio per il personale (32 camere singole), il cui numero è stimato in 70 unità. A completamento del progetto, gli aspetti ormai di default relativi alla valorizzazione del contesto arboreo e vegetale, la scelta di materiale “compatibili” (legno, pietra..), i percorsi ciclopedonali interni, la mitigazione visiva dell’impatto volumetrico, il riciclo delle acque, le fonti di energia green…

L’aspetto più rilevante del progetto è senza dubbio l’eccezionale incremento di superficie edificabile richiesto da Adler rispetto allo stato dei luoghi. A questo proposito è però bene sottolineare che il proponente intende realizzare le 50 camere in blocchi strutturali in forma di ipogei, inseriti nel pendio della collina a livelli -1, -2 e -3, con collegamenti interni sotterranei, avendo di mira l’obiettivo di evitare imponenti emergenze “fuori terra” e di mitigare l’impatto di edificazioni così rilevanti (qui di seguito proponiamo un render della struttura).

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Una prima analisi della progetto del Gruppo Adler solleva due questioni di sostanza che meritano un sovrappiù di cautela e attenzione: la proposta di viabilità d’accesso al resort e l’inserimento della vetta del Monterosso all’interno dei confini del parco nazionale della Valgrande. Il nodo della viabilità nasce dal giudizio negativo espresso dalla proprietà sull’adeguatezza della via al Monterosso, che oggi dalla zona Plusc porta – lungo un percorso interamente asfaltato – all’agriturismo: i proponenti denunciano i troppi tornanti, la commistione pericolosa con la viabilità dei residenti e l’usura/danneggiamento del sedime stradale durante la fase di cantiere per la movimentazione di mezzi pesanti. In alternativa Adler propone un accesso lungo le vie XX Settembre e Corsica e, da Cavandone in su, lungo la cosiddetta via al Pellegrino, cioè il percorso sterrato oggi intensamente fruito da escursionisti e mountain biker. Il tracciato sterrato verrebbe ampliato e reso percorribile, sino al Belvedere di via al Monterosso, al traffico veicolare (anche pesante, per esigenze di cantiere e forniture), mantenendo il fondo in pietrisco e realizzando il convogliamento delle acque meteoriche. In sostanza, i mezzi di cantiere e dei fornitori e quelli dei villeggianti e del personale raggiungerebbero il resort passando per Suna, Cavandone e i boschi soprastanti quest’ultima frazione.

Rendere percorribile ai veicoli la lunga strada sterrata Cavandone-Belvedere rappresenterebbe uno snaturamento della parte alta del Monterosso, che nella fruizione esclusivamente ciclopedonale e nella integrale salvaguardia dei caratteri ambientali riconosce le peculiarità alle quali deve sia l’intensa e crescente fruizione ludico-sportiva sia l’inserimento nel parco della Valgrande. Né vanno dimenticate le ricadute sulla viabilità dell’asta stradale Suna-Cavandone (questa sì caratterizzata – a differenza di via al Monterosso – da numerosi e diffusi insediamenti residenziali) dei crescenti flussi di traffico indotti dalla presenza del resort.

Insomma, l’ipotesi di un accesso al resort da Cavandone va subito abbandonata. E proprio l’impegno esplicitamente assunto da Adler di minimizzare tutti i flussi di traffico (pochi trasporti di terra e di inerti in fase di demolizione dell’esistente e di cantiere; ridotto numero di viaggi dei villeggianti, stimati mediamente in 12/13 al giorno; disincentivazione all’uso del mezzo privato; compattamento della fornitura di merci, trasportate al resort con un solo viaggio giornaliero collettivo; numero residuale degli spostamenti dei dipendenti, la metà dei quali residente nella struttura) rafforza il giudizio di idoneità dell’attuale accesso in zona Plusc, che va perciò mantenuto.

La seconda questione riguarda invece il recente inserimento di buona parte del Monterosso, vetta ovviamente compresa, nel perimetro del Parco della Valgrande, come ben si ricava dalla cartografia sottostante:

L’inserimento si è normativamente perfezionato solo lo scorso anno, ma da quasi un quarto di secolo Verbania inseguiva questo risultato, fatto proprio e sostenuto nel tempo da tutte le forze politiche locali. Le ragioni dell’estensione a porzioni del territorio comunale (Monterosso, asta del San Bernardino, Motto di Unchio, vedi qui) del perimetro del parco risiedono da un lato nella volontà di preservare e valorizzare contesti ambientali ancora in buona misura non intaccati da processi di urbanizzazione/cementificazione, dall’altro dal desiderio di promuovere una fruizione turistica “immersiva” in spazi naturali non compromessi (ad esempio la piana del Fondo Toce, le sponde del torrente, la parte alta del Monterosso, i rilievi collinari tra Unchio, Cossogno/Ungiasca e Miazzina). In questa prospettiva la presenza di una (o più) attività agrituristica sul Monterosso riusciva coerente, adeguata e convincente. Altra cosa evidentemente è la sostituzione di un agriturismo con un resort di lusso, come quello di cui stiamo discutendo. E per questa ragione le valutazioni di merito degli organi del Parco della Valgrande sono attese con particolare interesse.
Pubblicato in Ambiente, Economia e Lavoro, Urbanistica e territorio | 1 commento

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