Italia Nostra compie 70 anni di vita. Non pochi.
Fondata per volontà di un gruppo di intellettuali tra cui: Elena Croce (figlia di Benedetto Croce), Desideria Pasolini dall'Onda, Umberto Zanotti Bianco, Giorgio Bassani, vi aderirono subito molte personalità tra le quali: Antonio Cederna, Fulco Pratesi, Maria Mozzoni Crespi. E' stata per molti anni forse l'unico riferimento del primo ambientalismo Italiano. In un epoca in cui i temi dell'ambiente quali la difesa del paesaggio, dei beni architettonici, di quelli archeologici e museali non erano certo al centro dell'interesse di un' Italia uscita dal secondo dopoguerra, aveva fatto nascere i germi di quelli che nei decenni successivi sarebbero stati temi più diffusi, più sensibili anche presso un'opinione pubblica più ampia e meno elitaria, sino a riuscire ad imporre il referendum sul nucleare dopo l'incidente di Cernobil.
I decenni sono passati, le sensibilità ambientali sono anche mutate di fronte alle nuove frontiere; l'ambiente muta in maniera impensabile, insieme al clima cambiano i paesaggi e le città, i paesi muoiono, le sensibilità delle generazioni mutano, la rivoluzione tecnologica e l'intelligenza artificiale aprono scenari ancora tutti da esplorare.
Settanta anni non passano senza lasciare traccia e gli anni che avanzano accelerano il cambiamento, rendendo ignoto il futuro mentre il passato rischia di cadere nell'oblio. L'Associazione si interroga sul suo ruolo in questo scenario mai prima conosciuto. Uno scenario a due volti: suggestivo da un lato, inquietante dall'altro. In queste condizioni non si devono ignorare le difficoltà a tenere il timone saldo e la barra diritta.
Da un lato la sensibilità per il mutamento climatico, per l'inquinamento, per i fattori ambientali che minano la nostra salute sembrano aumentare, specie nelle generazioni più giovani che sono però pressate da spinte consumistiche crescenti, così che non altrettanto vengono assunti stili individuali coerenti e conseguenti, ma spesso inconsapevoli che comportamenti apparentemente non alteranti, in realtà spostano soltanto altrove i fattori inquinanti, mentre la sensibilità per i valori tradizionali dell'ambientalismo classico: paesaggio/architetture/beni museali e archeologici, paiono in declino e ce lo dice proprio quel paesaggio Italiano tanto devastato e persino irriconoscibile rispetto ai decenni trascorsi.
Nel nostro ambito, noi siamo stati gli eredi di un ambiente invidiabile: l'armonica fusione di terre d'acqua con le terre di alta quota, l'alternarsi equilibrato del costruito con il non costruito, la separazione tra gli ambiti naturali e quelli antropicizzati, ma progressivamente, insensibilmente e costantemente ne abbiamo, in parte, modificato il carattere, alterato gli equilibri sapienti appena qui ricordati. Non é stata la prima volta che succedeva, ma questa volta è stato più dirompente perchè intanto la "crescita" si è accompagnata con l'abbandono delle terre povere, con lo svuotamento demografico dei borghi, la perdita delle loro funzioni essenziali per garantirne una sopravvvivenza che non é data dal surplus edilizio ad uso non residenziale ma effimero, cresciuto troppo in fretta e per nulla.
L'economia turistica, in parte sostituitasi a quella produttiva industriale non è la panacea e la soluzione. Ha un doppio volto: quello equo, utile, sostenibile perché assimilabile da territori che possono essere arricchiti in senso pieno e, invece quello no: aggressivo, massificante, predatorio, dove le popolazioni diventano la forza lavoro del turismo industriale che somministra i propri dividenti a pochi, ma chiede, anzi pretende molto dai territori o meglio da chi li governa, o meglio, da chi li dovrebbe governare.
La difficoltà di contrastare tanti progetti industriali, l'abbiamo costatata di persona e l'Associazione, pur combattiva, non sempre ne è uscita vincente.
Mi fermo qui perché sono già andato troppo lungo, ma settanta anni forse varrebbero ancora una riflessione e avremo modo in questo anno di compleanno, di tornare in argomento.
Per ora vi ringrazio per l' attenzione.
Il Presidente Sezione VCO
Fondata per volontà di un gruppo di intellettuali tra cui: Elena Croce (figlia di Benedetto Croce), Desideria Pasolini dall'Onda, Umberto Zanotti Bianco, Giorgio Bassani, vi aderirono subito molte personalità tra le quali: Antonio Cederna, Fulco Pratesi, Maria Mozzoni Crespi. E' stata per molti anni forse l'unico riferimento del primo ambientalismo Italiano. In un epoca in cui i temi dell'ambiente quali la difesa del paesaggio, dei beni architettonici, di quelli archeologici e museali non erano certo al centro dell'interesse di un' Italia uscita dal secondo dopoguerra, aveva fatto nascere i germi di quelli che nei decenni successivi sarebbero stati temi più diffusi, più sensibili anche presso un'opinione pubblica più ampia e meno elitaria, sino a riuscire ad imporre il referendum sul nucleare dopo l'incidente di Cernobil.
I decenni sono passati, le sensibilità ambientali sono anche mutate di fronte alle nuove frontiere; l'ambiente muta in maniera impensabile, insieme al clima cambiano i paesaggi e le città, i paesi muoiono, le sensibilità delle generazioni mutano, la rivoluzione tecnologica e l'intelligenza artificiale aprono scenari ancora tutti da esplorare.
Settanta anni non passano senza lasciare traccia e gli anni che avanzano accelerano il cambiamento, rendendo ignoto il futuro mentre il passato rischia di cadere nell'oblio. L'Associazione si interroga sul suo ruolo in questo scenario mai prima conosciuto. Uno scenario a due volti: suggestivo da un lato, inquietante dall'altro. In queste condizioni non si devono ignorare le difficoltà a tenere il timone saldo e la barra diritta.
Da un lato la sensibilità per il mutamento climatico, per l'inquinamento, per i fattori ambientali che minano la nostra salute sembrano aumentare, specie nelle generazioni più giovani che sono però pressate da spinte consumistiche crescenti, così che non altrettanto vengono assunti stili individuali coerenti e conseguenti, ma spesso inconsapevoli che comportamenti apparentemente non alteranti, in realtà spostano soltanto altrove i fattori inquinanti, mentre la sensibilità per i valori tradizionali dell'ambientalismo classico: paesaggio/architetture/beni museali e archeologici, paiono in declino e ce lo dice proprio quel paesaggio Italiano tanto devastato e persino irriconoscibile rispetto ai decenni trascorsi.
Nel nostro ambito, noi siamo stati gli eredi di un ambiente invidiabile: l'armonica fusione di terre d'acqua con le terre di alta quota, l'alternarsi equilibrato del costruito con il non costruito, la separazione tra gli ambiti naturali e quelli antropicizzati, ma progressivamente, insensibilmente e costantemente ne abbiamo, in parte, modificato il carattere, alterato gli equilibri sapienti appena qui ricordati. Non é stata la prima volta che succedeva, ma questa volta è stato più dirompente perchè intanto la "crescita" si è accompagnata con l'abbandono delle terre povere, con lo svuotamento demografico dei borghi, la perdita delle loro funzioni essenziali per garantirne una sopravvvivenza che non é data dal surplus edilizio ad uso non residenziale ma effimero, cresciuto troppo in fretta e per nulla.
L'economia turistica, in parte sostituitasi a quella produttiva industriale non è la panacea e la soluzione. Ha un doppio volto: quello equo, utile, sostenibile perché assimilabile da territori che possono essere arricchiti in senso pieno e, invece quello no: aggressivo, massificante, predatorio, dove le popolazioni diventano la forza lavoro del turismo industriale che somministra i propri dividenti a pochi, ma chiede, anzi pretende molto dai territori o meglio da chi li governa, o meglio, da chi li dovrebbe governare.
La difficoltà di contrastare tanti progetti industriali, l'abbiamo costatata di persona e l'Associazione, pur combattiva, non sempre ne è uscita vincente.
Mi fermo qui perché sono già andato troppo lungo, ma settanta anni forse varrebbero ancora una riflessione e avremo modo in questo anno di compleanno, di tornare in argomento.
Per ora vi ringrazio per l' attenzione.
Il Presidente Sezione VCO
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